Il comizio del vescovo di Ezio Mauro

Il comizio del vescovo Perché la gerarchia cattolica ha ripreso il dialogo con i cittadini elettori Il comizio del vescovo La «svolta» si è fatta sentire dovunque, dalle diocesi del Sud ai convegni cattolici del Nord - Denuncia degli scandali, del clientelismo, dell'uso spregiudicato delle leve del potere - La strada è stata indicata in gennaio dalla Cei: nessuna delega in bianco, ma scelta di candidati che garantiscano coerenza con la morale cristiana ROMA — Silenziosa, perché nessuno l'ha proclamata dal pulpito, burocrati-ca, perché è stata annunciata dai documenti ufficiali di ogni conferenza episcopale regionale, prudente, perché i partiti e i loro leader non vengono quasi mai chiamati per nome, la .svolta» è arrivata dovunque, nelle diocesi del Sud e nei convegni cattolici del Nord. A Vittorio Veneto, un lettore che aveva confidato in una lettera a L'Adone di aver rifiutato un posto in lista per paura di .sporcarsi le mani, si è visto rispondere dal settimanale diocesano con un durissimo corsivo di condanna, -perché la politica non è mai una cosa sporca». A Torino, i dirigenti della de che avevano organizzato le elezioni «primarie, per la formazione delle liste comunali si sono trovati a sorpresa un dirigente della polisportiva salesiana al primo posto tra gli eletti a Barriera Milano, una volontaria della San Vincenzo votata più di tutti gli uomini di partito a Borgo Vittoria, una militante del Movimento cristiano lavoratori in testa a Barriera di Nizza. In Sardegna, gli amministratori del Campidano riuniti per un incontro con il vescovo di Ales hanno dovuto ascoltare un duro richiamo di monsignor Paolo Oibertini. che nessuno si aspettava: -E' tempo di riconciliare la politica con la morale. E' tempo di dire che certe vicende clientelali, di arricchimento illecito, ma anche di uso spregiudicato delle leve del potere, suonano scandalo-. Cos'è successo, nel chiuso delle case vescovili? Semplicemente, la gerarchia cattolica è ritornata a scoprire la politica, ed è ritornata a parlarne, a voce alta. Altro che Chiesa del silenzio. Nelle lunghe lettere pastorali del vescovi, nei documenti siglati dal timbro ufficiale delle conferenze episcopali regionali, nei convegni sparsi in giro per l'Italia a preparare il grande incontro cattolico di Loreto sulla «riconciliazione», la Chiesa parla di politica, ritorna a farsi sentire dai cittadini-elettori, mai come in questo 1985 dice quel che pensa del voto senza timore di mimetizzarsi, guardando in faccia la scadenza delle elezioni amministrative del 12 maggio. La strada maestra è quella fissata dalla Conferenza episcopale italiana. Fin dal 18 gennaio l'invito della Cei al cattolici era quello di andare alla scadenza elettorale «con responsabilità e partecipazione, sema deleghe In bianco-, scegliendo con il voto persone -rigorose-, con garanzia di -competenza e moralità-, -in coerenza con la fede e la morale cristiana-. Il 15 marzo, il Consiglio permanente aggiungeva un'indicazione specifica più direttamente politica: -Non tutte le scelte sono compatibili con la fede cristiana, né sono coerenti con i valori indispensabili per un giusto ordine sociale-. Calate in mezzo al 330 vescovi italiani, queste direttive sono diventate una parola d'ordine (.riscoprire la politica») che si è tradotta in almeno tre linee d'azione. La prima è quella della denuncia esplicita del mali «sociali» che tormentano la comunità in cui opera la Chiesa, una denuncia che in certe realtà diventa anche un'accusa di malgoverno. Dovunque, sulla falsariga della Cei, 1 vescovi denunciano la disoccupazione, la cassa integrazione, la violenza, la droga. Ma a Napoli, nel documento della conferenza episcopale campana, i vescovi chiamano in causa apertamente la camorra e subito dopo -quegli amministratori che tengono più al proprio tornaconto, lecito o illecito, che al bene pubblico, e per questo sono da coìnbattere-. E ad Ales, il testo conclusivo del convegno diocesano su «Cristiani e impegno politico» invita senza mezzi termini gli elettori cattolici a usare 11 voto -per spazzare via dalla scena politica t disonesti e gli incapaci, a qualunque schieramento appartengano-. Di qui nasce la seconda linea d'azione della Chiesa italiana davanti alla politica: una lotta aperta contro 11 disimpegno dei cattolici-elettori. •/ cristiani come uomini e come credenti non si devono sottrarre al loro dovere politico», fa eco il testo finale della conferenza episcopale lucana, non solo perché -sono tenuti a promuovere il bene delia società- ma anche perché -non possono lasciare che le sorti della convii>enza umana vengano decise da coloro che affermano valori in contrasto con l'insegnamento del Vangelo-. -E' ora di dire che i cattolici non possono es¬ sere coerenti con i loro principi se restano seduti a tavolino — spiega monsignor Piergluliano Tlddla, vescovo ausiliare di Cagliari —. Chi ha capacità di amministratore deve mettersi a disposizione. Chi non ne ha, può comunque fare il suo dovere di cristiano orientando le scelte degli altri su persone e liste che tendono ai principi cattolici. Ciascuno si guardi intorno, e veda un po'...-. E' cosi che si lega la seconda linea d'azione (non al disimpegno) con la terza: un impegno della Chiesa a sostegno, diretto o indiretto, di liste e di candidati. C'è questo ritorno indietro? «Non nego che ci siano tentazioni in questo senso — dice monsignor Clemente Riva, vescovo ausiliare di Roma —. Personalmente, credo che la strada giusta non sia quella di indicare un partito o un candidato, ma di dare indicazioni a favore dell'onestà, della competenza, della moralità. Essere buoni cristiani, in politica, è importante, ma non basta. Occorre anche professionalità, perché l'incompetenza è mancanza di dovere morale-. Tuttavia, qualche vescovo dà «indicazioni» più vincolanti di altri. -Il pluralismo è un valore, ma solo finché non diventa inconciliabile con il messaggio evangelico e con l'unità di fede e comunione essenziale all'interno della Chiesa-, dice monsignor Maccarl ad Ancona. -Bisogna discernere le varie ispirazioni ideologiche-, invitano i vescovi della Calabria. «/ laicisti, coadiuvati dai ìnarxisti, sono riusciti a scardinare quasi tutti i valori umani e cristiani-, lamenta monsignor Girolamo Orlilo, vescovo di Tarquinia e Civitavecchia. C'è anche il controcanto, come quello di monsignor Alfredo Garsla, vescovo di Caltanisetta, secondo il quale •la de non è più abilitata a monopolizzare l'impegno politico dei cattolici-, e come quello dell'arciprete di Licata, che ha rifiutato i quattro posti in lista che la de comunale metteva a sua completa disposizione. Ma in qualche modo, fra i vescovi italiani sembrano aver fatto breccia le parole che Karol Wojtyla pronunciò ad Assisi, nel marzo 1982: -La Chiesa deve saper contrapporre, in pratica, la sua presenza ai programmi che la vorrebbero eliminare, per renderla assente-. Ezio Mauro

Persone citate: Alfredo Garsla, Barriera, Clemente Riva, Girolamo Orlilo, Karol Wojtyla, Paolo Oibertini, Piergluliano Tlddla