Per Bonanno boss a riposo la vecchia mafia era una bella tradizione

iacente estorsioni i e iacente estorsioni i e iL'ex capofamiglia in un autoritratto compi difende gli «uomini d'onore», l'omertà e le Per Bonanno, boss a riposo l hi fi la vecchia mafia era una bella tradizione JOE Bonanno dice di sé: «Spesso mi hanno definito un gangster. Per un certo perìodo sono stato accusato di volermi 'impadronlre" di New York... Qualunque sia la vostra opinione su di me, la verità è che sono l'ultimo sopravvissuto di una specie estinta e di un modo di vivere che ormai non è più». La •specie estinta* è quella dei mafiosi di vecchio stampo, definiti Moustache Petes, i tipi con grossi baffi, che parlavano meglio il dialetto siciliano che l'inglese. E' il solo superstite della prima •commissione nazionale-, il potere esecutivo di Cosa Nostra, che lui stesso fondò con Lucky Luciano, Joe Profaci, Tom Cagliano e Vincent Mangano, nel 1931, dopo la strage della • notte dei vespri*, in cui vennero uccisi Salvatore Maranzano, capo dei capi, e quaranta • baffoni*. Ha ottantanni, vive in una grande villa a Tucson, in Arizona, l'Fbi lo tiene d'occhio. La moglie è morta, i figli Salvatore e Joseph entrano ed escono dal carcere, sotto il peso di un nome che segna il loro destino. Afferma di essere un anziano pensionato che coltiva passatempi domestici. Al mattino bagna il fico, l'olivo e i fiori del giardino. Aiutato da Sergio Lalli, un abile estensore, racconta la sua straordinaria esistenza: •Uomo d'onore. L'autobiografia di Joseph Bonanno», appena uscito da Mondadori (pagine 454, lire 20.000). E' una storia, con molte pagine nostalgiche, che abbraccia oltre mezzo secolo della Onorata Società: da quando Bonanno arriva clandestino in America all'età di ventanni al suo •pensionamento* nel 1979. E' una specie di compendio delle imprese di Cosa Nostra e di indirizzario del suo capo, con organigrammi, rapporti, retroscena. E' il documento di un uomo che si considera un manager e insieme un cavaliere errante, che si sente e si comporta da autentico, ultimo padrino. Assai vanitoso, il patriarca subito fa sapere che «venivo sempre segnalato dai miei amici siciliani come una persona colta». Cita più volte Machiavelli, cita Tucidide e il conte di Cavour. Su Cosa Nostra, la mafia italo-americana, ci sono i romanzi di Mario Puzo (Il padrino; e di Guy Talese (Onora il padre tuo;: autori estranei all'ambiente descritto. Ci sono i rapporti di Joe Valachi e di James Fratiant no; mafiosi pentiti e che nell'ambiente eraino stati personaggi decisamente'minori. Ma Bonanno, detto Joe Bananas, non è un pentito e a 27 anni era già al vertice, capo di una delle cinque Famiglie di New York, sicché la sua testimonianza è la più autorevole finora uscita dall'interno della organizzazione. Non è soltanto per vanità che Bonanno ha scritto queste memorie che lo celebrano, ma anche per esporre la sua filosofia e la sua concezione di quella che comunemente è definita criminalità organizzata. La Mafia, dice, non esiste. Parole come Mafia e Cosa Nostra sono usate per criminalizzare la Tradizione, «li modo di vivere dei miei antenati siciliani.. Parla di cooperazione tra gruppi, che formano la Famiglia, alla quale ciascun membro, «uomo d'onore., giura fedeltà eterna. La reciproca protezione (Bonanno la chiama •amicizia*) è il fine della Famiglia. La Tradizione ha leggi inviolabili. Per esempio, «se a un "uomo d'onore" viene fatto un torto, tocca a lui personalmente ottenere soddisfazione per quel torto subito. Egli, Infatti, non si rivolge alla macchina giudiziaria dello Stato». Dice che l'omertà è «un nobile principio... è un'Ingiunzione al silenzio, perché un uomo non deve diventare lo strumento di rovina di un altro uomo». Nella sfera econo- NEL dopoguerra la zona comica dei fumetti americani, cioè dell'area geografica egemone, ha trovato due dominatori assoluti nel Paperino di Walt Disney e nelle Snoopy di Schulz. il primo, è pur vero, appariva fin dagli Anni Trenta, ma la sua virata sostanziale arriva dopo il 1945, quando il personaggio passa nelle mani di Cari Barks. Che cosa hanno in comune il papero disneyano e il cagnolino che scodinzola tra i Peanuts, quale il segreto del successo che li ha baciati, staccandoli di parecchie lunghezze da ogni altro concorrente? La domanda rinasce vedendo questo splendido volume dedicato al camaleontesco Snoopy dalla Milano Libri («Oh... Snoopy», 160 pagine, 28.000 lire). Nell'aggettivo camaleontesco (camaleontico, se vi piace meglio) sta una buona fetta di risposta. Come abbiamo detto in occasione di un recente libro mondadoriano intitolato .lo Paperino*, anche per Snoopy ci sono cento pirandelliane possibilità di essere infiniti personaggi. Se nella bottega dlsneyana con Paperino si va giù di piatto, nel senso che la sua polivalenza viene sfruttata Paese per Paese, dove i disegnatori locali ne modificano il carattere e persino U tema a seconda delle esigenze del pubblico, per cui il papero svaria dal goffo al nevrotico, ' dall'avventuroso al vittimistico, in quella di Sentile si è Aleksàndr Puskin Una serata al Copacabana di New York (1946). Da sin.: Stefano Magaddino, Joe Bonanno, Salvatore Bonanno, John Tartamella jr.. Gaspar Di Gregorio e Vincent Danna l'uomo è "ariimale più difficile da uccidere. Quando punti un'arma contro un uomo, ti tremano le mani, ti ballano gli occhi, ti batte forte il cuore e interviene la mente. Se riesce a sfuggirti, tornerà lui a ucciderti». La lunga faida di sangue Hnì nella primavera 1931, quando Lucky Luciano tradì Masseria e lo fece ammazzare in un ristorante. Come capo dei capi a Masseria successe Maranzano, che in guerra era stato un buon stratega, ma in pace si rivelò uno statista maldestro. Per di più vanitoso. Dopo.pochi mesi Hi ammazzato. Bonanno non lo rimpianse, anche perché diventò lui il capo della Famiglia dei castellammaresi. Per quasi trentanni, fin quando dovette mollare le redini per una rivolta nel suo clan, fu il capo¬ mica uno degli obiettivi della Famiglia è quello di istituire dei monopoli, dove possibile. Il panettiere non vuole un'altra panetteria nella sua strada, così il barbiere o il proprietario di un ristorante o il trafficante di alcol deve poter operare in regime di monopolio. Fare sloggiare un concorrente, se necessario anche con le armi, è un diritto. «Se per l'estraneo ciò può sembrare un'estorsione, per l'affiliato è invece una forma di autodifesa. Bisogna capire queste regole monopolistiche, altrimenti si rischia facilmente di cadere nell'errore di definirle semplicemente delle azioni delittuose». Nato in Sicilia, a Castellammare, dopo un biennio alla scuola navale di Palermo, nel 1926 Bonanno emigrò a New York. Per la sua intraprendenza nel contrabbando di liquori all'epoca del proibizionismo emerse nella Famiglia dei castellammaresi, «cosi cominciai a portare la pistola». Capofamiglia era Salvatore Maranzano. Bonanno lo definisce il «buon maestro», ne parla in termini lirici e mistici, vanta di essere stato il prediletto, «ero come una specie di scudiero al servizio del suo cavaliere». All'inizio del 1930 i castellammaresi mossero guerra alla Famiglia dominante di Joe Masseria, le tre altre Famiglie newyorkesi ne furono coinvolte. Per un anno e mezzo tutti vissero in clandestinità e gli ammazzamenti non finivano mai. Bonanno ricorda Maranzano che vegliava alla vigilia di un'azione per oliare i mitra e riempire le cartucce di pallini. «Per lui caricare quelle cartucce era come un rito sacro, che faceva con grande precisione, persino con eleganza». £ mentre caricava le cartucce, Maranzano sentenziava: «Decidere un coniglio, uccidere un cervo, persino uccidere un orso è facile. Ma Joe Bonanno durant famiglia più autorevole d'America, e in questo trentennio Cosa Nostra godette quella che fu definita la «pax Bonanno». Ma in questo periodo di pace, e di prosperità mafiosa, dice Bonanno, a poco a poco la •Tradizione si deteriorò fino a perdere i suoi ideali d'onore e per diventare invece sinonimo di gangsterismo». Accadde per l'arrivo nell'ambiente di una razza di uomini nuovi, uomini •americanizzati* come Charlie •Lucky* Luciano, che parlavano lo slang americano meglio del dialetto siciliano. «Oli uomini della mia Tradizione erano sempre restii ad associarsi con dei non-siciliani». Invece, dice, Luciano aveva al suo fianco ebrei come Mayer Lansky, Louis Lepke e Bugsy Siegel, e italiani (ma non siciliani) come Frank Costello, Vito Genovese e Albert Anastasia. Luciano, immigrato dalla Sicilia in tenera età, era il prodotto delle idee americane, era uno scapolo che viveva in una suite del Waldorf Asteria, era essenzialmente un solitario, un •individualista*, invece che un uomo dedito alla famiglia, «mentre gli uomini della mia Tradizione, oltre a essere noti per il loro valore in combattimento, sono anche conosciuti per la loro natura domestica». Per via del suo successo e della sua fama, •l'eredità di Luciano avrebbe cambiato la faccia alla mia Tradizione». La Commissione che governa le Famiglie ha un'ala conservatrice o siciliana, e un'ala liberale, o americanizzata: la prima dominò fin verso la fine degli Anni Cinquanta quando, per l'eredità di Luciano, a poco a poco cominciò a prevalere la seconda. «E le stesse parole americane riflettevano questo nuovo orientamento. In Sicilia, per noi il capo era il Padre. In America 11 Padre diventava un boss». E la Famiglia diventava una organizzazione, gli amici dei soci in affari, /'.uomo di rispetto» un gangster. Bonanno non lo dice, ma dall'autobiografia trapela che egli collaborò con le nuove leve e per altri anni restò il capofamiglia più autorevole. •In questo libro dichiaro la morte della mia Tradizione in America... Anche in Sicilia la vecchia Tradizione sta scomparendo sotto l'influenza della cultura americana in Europa»,, concludi Bonanno. Da Tucson il patriarcaihamstoi i giorni scorsi alla televisione',' i dòsi'nella nuova Mafia e i loro luogotenenenti tra poliziotti che li portavano alla Corte Suprema. Guarda le cinque Famiglie di New York e le vede disorientate. Luciano Carino ■ '.-- ■ fìSifVfS ' e l'apprendistato di panettiere a Brooklyn (1926)