E' nato il computerese di Franco Giliberto

E' nato il computerese Congresso internazionale sul rapporto tra i giovani e le tecnologie E' nato il computerese «C'è un modo nuovo di comunicare tra i ragazzi che possiedono questi strumenti» - La richiesta del numero di telefono si è trasformata così: «Dammi il tuo data» - Qualcuno si esprime in maniera singolare: «Oggi ho un loop nella testa, devo riprogrammarmi» - Le sottili inquietudini di molti genitori DAL NOSTRO INVIATO CASTIOLIONCELLO — In Italia esiste davvero il bambino tecnologico, oppure vorremmo che esistesse? Il Coordinamento dei genitori democratici, dinamica associazione romana sorta con l'avwjiln dei «decreti delegati... ha organizzato un congresso internazionale che tenterà di rispondere a questa domanda. Gran lolla alla prima giornata di discussione, circa novecento tra insegnanti, psicologi, genitori, relatori italiani e stranieri. E gran varietà di testimonianze. Una insegnante di prima inedia racconta che in classe, per saggiare gli alunni, qualche settimana fa aveva chiesto: -Chi sa dirmi che cos'è un algoritmo?-. Silenzio tra i banchi. Poi un ragazzino tra i più vispi ha provato con questa risposta: -E' un vegetale marino, finito sulla spiaggia e mosso continuamente su e giù dalle onde». Non si può ravvisare in quello studente, per ora almeno, il «bambino tecnologico... Tuttavia non è detto che si tratti di un buono a nulla: altri ventiquattro suoi compagni di classe non hanno fornito risposta alcuna, lui almeno ci ha tentato, secondo una certa logica fonetica, con fantasia lievemente impudica. Sarà migliore lui, tra vent'anni, o qualche suo attuale coetaneo che già mastichi appena un po' dì linguaggio informatico? L'ingegnere Fabrizio Luccio, docente all'Università di Pisa, nella prima relazione ufficiale della giornata si è detto convinto che superato il millennio, poco dopo il 2000, saranno poche le persone al mondo capaci di capire «veramente» le macchine-computers che domineranno ogni nostro panorama domestico. Ma saranno una moltitudine, a suo avviso, le persone che adopereranno acriticamente quegli aggeggi, avendo semplicemente imparato a manovrare con un facile tocco o con la voce i robot dai mille usi. Luccio aggiunge che una formidabile pubblicità, da quando l'industria è riuscita a produrre circuiti integrati a basso costo, bombarda l'uomo della strada perché acquisti dei calcolatori elettronici: -E siccome, specie per quel che riguarda gli adolescenti, tale ambita diffusione di computers non risponde a esigenze reali, il controllo di uno sviluppo armonico dell'informatica è da un lato importante necessità sociale, dall'altro occasione per approfondire gli aspetti di ragionamento e per affinare le capacità logiche di chi vi si dedica-. L'oratore, parlando dei meccanismi elementari dell'informatica, non poteva sorvolare sull'algoritmo (che è la descrizione del «passi» con cui sì risolve un problema di qualsivoglia natura), vecchia conoscenza, ha detto, se si pensa che nel 1650 avanti Cristo ne esisteva uno, non banale, per la moltiplicazione dei numeri (è descritto nel papiro di Ahmes). A quel tempo naturalmente lo strumento d'applicazione era una specie di pallottoliere, oggi l'algoritmo di Ahmes è approdato nei calcolatori elettronici come base della moltiplicazione. Dunque, nulla o quasi nulla di nuovo sotto il sole? A parte i pochi, a quanto pare, ragazzi che usano il computer «costruendo» algoritmi anziché semplicemente impiegandoli, qualche novità si registra, almeno sul piano del linguaggio. Il professor Michele Pellerey, dell'Università salesiana di Roma, ha tenuto una lunga, importante relazione, abbastanza sorprendente tuttavia nei risvolti che egli stesso ha definito relativi al «computerese». C'è un nuovo modo di comunicare e ragionare tra i giovani che possiedono un computer, ha detto. Ha portato qualche esempio. Nella capitale, una cruda espressione popolare viene sempre più spesso cosi addolcita: • Vaffan'byte-, imprecazione nata nell'attività di programmazione al computer, ma presto estesa a segnale di incidente e contrattempo. « Visto che har-'ware?» sottolinea l'attraente fisico di una fanciulla. «Ho il 'data base' a pezzi» indica invece, spiega Pellerey, «/a condizione di stanchezza. Mentre più semplicemente 'Dammi il tuo data' è una richiesta di numero telefonico. E poi — conclude il professore — ci sono affermazioni più elaborate, chiarissime ai frequentatori del 'computerese', ette ogni comune mortale può però interpretare come crede quando sente dire da un ragazzo tecnologico: 'Oggi ho un loop, nella testa, devo riprogrtmaìiafmi'-. Va da sé 'cheJl Coordinamento del genitori democratici, nel preparare il congresso, non era a caccia di pittoresche curiosità. 'La presenza e il ruolo dell'informatica nell'educazione dei giovani sono cose reali e irreversibili — dicono gli organizzatori — destinate a far parte non solo di un futuro bagaglio professionale, ma anche di un patrimonio culturale e umano. Sarà una rivoluzione, ma non vogliamo che passi sulle nostre teste sema muover dito. Per questo, in tre giorni di discussioni, coinvolgeremo educatori, genitori, esperti, docenti universitari. Cominciando a indicare come bisognerà agire per evitare guasti». *■ Franco Giliberto

Persone citate: Fabrizio Luccio, Luccio, Michele Pellerey, Pellerey

Luoghi citati: Italia, Roma