Quando Jagger è solo non rotola

Il leader dei Rolling Stones a 33 giri Il leader dei Rolling Stones a 33 giri Quando Jagger è solo non rotola SICCOME da più di quindici anni, come ha detto Mick Jagger, nel rock non succede niente di nuovo, tutti attendevano da lui un «segno». Dunque le aspettative per questo album «solo», senza Stones, erano grandi. Invece l'album ci presenta il Jagger di sempre. 11 brano d'inizio è come al solito frutto della collaborazione d'autore con Richards e infatti è il migliore. Gli altri, con un po' meno di fantasia compositiva e con un po' più di amore per il Rhythm & Blues, comunque non si discostano granché dal binario Stones anche se i musicisti si chiamano Jeff Beck, Herbie Hancock, Pcte Townsend ecc. Il fatto è che il suono e la musica degli Stones non sono cosa diversa dalla persona di Jagger e dunque cambiando l'ordine dei suonatori il prodotto non cambia. Ce ancora chi si aspetta delle novità rivoluzionarie da Bowie, Me Cartncy, Dylan e Jagger? Trattasi di signori che hanno dato tutto quanto potevano dare, non sono «evoluti» verso generi musicali superiori (nel senso di più complessi) hanno coltivato lo stesso orto con sempre maggior professionismo, lasciando alla terra il giusto tempo di riposo tra,,un./accoltp p l'altro. " f | S^jg l prodotti sono sempre quelli, migliori o peggiori a seconda delle stagioni, ma' mediamente notevoli: non froderanno i clienti con patate di plastica, ma nemmeno hanno intenzione di inventare cavoli elettronici. E di questo bisogna esser loro grati: di restare «naturali» e fedeli a se stessi (cioè alla loro immagine) perché cosi in fondo vuole il loto pubblico. E se non perdono un'intervista per dire che avrebbero voglia di una libertà esplorativa Un nuovo gruppo marchi ed espressiva maggiore, buttano lì solo un mezzo sogno visto che non danno mai la sensazione di provarci seriamente. Quest'a. n dunque è ottimo com'era lecito attendersi. Si ascolta con piacere un po' distratto, come un sottofondo rock che la forza interpretativa di Jagger e la grande qualità produttiva sollevano di molte spanne sul comune sottofondo easy listening. Si avverte qualche tocco di genialità musicale e soprattutto sonora {Just ano/ber night), si sorride alla solita frecciatina ironica di Mick stavolta dedicata alla canzone d'amore supcrmclodica stile Bcc Gccs (Hard W'oman), ci si rallegra alla modernità latina di Lucky in Love c di Sbi's th( Boss. Però se si tenta un ascolto un po' più approfondito, cascano le orecchie. Possibile che dopo quarantanni di multiforme esperienza Jagger non abbia altro da dirci che si sente tanto solo, che il successo non c tutto nella vita, che ha sempre troppe donne, ma mai quella giusta, che quando trova quella giusta lei se ne va chissà dove e così via di banalità in banalità? Allora si comprende che se gli amici Storie^ lo lasciano solo un secondo, il ^gjjyeptrj in un pajlajic y mimgptajk-de-' 'presso, si dimentica dtgi*'5tratyrgì5tirig me» e dei desaparecidos, spegne ogni fuoco che vede si trattasse pure di quello d'un fiammifero, gira per il mondo solo per sedersi ai soliti tavoli delle solite sale da gioco, continua a dirsi che lui è il più bello e il più fortunato del reame e ci fa anche l'ironia dell'ironia dell'ironia dell'ironia... Fcrmatelooo!!! Mick Jagger, She's the boss (Cbs). giano Gianfranco Manfredi Jazz DA una produzione che oggi sopravvive sulla riedizione di opere uscite negli Anni Cinquanta e Sessanta. 11 discofilo ha la sensazione di vivere fuori del tempo, come se da Coltrane in poi il jazz avesse perduta la facoltà di esprimersi, di cercare, di scoprire nell'ambito del proprio territorio. Le novità naturalmente non mancano e si esplicano In due direzioni opposte che confermano tuttavia un'impressione di stasi: da una parte la crescente attività del gruppi «creativi» ai quali nuoce l'eccessiva sudditanza alla musica occidentale contemporanea; dall'altra, la proliferazione dei talenti sul versante del tecnici-' smo, con il trionfo della perfezione formale e del virtuosismo. Si tratta di un album nel quale il flautista JeanPierre Rampai esegue alcuni tra 1 più noti brani di Scott Joplin, e dell'esordio discografico di un nuovo gruppo di stanza a New Orleans, la mitica città del jazz. Ancora uno sguardo sul passato, un passato visto con cura filologica da Rampai che traduce da par suo le partiture pianistiche di Joplin, 11 primo autore che si ricordi nella storia della musica afroamericana. Joplin (quello del celebrato «Entertalner», tema principale di un film di cassetta, «La stangata») visse la sua grande stagione tra la fine dell'Ottocento e i primi vent'annl di questo secolo. La sua musica anticipava alcuni elementi tipici del jazz, almeno nelle sincopi di un fraseggio che scorreva sui gradi canonici della tonalità. Genere di consumo, un po' statico, totalmente scritto, 11 ragtime cessò di esistere proprio con l'affermazione del Jazz che, con l'introduzione delle

Luoghi citati: New Orleans