Una sfinge rossa ad Atene di Aldo Rizzo

Una sfinge rossa ad Atene Ha mollato Karamanlis, attacca la Cee, non ama la Nato: a quale Grecia sta pensando Andreas Papandreu? Una sfinge rossa ad Atene lì premier, candidando a sorpresa per le presidenziali il giudice Sartzetakis, sembra voler spostare a sinistra il delicato equilibrio istituzionale del Paese - Ma rischia molto e l'indispensabile appoggio del partito comunista filosovietico potrebbe condizionarlo - Alle spalle, un itinerario politico tortuoso, fra pragmatismo anglosassone ed emotività mediterranea •Allaghi» (cambiamento) fu la parola magica con la quale Andreas Papandreu vinse le elezioni, 1118 ottobre 1981, rovesciando decenni di governo conservatore, e anche d'Intrighi e di colpi di Stato. Ma ora vecchi fantasmi ritornano sulla scena politica di Atene, nuove intemperanze minacciano di resuscitare quelle antiche. La democrazia greca non è certo in pericolo, almeno a quanto è dato vedere; tuttavia è vistosamente In crisi quel delicato equilibrio di poteri e persone', che aveva reso possibile la normalizzazione democratica. I poteri erano due, quello del capo del governo e quello del capo dello Stato. E anche le persone erano due: lo stesso Papandreu e Costantino Karamanlis. Se il primo aveva portato 11 vento del cambiamento, in un sistema che non aveva conosciuto al suo interno reali alternative, per ciò stesso facendone un sistema maturo, 11 secondo aveva fornito la copertura «moderata», cioè aveva garantito l'accettazione, da parte della destra, delle nuove «regole del gioco». Erano in fondo una strana coppia, Papan- dreu e Karamanlis, il socialista tendenzialmente radicale e il grande capo dei conservatori; ma, facendo ciascuno la sua parte, avevano fatto dimenticare che la Grecia era stata governata, per sette anni, dai colonnelli. Questo delicato e prezioso equilibrio è saltato la mattina di sabato 0 marzo, in un seminterrato di piazza della Costituzione, dov'era riunito 11 Comitato centrale del movimento socialista panellenico (Pasok), 11 partito di Papandreu. Cogliendo di sorpresa un po' tutti, in Grecia e fuori, il Pasok decideva di non votare per un secondo mandato presidenziale (5 anni) di Karamanlis e di candidare al suo posto il giudice della Corte suprema Christos Sartzetakis. Il giorno dopo, Karamanlis reagiva con le dimissioni immediate, lasciando le funzioni di capo dello Stato al presidente del Parlamento, Alevras. Naturalmente, la decisione del Pasok, in sé, era legittima. Lo stesso Karamanlis (78 anni) ha fatto sapere che nutriva «serie riserve- su una sua rielezione. Ma era stato 10 stesso Papandreu, oltre al leader di «Nea Demokratla», 11 vecchio partito di Karamanlis, a Insistere per un secondo mandato, giudicando ancora necessaria, per la più alta carica della Repubblica, una formula di unita nazionale. Secondo il corrispondente ad Atene del New York Times, Henry Kamm, ancora venerdì sera un emissario di Papandreu si era recato dal capo dello Stato per assicurargli l'appoggio del socialisti; però, uscendo dal palazzo presidenziale, era andato a trovare il giudice Sartzetakis. Questi è, a sua volta, una persona degnissima e anche famosa. E' l'Integerrimo magistrato che, nel 1963, indagò sino in fondo sull'assassinio del deputato di sinistra Lambrakls, nonostante intimidazioni e minacce; e il regista Costa Gravas ne fece poi l'eroe del più celebre dei suoi film sulla violenza politica («Z»). Ma, politicamente, il problema è un altro: perché la svolta Improvvisa di Papandreu, perché la rottura traumatica di quell'unita nazionale, che era copertura e controassicurazione del «cambiamento»? Le risposte possibili sono più d'una, il corrispondente àelVEconomist cita anche il gusto di Papandreu per i colpi di scena. Strano gusto per un uomo politico e per un intellettuale formatosi nel eli' ma «illuministico» delle più avanzate università america ne, da Harvard a Berkeley. Ma Papandreu è proprio questo, uno strano Impasto tra un progressista anglosassone e un uomo di potere mediterraneo, insieme raziocinante e passionale, astratto e emotivo. E lo dimostrò ai suoi esordi nella vita politica greca, quando capo del governo era un altro Papandreu (Gheorghios, suo padre), del quale non facilitò gli sforzi per impedire 11 braccio di ferro con la destra, poi risolto dal colpo di Stato militare. Questo accadeva vent'annl fa. Ultimamente, 11 suo aspetto pragmatico aveva avuto, nonostante tutto, la meglio su quello passionale o «ideologico». Aveva più volte minacciato di fare uscire la Grecia dalla Nato (nella scia di rancori nazionali o nazionalistici per l'indulgenza americana verso 1 colonnelli e più ancora verso l'invasione turca di Cipro), ma non l'aveva fatto e anzi aveva rinnovato l'accordo con gli Stati Uniti per le basi militari. Anche i suol rapporti con la Comunità europea (in questo caso per le difficoltà strutturali dell'economia greca, non alleviate da un'ambiziosa linea «espansiva», che aveva portato l'Inflazione al 25 per cento) erano e sono difficili, ma al di qua del limite di rottura. Sul plano Interno, aveva scontentato 1 comunisti filosovietici, sia correggendo la linea economica, sia proponendo una riforma elettorale a vantaggio dei due maggiori partiti (anche se non dispiacevano, certo, ai comunisti, la, sua critica a Solidarnosc, nella crisi polacca, e il sostanziale allineamento con l'Urss sugli euromissili). Se, dopo quasi quattro anni di governo a maggioranza assoluta socialista, però gestiti con l'indiretto, ma importante avallo di Karamanlis, e del suol molti amici in Occidente, Papandreu ha buttato tutto per aria, quali sono le vere ragioni? Qualcuno o qualcosa deve averlo convinto, tra venerdì 8 e sabato 9 marzo, che era giunto 11 momento di forzare 11 gioco. Secondo 11 New York Times, un dieci per cento del Pasok aveva mostrato insofferenza di fronte alla rielezione di Karamanlis. Più generalmente, come altri hanno osservato, Papandreu si è reso conto che il vento dell'.allaghi, rischiava di esaurirsi, tra ondeggiamenti e patteggiamenti. Credendo di dovere scegliere tra destra e sinistra, ha scelto la sinistra. Ora questo vuol dire che, con 1 suol dodici voti, 11 partito comunista filosovietico (ce n'è un altro, «eurocomunista», senza forza in Parlamento) é arbitro dell'elezione del capo dello Stato. I voti controllati dal Pasok sono 165 su 300; al terzo scrutinio, previsto per il 29, ne. occorreranno 180. Saranno quindi necessari anche alcuni degli undici voti degli «Indipendenti», 11 che rende tutt'altro che scontata l'elezione del giudice Sartzetakis. Comunque 1 voti comunisti saranno decisivi. Se Sartzetakis sarà eletto, Papandreu porterà avanti 11 progetto di una riforma co¬ stituzionale, che limiterà i poteri del capo dello Stato, che secando la Costituzione del 1975 non sono indifferenti (per esemplo può Indire referendum su temi cruciali e controversi). Cioè Papandreu punta a modificare, con l'appoggio dei comunisti, la «bilancia» del poteri In suo favore, per poi chiedere altri quattro anni di governo, nelle elezioni generali previste per ottobre. Questo comporterà un drammatico braccio di ferro con l'opposlzlonle moderata, che già conta 112 seggi nel Parlamento unicamerale, e che punta sulla delusione di quel. settori d'opinione che hanno votato per Papandreu senza sentirsi ideologicamente coinvolti. Se poi l'elezione del nuovo presidente dovesse fallire anche al terzo scrutinio, le elezioni generali verrebbero anticipate a maggio. In un clima, verosimilmente, ancora più aspro, da rissa politica. Sono questi 1 fantasmi della vecchia Grecia, che tornano ad aleggiare sull'Atene socialista di Papandreu. Polarizzazione, cioè scontro frontale, in un Paese che, undici anni fa, usci dalla dittatura principalmente per effetto di una sconfitta militare (a Cipro). Ruolo decisivo di una tor^a modesta, ma simbolica In senso estremistico, come il partito filosovietico. C'è addirittura chi teme U riaprirsi, In senso politico, della vecchia questione di chi e come aveva perso la guerra civile, quasi quarantanni fa, al tempi di Stalin, benché questo, fortunatamente, sembri eccessivo. Aldo Rizzo Il presidente dimissionario della Repubblica greca, Conslantin Karamanlis (a sinistra) e il premier socialista Andreas Papandreu. Hanno convissuto per cinque anni: ora Papandreu appoggia un altro candidato e già accarezza il progetto d'una riforma costituzionale per limitare i poteri del Capo di Stato