L'armata a cavallo insegue lo zar oltre la morte

Una felice sorpresa: l'opera prima di Roberto Pazzi Una felice sorpresa: l'opera prima di Roberto Pazzi ,iio? .a'ÌL'armata a cavallo insegue lo zar oltre la morte .-•Ili-I,: OIWlll-il .1UD ,iio? .alvotoM »6 saie-: 'ÌAGrao orto OTflft ru~ lo .oìuloa imperiale muore avvelenata da una figlia dello zar, Tatiana, che aveva imparato da Rasputin il modo di farsi veggente per pura forza dell'anima, acquisendo poteri preternaturali, Tatiana sottrae così i suoi all'esecuzione delle guardie rosse nel momento in cui i bianchi entrano in 1 città, perché sa che non è bene che continuino a vivere gli eredi di un potere che non hanno saputo conservare e nel quale, anzi, non hanno più voluto credere. LlnfMta schiera di uccelli che si ammucchia sulla casa dove la famiglia imperiale è custodita e che si allontana, nel momento in cui i bolscevichi scoprono i cadaveri è la splendida allegoria finale della scomparsa del mondo a cui hanno appartenuto gli imperatori e i loro fedeli soldati. Il potere millenario dei sovrani muore nel sogno e nelle visioni, nella malattia e nella scelta della morte. Il romanzo si sostanzia, in modo molto vivo e fascinoso, di meditazioni e descrizioni, di sogni e di memorie, di simboli e di evocazioni fantastiche. La descrizione della fine di un impero è, al tempo stesso, l'occasione per manifestare ancora una volta il potere creativo della letteratura, la cui verità è al di là e al di sopra della realtà della storta. Giorgio Bàrberi Squarotti Roberto Pazzi: «Cercando l'imperatore», prefazione di Giovanni Raboni. Marietti, 176 pagine, 16.000 lire. della sua rassegnazione agli eventi, del suo vivere sempre più in sogno, e anche della malattia che mina sempre più lo zarevic Alessio, e nella quale il ragazzo diventa un lucido e sereno veggente, consapevole del destino di tutti. Allo stesso modo, il reggimento si dissolve per il gelo, le fughe, le cacce nella tajga, il tifo, ma soprattutto per il prevalere anche nei soldati dell'avventura, della superstizione, della visionarietà, della follia. Ypsilantl, il comandante del reggimento che sa essere inutile ogni marcia, si uccide mentre intorno gli ultimi fedeli muoiono di tifo; e tutta la famiglia SE c'è un genere (si potrebbe dire, riprendendo un antico principio proclamato in origine con la poesia) in cui non si possono più sopportare ripetizioni, mediocrità, piattezza di stile, vicende e personaggi risaputi, è il romanzo. Troppi se ne sono scritti e se ne scrivono, per non dover riconoscere l'inaridimento e la consunzione che il romanzo oggi denuncia in fatto di originalità e di scrittura, di linguaggio e di invenzione. Credo che abbia, allora, ragione Giovanni Raboni nella prefazione al bellissimo romanzo, Cercando l'imperatore, di un esordiente come narratore, Roberto Pazzi, finora autore di alcune raccolte di versi: opere narrative vive e nuove è possibile attenderle soltanto dai poeti, intendendo con questo termine non soltanto, naturalmente, gli specifici cultori del verso, ma più ampiamente coloro che intendono la scrittura narrativa come impegno contìnuo e strenuo di invenzione della parola e degli eventi, e non soltanto come riempimento di schemi in omaggio alle mode e alle richieste degli editori. Il romanzo di Pazzi ha un argomento «storico*: gli ultimi giorni della famiglia imperiale russa a Ekaterinburg; e, parallelamente, narra la vicenda di un reggimento dell'esercito russo che ha perso, durante la guerra e la rivoluzione, ogni contatto con il mondo, e vaga, dietro informazioni incerte e ormai vecchie, per la Siberia, alla ricerca dello zar per venirgli in aiuto. Di conseguenza, il romanzo si «candisce alternamente nei due opposti spazi: quello soffocante, chiuso, un poco ossessivo e febbrile, della casa dove è custodita la famiglia imperiale, e quello infinitamente esteso, senza limiti, senza punti di riferimento, delle nevi dell'inverno siberiano e, poi, della foresta, dei fiumi, delle pianure erbose dell'estate, quando si determina il destino ugualmente tragico sia dello zar e della sua famiglia, sia del reggimento, che si disperde e scompare nell'estate siberiana. Sono due aspetti complementari in cui si manifesta la fine di un'idea del potere e della storia. Lo zar Nicola non crede più all'assoluto esercizio del suo potere, ereditato dagli avi: la sconfitta nella guerra, le rivolte fra i soldati e gli operai, il governo di Ke- • rensklj, l'abdicazione, poi il trasferimento forzato a Tobolsk, in Siberia, infine l'arresto e la detenzione a Ekaterinburg, sono meno significativi rispetto alla sorte di Nicola II della sua sfiducia, della sua malinconia,

Persone citate: Giorgio Bàrberi Squarotti, Giovanni Raboni, Marietti, Roberto Pazzi

Luoghi citati: Ekaterinburg, Siberia