Apologia di genocidio definitiva la condanna

Apologia di genocidio definitiva la condanna Per la gazzarra antisemita nell'incontro di basket a Varese nel 79 Apologia di genocidio definitiva la condanna La Cassazione conferma - Per la prima volta è applicata la legge del 1967 ROMA — Per la prima volta in Italia è divenuta definitiva una condanna per apologia dì genocidio. Lo ha deciso ieri la Cassazione con una sentenza destinata a suscitare discussione. Sono state cosi confermate sostanzialmente le pene inflitte dalla Corte d'assise d'appello di Milano ad un gruppo di giovani tifosi, che sei anni fa dettero vita a una manifestazione antisemita durante la partita di pallacanestro tra Emerson Varese e Maccabl di Tel Aviv, valida per la Coppa del Campioni. Ad Angelo Fare, Marcello Fedcrlconl e Mario Carcano sono stati inflitti due anni di reclusione, mentre a Davide Gnocchi un anno e quattro mesi. Per 1 tre maggiori imputati Paolo Cossu, Arturo Ceci e Vittorio Magri (condannati rispettivamente in appello senza condizionale a 3 anni e quattro mesi il primo, e a tre anni ciascuno gli altri due) è stata disposta la celebrazione di un nuovo processo — 11 quarto della serie — davanti a una diversa sezione della Corte d'assise d'appello di Milano. Motivo: non è stata adeguatamente motivata la mancata concessione delle attenuanti generiche. Se otterranno tale bene fido, la pena sarà notevol¬ mente ridotta e non rlschleranno più di finire in carcere. Cossu, Ceci e Magri sarebbero stati invece arrestati ieri se la Cassazione non avesse in parte annullato la sentenza di secondo grado. Per gli ultimi quattro imputati, minorenni all'epoca dei fatti, Marcello Abate, Antonello Blnettl, Giovanni Fare ed Elisio Murgia, è stata invece annullata la condanna a tre anni di internamento In riformatorio. Motivo: sono divenuti nel frattempo maggiorenni e la pena del riformatorio non è più attuabile. Potrebbero essere comunque sottoposti — con ogni probabilità — alla libertà vigilata per un periodo non inferiore ai due anni. Paolo Cossu, Arturo Ceci, Vittorio Magri, Angelo Fare. Marcello Federiconi e Davide Gnocchi dovranno inoltre risarcire i danni subiti dalla Comunità Israelitica di Milano e dall'Unione delle Comunità Israelitiche italiane che si erano costituite parte civile La gazzarra, inscenata la sera del 7 marzo '79 al palazzo dello Sport di Varese in occasione dell'incontro di basket Emerson-Maccabl. si scatenò quando decine di giovani sparsi sulle gradinate alzarono grosse croci dipinte di bianco e celeste (i colori di Israele) e sventolarono cartelli e striscioni inneggianti ai campi di sterminio nazisti. Le scritte dicevano: .Dieci, cento, mille Mauthausen-, • Hitler ce l'ha insegnato: uccidere gli ebrei non è reato-, -Ebrei al /omo», -Mautliausen reggia degli ebrei-. Un coro veniva scandito: 'Ebrei al rogo-, mentre si levavano una selva di braccia nel saluto fascista. Furono persino gettati in campo due polli tinti di azzurro per schernire I giocatori israeliani. Un centinaio di tifosi del Maccabi rispose a sua volta agli slogan nazisti urlando: -Piazzale Loreto-, -Basta con il nazifascismo*. Solo grazie al pronto intervento di una cinquantina tra poliziotti e carabinieri fu evitata la rissa in campo. I responsabili del tifo antisemita (tra cui quattro minorenni) furono identificati e denunciati alla magistratura. Il più «anziano» risultò il ventunenne Paolo Cossu, segretario provinciale del Fronte della Gioventù di Varese. Alcuni giorni dopo il ministero degli Esteri presentò le scuse al governo Israeliano. E lo stesso fece la società Emerson nel confronti della Federazione cestistica di Israele Gli undici giovani finirono davanti alla Corte d'assise di Milano per rispondere di apologia di genocidio, un reato introdotto dall'articolo 8 della legge numero 962 del 9 ottobre 1967. che prevede la pena da 3 anni a 12 anni di reclusione per chi esalta pubblicamente la distruzione in tutto o in parte di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Fino ad allora tale norma non era stata mai applicata. Al processo gli imputati si difesero sostenendo che -voleva essere un modo come un altro per demoralizzare gli avversari-. I giudici però li condannarono tutti complessivamente a 25 anni di carcere. In appello le pene furono lievemente ridotte. Pierluigi Franz