C'è una Bisanzio che corrode tutti i destini di Ruggero BianchiFernanda Pivano

C'è una Bisanzio che corrode tutti i destini C'è una Bisanzio che corrode tutti i destini LIVIO Garzanti è narratore misurato, equilibralo, sapientissimo nel calcolare effetti, descrizioni, evocazioni di personaggi e vicende, che egli sembra osservare da una posizione distaccata e superiore di demiurgo, che guida con lenta sicurezza la parola a ritrovare alla conclusione di un'indagine sempre più approfondita e tenace la verità ultima di figure che hanno sempre un rapporto inquieto e problematico con la vita e con gli altri uomini. Gli undici racconti, che prendono il titolo da uno di essi, Una città come Bisanzio, sono la testimonianza di una ricerca narrativa che muove costantemente da qualche dato esterno per poi, con approssimazioni successive, tendere a definire esperienze di vite sul punto di precipitare in crisi di identità decisive e irrisolvibili o sull'orlo della dissoluzione, con al fondo l'angoscia acuta della vecchiaia e della morte. Da una fotografia, da una notizia, biografia e del desiderio, spiega il taglio particolare di quasi tutti gli studi su Hemingway, il loro blso■g'n'ódl analizzare anche gli aspetti più insignificanti o squallidi della sua vita, per comprenderne appieno la produzione letteraria. Lo Hemingway di Fernanda Pipano non costituisce da questo punto di vista un'eccezione. Come le recenti biografie di Anthony Burgess e di Giovanni Cecchin, anche quella della Pivano concede ampio spazio a una serie di dati che fanno parte dell'agiografia tradizionale di -papà Hem*: le grandi bevute notturne di fiaschi di Valpolicella, l'amicizia con stars hollywoodiane come Marlene Dietrich e Ava Gardner. la 'liberazione personale' dell'Hotel Ritz di Parigi al termine della Seconda Guerra Mondiale, il comportamento scrìlertatamente eroico sul Grappa. Pamplona, Domtnguin, le corride, i safari, i contatti con lo F.b.i. e cosi via. Ma. rispetto agli altri biografi, la Pivano ha un asso nella manica. Traduttrice e americanista di valore, ha conosciuto Hemingway e lo ha frequentato a lungo. E dispone di una serie di materiali inediti (fotografie, lettere, colloqui con lo scrittore e con la sua quarta moglie Mary) che, introdotti con garbo e con intelligenza nelle sue pagine, danno alla sua te- stimontanza un sapore particolare. Ne emerge un ritratto per certi aspetti inedito dell'autore di Addio alle armi, una riscrittura delle sue vicende pubbliclie e private che fa perno su due momenti fondamentali: l'incontro dell'autrice con Hemingway a Cortina nel 1948 e il suo soggtorno a Cuba nel 195G. nella villa dello scrittore. Questi due momenti incidono sulla struttura della biografia della Pivano, che non segue un rigido schema cronologico ma si abbandona al flusso della memoria, ricostruendo molti episodi della biografia di Hemingway non attraverso i documenti ma tramite i ricordi delle proprie conversazioni con il narratore americano e la sua esperienza di traduttrice delle sue opere. Generoso come sempre, Hemingway volle incontrare la Pivano subito dopo il suo ritorno in Italia, a Venezia, nel 1948. Aveva saputo che era slata da un oggetto, da una situazione, parte lo scavo sempre più dolente e acuto di anime solitarie, ossessionate dalla fatica e dalla difficoltà di vivere oppure dall'impossibilità di trovare un legame sicuro e stabile con i genitori, con gli amici, con le donne, incapaci di amore, eppure attaccale al sesso nell'illusione di attingere, attraverso a esso, le radici della l'ila. E' il caso del protagonista de La morte del granchio, il racconto più intenso e fascinoso del libro, seguito dall'infanzia fino alla vecchiaia e alla morte in una vita segnata dalla solitudine e dall'aridità, che nascondono una profonda quanto dominata disperazione che invano cerca nel sesso e nei viaggi l'esorcizzazione L'avvocato Eugenio Bonifacio, clu stato compagno di spiaggia nell'infanzia del personaggio che racconta, pronuncia, quasi vecchio orinai, nell'ultimo incontro con l'amico di fronte all'involucro disseccato di un granchio sulla spiaggia della sua Fernanda Pivanuna biografia de o: ottenne il Nobel le scrisse una lunga lettera sull'argomento, pur essendo in una fase di intensa depresr A storie che l'aveva Inéotto a rifiutare interviste e incontri a giornalisti importanti e famosi. E quando lei lo andò a trovare a Cuba nel 1956, mollò Spencer Tracy, Katharlne Hepbuni e tutta la troupe cinematografica con la quale stava girando II vecchio e il mare, per ritrovarsi con la sua amica italiana e sfogliare un album di vaientlnes. Sono questi episodi, magari irrilevanti dal punto di vista critico ma utili a comprendere aspetti e contraddizioni di Hemingway uomo e scrittore, a conferire un sapore singolare al volume della Pivano. La sua è una cronaca narrata dall'interno, oscillante tra la memoria e il romanzo, che ricostruisce tuttavia attraverso il ricordo personale il ritratto non solo di un uomo ma di un momento particolarmente intenso della nostra storia recente. Seguace di Hemingway ancìie sul plano della scrittura, la Pivano ha scritto a sua volta -una storia alla Hemingway', mescolando anche lei, nelle sue pagine, precisione giornalistica e sensibilità letteraria. Ruggero Bianchi Fernanda Pivano, «Hemingway», fotografie inedite di Ettore Sottsass Jr, Rusconi, 228 pagine, 20.000 lire. ello scrittore

Luoghi citati: Cortina, Cuba, Italia, Parigi, Venezia