Per Brillat-Savarin la buona tavola sa di letteratura

Per Brillat-Savarin la buona tavola sa di letteratura Per Brillat-Savarin la buona tavola sa di letteratura no, Carnevale. E' solo il principio. Incomincia il calvario di un esercito abbandonato a se stesso, mandato allo sbaraglio, avvelenato dall'alleanza con l nazisti. E arrivano le sconfitte, Il 25 luglio, Badoglio, l'armistizio, la guerra civile. Anche le facce della gente si adeguano alla nuova realtà. Scompaiono i sorrisi. E' il momento della disperazione, dell'odio, della vendetta. Per un po': fino alle prossime Il¬ MEZZO secolo fa le famiglie che avevano «molti, libri tenevano la Fisiologia del gusto di Anthelme BrlllatSavarln accanto alla Fisiologia del piacere di Paolo Mantegazza: letture fra 11 proibito e 11 non raccomandato. Oggi Paolo Mantegazza non lo nomina più nessuno; Brillat-Savarin si sente ancora citare abbastanza spesso, e la Biblioteca universale Rizzoli ci propone di leggerlo, nella sezione «I Classici della Bur., con una introduzione di Jean-Francois Revel. Le biblioteche familiari, grandi o piccole che siano, hanno assunto una fisionomia diversa. Oggi il Brillat-Savarin va in uno scaffale di libri di cucina, accanto a Tremila anni a tavola, di Jean-Francois Revel, appunto, pubblicato dallo stesso Rizzoli nel 1979. La Introduzione di Revel è Importante perché «colloca. Brillat-Savarin In una prospettiva storica, subito dopo quello che si considera 11 suo predecessore diretto, Alexandre Grimod de La Reynlère. Le opere maggiori di quest'ultimo, i4rmanacco dei buongustai seguito dal Manuale dell'anfitrione. erano state pubblicate da Serra e Riva nel 1981 con Introduzione di Folco Portlnarl. Orlmod de La Reynlère è uno scribacchino ingenuo della fine del Settecento che a leggerlo fa ventre l'acquolina in bocca: ispira appetito e golosità. Il Brillat-Savarin, Invece, lo si legge come un buon libro del primi dell'Ottocento, ma non fornisce stimoli, non è un libro «galeotto». Come mal? L'introduzione di Revel ce ne dà la chiave: BrillatSavarin è un letterato, è un umorista, è un piccolo classico. Dobbiamo apprezzarne lo stile. Se il suo predecessore nella storia della gastronomia è Orlmod de La Reynlère, 1 suol maestri nella storia della prosa sono La Bruyère e La Rochefoucauld. Dovremmo cambiargli nuovamente 11 posto, metterlo In un altro scaffale ancora. Questo spiazza un po' 11 lettore. Trovarsi nella letteratura quando si credeva di entrare nella gastronomia è un piccolo trauma. Il giudizio può risultarne falsato. Certe frasi famose di Brillat-Savarin ('Dimmi cosa mangi e ti. dirò chi sei», ^Cuciniere si diventa, rosticciere si nasce*) vanno mentalmente a iscriversi nello «sciocchezzaio* del Dizionario delle idee correnti di Flaubert. E non è giusto. Se scatta questa molla, la colpa è del lettore che non sa apprezzare I meriti letterari di Brillat-Savarin. Certamente ha ragione Revel, certamente abbiamo torto noi. Però, anche come puro fatto, di stile, prendiamo un altro del detti memorabili di Brillat-Savarin, per esemplo «Si destino delle nazioni dipende dal modo In cut si nutrono-. E' una frase un po' sciocca, un po' sciapa, senza sale. Ci sembra più spiritoso Conrad quando attribuisce la «cupa, estrema ferocia, degli Indiani del Nord America alla «Ipotesi che soffrissero di perenne indigestione.: «/{ Nobile Pellerossa era un grande cacciatore, ma sua moglie non era una buona cuoca. Le conseguenze erano deplorevoli*. Giampaolo Dossena Anthelme Brillat-Savarin, .Fisiologia del gusto ovvero meditazioni di gastronomia trascendente». Con una nota di Honoré de Balzac e le Illustrazioni di Andrew Johnson. Introduz. di Jean-Francois Revel. Trad. di Dino Provenza!. Rizzoli, 388 pagine, 8000 lire. lusioni. g. 1. s. delle Langhe, ha sempre scritto storie sul contadini piemontesi. Anche nel nuovo libro, di taglio saggistico, emergono a tratti felici spunti narrativi che rendono più vivo e vero il suo argomentare. E' un appassionato inventarlo di tipi umani estinti o in via di estinzione (11 patriarca, la «padrona., il prete, l'aedo domestico, Il paraninfo...) e di atteggiamenti nei confronti della vita, della famiglia, del lavoro, del denaro, della morte, e di riti feste e mitologie che non sono più. C'è la descrizione di miserie, arretratezze e irreparabili perdite umane e culturali. Ma c'è anche il riconoscimento, troppo spesso negato, che 1 nostri contadini hanno compiuto da soli ita più grande e pacifica rivoluzione, al proprio interno, iiel modo di vivere, di progettare, di programmare, nel tipo di rinunce che si sono imposti e nella calcolata alcatorietà di sperimentazioni sulla propria pelle*. ^ ^

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