La nebulosa Proust di Giovanni Bogliolo

La nebulosa Proust NUOVI LIBRI, UN CONVEGNO, UN FILM La nebulosa Proust Racconta Celeste Albarct, la governante premurosa c fedele che ha accudito Proust negli ultimi nove anni della sua vita, che a volte Monsieur, spossato o troppo assorto nel suo lavoro, stava giorni e giorni senza rivolgerle la parola e comunicava con lei attraverso laconici e disperati bigliettini: subito una composta di mele! le ionia sono gelate! Il silenzio era di rigore soprattutto al risveglio, quando i messaggi erano affidati a un impercettibile sorriso o a una occhiata implorante o riconoscente. Dna sola volta Proust ha derogato a questa consuetudine, ed e stato per annunciare alla domestica entrata col bricco fumante del caffclatte che nella notte aveva portato a termine la grande opera della sua vita, che aveva scritto la parola "fine» in calce al suo romanzo. Nel film Celate che Percy Adlon ha tratto con tenerezza c levità dalle memorie della donna, l'episodio acquista nella struggente evidenza delle immagini una domestica solennità: la stanza è immersa nella semioscurità, il letto è sfatto e ingombro di carte, gli occhi febbrili dello scrittore emergono dalle nebbie bluastre dei suffumigi. Ma è un episodio improbabile e, se veramente accaduto, abbastanza insignificante. Serve ad alimentare e a suggellare la mitologia dello scrittore che soccombe felice sotto il peso dell'opera immane che è riuscito a creare («Aduso posso morire», dice Proust a Celeste, e sci mesi dopo muore davvero), ma stravolge i tempi e i modi di questa sua impresa, ne attenua l'originalità e ne banalizza il significato. * * La Recherete non si è conclusa quella mattina (o quella sera? Dalla stanza fasciata di sughero il tempo degli orologi e dei calendari era rigorosamente bandito) della primavera del 1922, non più di quanto si fosse conclusa quel giorno imprecisato nel novembre del I.9CJ!?, quando Proust aveva finito di scrivere «l'ultimo capitolo ilt/l 'ultimo volume subito dopo aver scritto il primo capitolo del primo volume». Da allora è stato un ininterrotto lavoro di integrazioni, esplieitazioni, sviluppi, collegamenti, riprese, elaborazioni sempre più diffuse e circostanziate per colmare lo spazio, al tempo stesso impercettibile e infinito, tra quei due estremi; e in un lavoro del genere non poteva esserci una fine, appagata e irrevocabile, ma solo, come ha detto Gerard Genette, la «forzala interruzione» della morte, il 18 novembre 1922. Nelle Recbcrcbe l'edito C l'inedito, l'abbozzo preparatorio, le diverse stesure, le correzioni, le aggiunte non si dispongono secondo l'abituale gerarchia dei valori formali, perche la composizione proustiana non procede per progressione rettilinea, non provoca climi- nazioni successive e non esclude il recupero, spesso in circostanze e contesti diversi, di materiali per lungo tempo accantonati. Cadono dunque, nei suoi confronti le pregiudiziali della discrezione che bloccano il lettore sulla soglia del laboratorio dell'artista, e quelle del rispetto che lo scrittore esigeva per i tormentatissimi, manoscritti che, solo in parte, ha avuto la precauzione di far bruciare da Celeste. Cadono soprattutto ora che questi manoscritti residui sono stati quasi interamente acquisiti dalla Biblioteca Nazionale di Parigi e possono liberamente essere classificati, decifrati, interpretati. Non è un male che la filologia venga in soccorso della critica in un momento in cui quest'ultima sembra ormai aver fornito tutte le chiavi interpretative di cui disponeva e alterna innirsioni illuminanti nelle rare zone d'ombra ancora rimaste a meditati bilanci c a calcolate riattualizzazioni. Nei giorni scorsi, a Colorno, i molti giovani che hanno assistito al Convegno Proustiano organizzato dalla Mondadori e dalla Provincia di Parma hanno avuto un consistente assaggio di queste prospettive: Francesco Orlando li ha guidati con perizia analitica all'interno della divaricazione, che Proust accusa tra il sapere e 41 vedere; con Jacquelinc Rissa hanno scoperto l'azione creativa che esercita nella Reeberebe il tema del male e della profanazione; hanno potuto seguire la mappa delle emergenze batacchiane tracciata da Mariolina Bongiovanni Berlini e quella, sotterranea, degli echi felpati dell'avanguardia storica che solo Luciano De Maria poteva rilevare; setto lo stimolo di Anne Henry si sono anche potuti domandare se il grande romanzo non sia davvero anzirutto una prova sperimentale della filosofia vitalista. A saldate queste ricerche con tutta la tradizione degli studi proustiani, avevano a disposizione il nuovo e già insostituibile Dossier Proust di Jean-Yves Tadié (11 Saggiatore) e le recenti traduzioni di due saggi capitali come il Proust e Freud di Jacques Rivière (Pratiche editrice) e il Marcel Proust di Ernst Robert Curtius (11 Mulino), rispettivamente del 24 e del 25. E a illustrare i nuovi indirizzi di ricerca c'erano i responsabili delle nuove acquisizioni erudite, Philipc Kolb che cura la pubblicazione dell'epistolario, Bernard Brun che si occupa del «Fondo Proust» della Biblioteca Nazionale, Jean-Yves Tadié che sta preparando la nuova edizione Pleiade della Recbcrcbe. Alla filologia oggi non si chiede soltanto la restituzione di un testo emendato da errori e disattenzioni (Tadié avverte che le differenze saranno lievissime e in ogni caso promette di non operare «ratauri alla Viollel-le-Duc»), ma l'annessione definitiva al corpus proustiano di tutto il materiale preparatorio e accessorio delle minute e delle varianti. 11 problema sarà caso mai di trovare un equilibrio tra l'esigenza di una conoscenza globale e quella dell'economicità e della leggibilità della presentazione. L'edizione Plèiade ha operato una selezione generosa, ma anche rigorosa, in modo che tutto l'apparato non superi le dimensioni di uno dei suoi quattro tomi. In un volume appena uscito nella «Biblioteca» Mondadori, L'età dei nomi, Daniela De Agostini, Maurizio Ferraris e Bernard Brun hanno invece isolato i frammenti che consentono di seguire le oscillazioni e l'evoluzione di alcuni nomi di luoghi e di personaggi per offrire un contributo alla comprensione di un punto nodale dell'estetica proustiana e insieme un assaggio delle potenzialità della critica genetica. * * Più che un ausilio esegetico però, ncll'avantesto — ma anche in quello che Genette chiama il paratesto: interviste, prospetti, titoli, prefazioni, dediche, epigrafi, e tutto quanto d'altro «contribuisce, attorno a un testo letterario, a farne un libro e a facilitarne la sua diffusione nella società» — si cerca il punto di giunzione di quel ccfchtd»-5 perfetto- che collegi l'ultima paginajdelJ^ trovato aHa prirrti»' di Swann, la sconfitta de! Tempo al recupero del passato, il protagonista Marcel alla figura anonima e immanente del Narratore. E' l'unico vero grande segreto che ancora ci nasconda la creazione proustiana e non ci resta altra speranza di scoprirlo: l'opera edita che segue il tortuoso apprendistato del protagonista fino alla sua salvezza finale salta proprio questo passaggio e ci presenta già risolti nella coerenza di un impianto narrativo gli errori e le contraddizioni di un'intera esistenza; e, alla data in cui tutti quegli ingredienti disparati e frammentari si sono di colpo organizzati in solida e fertile unità, in cui, come ha detto Barthcs, «la maionese ha legato e si è rappraa», la buona Celeste non era ancora lì a registrare l'curcka di Monsieur. Giovanni Bogliolo Marcel Proust visto da i/cvinc (Copyright N.Y. tuview of Boote. Opere Mundi e per l'Italia .La 8tampa-)

Luoghi citati: Colorno, Italia, Parma