Meno carni, più verdure di Bruno Pusterla

Meno carni, più verdure La riduzione dei redditi aiuta gli italiani a cambiar dieta Meno carni, più verdure Al posto della bistecca, pollo e formaggi - Nell'84 l'import di carne è sceso del 5%, e del 9% quello di cereali foraggeri (servono per nutrire gli animali) Tra breve, quando il governo presenterà la relazione sulla situazione economica del Paese, si dovrebbe avere con/erma del rallentamento della domanda di prodotti di origine zootecnica, carni bovine in particolare, latte e burro. E la Comunità Europea, valutando la domanda e l'offerta di prodotti agricoli nella Cee al 1990, prevede che la domanda di carni bovine continuerà ad essere influenzata dal rallentamento demografico e dalle variazioni della spesa della massaia correlata anche al prezzo al consumo che dovrebbe mantenersi più alto delle carni concorrenziali; la domanda pertanto dovrebbe rallentare. Qualcosa sta dunque cambiando nelle abitudini alimentari degli italiani; questa •e anc/>e la considerazione che emerge dall'esame del dati Istat relativi all'importexport dei produttori alimentari. Si restringono alcuni consumi tradizionali quali latte, carne e burro mentre paiono espandersi quelli ortofrutticoli. E' interessante verificare intanto come l'interscambio del settore alimentare ha caratterizzato il 1984. I dati consuntivi ci dicono che da gennaio a dicembre dello scorso anno il deficit dell'interscambio agro-alimentare è stato di 8967 miliardi di lire, pari a circa 250 miliardi in più in valore rispetto all'83 (3%), ma inferiore come quantità. Per le carni la diminuzione è del 5% (bovini — 7%, suini —2%); per caffè, the e cacao la diminuzione è del 7%; per gli olii e grassi è dell'11%; per il mais —6%; per il gruppo segale, orzo e avena, die con la meliga rappresentano i cereali foraggeri destinati prevaletemente alla produzione di carni e latte, la diminuzione è del 9%. Sono aumentati il pesce (+11%) ed i formaggi (+ 6%). La conferma si trova anche presso gli importatori, i grossisti, i gestori di depositi alimentari e commercianti. Al posto della carne tradizionale, si fa strada nelle scelte della massaia il pollame, il pro- sdutto ed il formaggio. C'è dunque, con un diminuito tasso di consumo, sintomo indubbio di crisi, anche la riscoperta del prodotto italiano e forse quindi l'inizio di un'inversione di tendenza verso la valorizzazione dei prodotti tipici italiani. L'andamento dell'importexport, secondo le principali arce di provenienza e di destinazione dei primi 9 mesi dell'84 sono, tutto sommato, confortanti. Il risultato positivo (elaborazione Cestaat su dati Ice) registrato complessivamente dal settore alimentare sul versante delle esportazioni (+10%) va ridimensionato se posto a confronto con l'andamento dell'export del sistema economico nel suo complesso (media + 17%). Bruno Pusterla