Donne nell'inferno di Leningrado

Donne nell'inferno di Leningrado RIGONI STERN: RITORNO IN URSS. QUARANTANNI DOPO Donne nell'inferno di Leningrado Incontro con protagonisti dell'assedio tedesco - Lo scrittore Pogodin aveva 16 anni, svenne nella neve, una donna lo salvò sulla sua slitta - Rimma, per vendicare il marito caduto e la bambina morta di fame e di paura, con altre spose costruì sul ghiaccio la ferrovia che portò viveri e munizioni - «Non possiamo dimenticare» - Nella casa di Dostoevskij - Camicie e canzoni italiane LENINGRADO — Anche a Leningrado le giornate sono dense di incontri e di desideri, e dopo i primi per soddisfare i secondi facciamo una tirata dalla prima colazione fino a cena, interrompendo la giornata con abbondanti bévute dì té?$e'jrdsP se meno freddo andrei volentieri a piedi, come è mia abitudine, per viali, piasse, ponti e giardini. Ma qui anche le ore di luce sono poche. Una mattina ho un incontro nella sede della Novosti con Radij Pogodin, scrittore lentngradese autore di racconti per tutti, anche se in particolare si rivolge a lettori giovani per raccontare le sue esperienze. Allora, nel 1941, aveva sedici anni ed era andato a passare l'estate in un villaggio presso parenti; quando in agosto tra il villaggio e la città si misero i reparti tedeschi, attraversò = la linea del fronte per ritornare a casa. I suoi abitavano nel quartieri operai di Vasiljevski) Ostrov (ricordate Delitto e castigo?/- ma suo padre era andato soldato chissà dove, sua madre non c'era più. Lo misero a lavorare in. Un'officina a 'riparare aùìò^' carri, con duecento] oraijimì.j di pane al giqrno einient'àl-' tro. L'assalto Le armate tedesche del generale Ritter von Leeb alla metà di agosto assaltarono Leningrado. La decisione presa da Hitler era .di splanare la citta, di renderla inabitabile e di liberarci della necessità di dover nutrire la popolazione durante l'inverno-. Ma gli abitanti erano per la difesa a oltranza e mezzo milione di cittadini dì ogni età, e donne, e ragazze lavorarono giorno 'e notte a scavare centinaia di chilometri di difese anticarro, migliaia di casematte, trincee, muri di terra, abbattute di alberi, linee di reticolali. Le armate tedesche si fermarono e i loro comandi stabilirono allora di «bloccare ermeticamente Leningrado, quindi indebolirla con il terrore e con ■ la fame. In primavera oceuperei)io la città, manderemo prigionieri 1 sopravvissuti e la raderemo al suolo con l'esplosivo-. / generali delle armate tedesche sapevano certo di scienza militare ma non avevano letto Guerra e pace e, meno ancora, fEvgenij Onegin per capire nel personaggio di Tatiana lo spirito del popolo russo. E cosi il cinque di settembre ripresero l'offensiva per «eliminare 11 problema-, il giorno 10 la V Panzer raggiunse le alture di Dudergov: «Davanti alle truppe vittoriose, a soli dodici chilometri, stava la città di Leningrado; bagnata dal sole, con le cupole dorate e le torri, il porto, mentre le navi da guerra che si trovavano alla fonda cercavano con le loro artiglierie pesanti di impedirci la conquista delle alture». Ebbe inizio il più lungo assedio della storia. Radij Pogodin, un ragazzo come migliaia d'altri, andava a lavorare ogni mattina; da casa sua attraversava la Neva: dicembre, gennaio, febbraio; con il freddo a meno quaranta, e non c'era riscaldamento, o magari si bruciavano i mobili, ina non gli alberi dei giardini e dei parchi. Duecentocinquanta grammi di pane al giorno, pot trecentocinquanta per chi lavorava; a marzo venne aggiunta un po' di kascla condita con la colla da falegname o con l'olio di lino dei pittori Un giorno di marzo Radij sviene sul Ponte Strojtelej, una donna che passava portando sulla slitta la figlia morta lo raccoglie e lo trascina fino alla Stazione di Finlandia. Su un autocarro, sempre si<enuto, attraverso il Lago Ladoga e si ritrova negli Urali; dopo sei mesi viene arruolato e a diciassette anni è sul fronte di Voronezh. viene ferito tre ro/fo. in Germania, nel maggio del 1945, con altri compagni da una baracca che sta bruciando riesce a satiare i quadri della raccolta del castello Sans-Soucl, nei pressi di Potsdam. Anche la storia di Rimma Mickhatlovna Smirnoi'a è da raccontare. Quando i tedeschi pongono l'assedio, lei ha una bambina di pochi mesi; ti marito, marinaio, è morto nei primi combattimenti. La nonna ha cura della bambina, lei lavora in una fabbrica di munizioni ma di notte deve collaborare a spegnere gli incendi provocati dalle bombe incendiarie. Nel dicembre la bambina muore di fame e di paura, allora, per vendicare marito e figlia, Rimma si arruola nell'esercito, lavora con un battaglione del genio per costruire e poi proteggere la • Doroga zisni«. Strada della vita, sopra il ghiaccio del Ladoga. Il 7 febbraio 1943 il primo treno dalle sponde del Ladoga e da un ponte sulla Neva arriva in città e incominciano ad arrivare con una certa abbondanza viveri, medicinali e munizioni. «Allora la vita è ripresa., mi dice, e mi fa vedere alcune sbiadite fotografie di lei e di altre come lei e di soldati che nella tormenta e in un deserto di neve lavorano con il mitra a tracolla a piantare pali nel ghiaccio, a spianare cumuli di neve, a posare traversine e rotaie. Fino al febbraio del 1944 durò l'assedio di una delle più belle città della terra, che la follia voleva distruggere e riportare allo stato di palude, come era fino al 1702 quando Pietro il Grande decise di chiamare gli architetti italiani per costruirla. Quasi due giorni li passiamo all'Ermitage e se non fosse per l capogiri che mi provoca il mirare tanti capolavori ci passerei settimane. Andiamo anche alla casamuseo di Dostoevskij dove la penombra, gli oggetti e l documenti sono custoditi in grande silenzio da quattro anziane donne con il fazzoletto annodato sotto il mento. Era proprio in questo giorno di febbraio del 1881 che ■ lui morì, e quando credo di essere rimasto solo a guardare il tavolo dove un genio aveva creato tante grandi opere, una di queste vecchinc minuta e quieta si avvicina e mi sorride. Per bontà e non per sospetto mi accompagna dall'una all'altra stanza dell'appartamento e la sua devozione a questa casa mi ripaga, di, qualche manchevolezza dovuta all'Infurisi (anche se un i>ecchio proverbio russo dice che «Nei monastero altrui non si porta la propria regola./ Quando esco dalla casa di Dostoevskij sento il desiderio di camminare per la Nevskij Prospekt, la principale via di Leningrado. Tanta gente cammina con me lungo i palazzi; macchine speciali raccolgono la neve sporca di sabbia antisdrucciolo; uomini e donne addette alla pulizia dei marciapiedi spaccano il ghiaccio con una vanga quadrata e poi lo scopano in mucchiper la macchina raccoglitrice; davanti a una venditrice di gelali c'è una fila di gente ben imbacuccata; una fila più lunga davanti a un botteghino di teatro. Le vetrine non sono smaglianti di luci e di prodotti, ma l negozi sono ben forniti di ogni cosa. Juri mi dice che ora le code nei negozi si fanno quando arriva in vendita merce italiana: scarpe, cravatte, camicie alla moda. Da un profumato negozio, che nelle scansie mette in mostra diversi tipi e l'arie forme di pane, mi viene da ricordare l'episodio che Rimino Mickhailovna mi aveva raccontato e di cui lei era stata testimone. Per il pane Era la fine del novembre 1941 e da ore molte donne erano in attesa davanti al forno del pane; quando una ragazza edematica e pallida incomincia la distribuzione, un uomo anziano e violento scosta la ragazza, afferra i pani e li getta ivrso le donne gridando: «Prendete! Mangiate I A che serve fare la fila? Tanto, siamo già morti.. Le donne sul principio stanno ferme, pot alcune afferrano il pazzo e lo tengono; le altre raccolgono il pane e 10 posano sul bancone; dei soldati arrivano e portano Via l'uomo, le donne si rimettono in fila e la ragazza riprende la distribuzione. Più avanti, sulla stessa via Nevskij, dopo la gelataia con 11 banco sul marciapiede e dopo il negozio del pane, su un palazzo, ad altezza degli occhi, c'è una vecchia scritta a vernice fatta con gli stampi; sotto la scritta mi aveva incuriosito un piccolo ripiano di marmo con sopra posati tre garofani freschi. La scritta così umile e venerala risale al tempo dell'assedio e. semplicemente, invita i cittadini a camminare dall'altro lato della strada perché qui si era sotto il tiro dei cannoni tedeschi. Su ogni chilometro quadrato della città erano caduti 816 ordigni esplosivi e incendiari che in tutto avevano distrutto cinque milioni di metri quadri abitativi; ma più che i bombardamenti da terra e dal cielo erano stati la fame, la grande fame, e il freddo di quei due lunghissimi inverni a fare oltre un milione di morti A ballare «Non vogliamo vendetta, ma non possiamo dimenticare le nostre sofferenze-, mi dice un vecchio incontrato al cimitero memoriale di Piskarevo. dove sotto una coltre di neve immacolata, in tre grandi aiuole, sono sepolte quattrocentosettantamila vittime dell'assedio. Lì. in quel silenzio diafano, pareva che la Patetica di Ciaikovsklj non venisse dagli altoparlanti opportunamente mascherati ma dalle betulle che erano intorno, e dal cielo sereno che pure lasciava cadere leggerissime faville bianche. Ogni sera, nel grande e mo¬ derno albergo sulla riva del mare ghiacciato ci sono cene e balli. Forse i suonatori sono troppo rumorosi e i finlandesi, e anche i russi, bevono troppa ttodfca; ci sono anche del greci e il loro carattere mediterraneo contrasta decisamente con la tristezza dei nordici. Tutti ballano interrompendo la cena e, ogni tanto, sento persino cantare in italiano. Juri mi spiega che sono canzoni di Robertino e dei Ricchi e Poveri e sorride alla mia ignoranza, difatti queste canzoni le cantano anclte i ballerini clic sembrano molto divertiti Ma alle undici e trenta i suonatori ripongono i loro strumenti e le luci si spengono Questi giorni di Leningrado passano molto in fretta, vorrei vedere tante cose, andare in tanti luoghi e. quando viene la notte, dalla finestra della camera guardo il Golfo di Finlandia, mare immobile, deserto, appena rischiarato dal primo quarto di luna. A una certora della notte un uomo solitario e un cane passeggiano sul ghiaccio, oltre la riva. Mario Rigoni Stern U'iiingrado. la gelataia della Nevskij Prospekt, a venti gradi sotto/oro (fotogr ulore)

Persone citate: Dostoevskij, Hitler, Leeb, Mario Rigoni Stern, Neva, Rigoni Stern, Ritter