S'alza il sipario e la Scala racconta il suo mito

S'alza il sipario e la Scala S'alza il sipario e la Scala racconta il suo mito mito del grande teatro milanese. «Libertà sulla scelta di tutti gli artisti, purché le prime parti siano quelle che avranno recitato nel teatri di grido, ero il primo comandamento del vecchio Teatro Ducale di Milano, dalle cui ceneri sorse la Scala raccogliendone l'eredità. Questa prudenza lombarda, che voleva il successo degli interpreti assicurato e si permetteva invece il lusso di rischiare sui compositori, forse è la chiave giusta per rivisitare la sala del Piermarini. Stefano Jacini Giuseppe Barigazzi: «La Scala racconta», Rizzoli, pagine 568, lire 100.000. continuato a suscitare dichiarazioni d'ammirazione e d'affetto da parte di testimoni altrettanto autorevoli, non ultimo Stendhal die le inventò l'etichetta di «primo teatro del mondo». Magari sonnacchiosa, spesso disattenta a quanto succedeva fuori della cerchia urbana, con un bilancio paurosamente deficitario fin dalle origini, è sempre rimasta fedele alla sua funzione di cassa di risonanza. Il libro dì Barigazzi lascia che la Scala parli in prima persona raccontando successi e disastri, umori cittadini, battaglie in difesa di cantanti e di musicisti, senza mai permetterle di cadere nel pettegolez¬ zo inutile, anche quando affronta anni recenti. Accanto ai grandi vi compaiono con abbondanza di notizie i personaggi di secondo piano e gli scellerati, ma è grazie all'imparzialità dei ritratti che è possibile andare alla scoperta dei destini musicali incrociati; anche titoli di opere e di balletti, che risultano lontani o addirittura sconosciuti, riacquistano cosi valore dalla narrazione. Basta non farsi intimorire dalla mole del volume e lasciarsi guidare dalla voce del palcoscenico e dalle belle immagini: è un'occasione per capire in che modo, tra accuse di sonnambulismo e prove d'intelligenza, sia nato il A. Inganni: «La facciata della Scala» (1872) NEL gennaio 1887 Giuseppe Verdi assisteva alle prove del suo Otello alla Scala e il direttore Franco Faccio durava fatica ad accontentare il compositore che voleva occuparsi di tutto, dell'orchestra, dei cantanti, delle scene e gli strillava •Faccio non dormire!», tanto era ossessionato dalla Ieri tessa dei tempi. Protagonista dell'opera era Francesco Tamagno, che per lanciare i suoi acuti fin in piazza della Scala si accontentava di cinquemila lire per sera, contro 16 diecimila richieste in America, queste ultime pari a trenta milioni di oggi. Verdi avrebbe voluto vederlo ruzzolare in scena al momento di morire, come aveva visto fare da Tommaso Salvini nella tragedia di Shakespeare. Ma per quanto ce la mettesse tutta, il tenore non riusciva a stramazzare come si conveniva, cosi i/ maestro con settantaquattro anni sulle spalle gli diede una dimostrazione e rotolò in palcoscenico con tale impegno che per poco non si ruppe l'osso del collo. Con lo stesso entusiasmo Verdi sosti¬ tuì anche il soprano Romilda Pantaleoni nella parte di Desdemona per farle capire cosa significasse un bacio appassionato. Questa storica prova dell'Otello è ricordata da Giuseppe Barigazzi nel volume La Scala racconta (Rizzoli) anche per uno scatto di nervi del compositore durante il duetto del primo atto: «Lei suona troppo piano.., gridò al secondo violoncello e il colpevole, che pur aveva solt'occhio lo spartito con le indicazioni plano e pianissimo, non osò fiatare tanto era intimorito da quella voce rabbiosa e da quella barba autorevole. Il violoncellista in questione era giovanissimo e si chiamava Arturo 7Tosconini. Da ventiquattro anni Verdi non metteva piede alla Scala, le sue accuse d'inefficienza al teatro erano state durissime, forse quanto quelle mosse da Franz Liszt che nel 1838 annotava «pubblico che chiacchiera» e «tutto sembra eseguito da sonnambuli». Eppure la Scala, tra questi e altri rancori, ha Verdi assiste alle prove al piano del «Falstaff» mparì il re del bebop IN epoca di «telecomunicazioni in diretta via satellite» stupisce come sia avaro di notizie 11 continente australiano. Ogni tanto, con un alone di casualità, giungono a noi informazioni di canguri e tennisti, qualche romanzo anche in versione televisiva come Uccelli di rovo, ma l'Australia resta nel nostro immaginario una terra verde, vergine, felice e senza tensioni. Stessa idilliaca Impressione desta la musica rock targata Sydney o Melbourne che, sempre più spesso, s'inserisce nelle nostre hit-parade discografiche. Una ulteriore conferma ci giunge ora da un gruppo. Flash & the pan, che ha

Luoghi citati: America, Australia, Melbourne, Milano, Sydney