Le opinioni del sabato di A. Galante Garrone
Il Papa e la scuola le opinioni wmmmmmmtJLmmmmmm tfe/ sabatof Il Papa e la scuola A. GALANTE GARRONE Il pontefice negli ultimi giorni ha detto che lo Stato deve finanziare le scuole private cattoliche, in modo che chi sceglie questi istituti non debba «sopportare ulteriori aggravi economici»; con ciò rincalzando una recente proposta di legge della de. Forse Giovanni Paolo li non sa che, per l'art. 33 della nostra Costituzione, «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato»; ma i democristiani ben lo sanno, o dovrebbero saperlo. lìd è un ostacolo serio. Quell'emendamento — «senza oneri per lo Stato» —, proposto alla Costituente dall'on. Corbino e da altri, sollevò allora una vivacissima discussione. Si trattava di un assoluto divieto di sovvenzioni dello Stato alle scuole private, oppure della sola inesistenza di un diritto costituzionale di queste scuole a pretendere un aiuto statale? Alcuni degli stessi proponenti ne dettero una interpretazione più clastica; mentre tra i più risoluti oppositori l'on. Gronchi vi scorse, deplorandola, la «preclusione per via costituzionale di ogni possibilità» di aiuto alle scuole private. Quali che fossero le convinzioni c intenzioni, riposte o esplicite, dei Costituenti, a noi sembra che il testo della Costituzione parli chiaro. Senza vuol dire senza. lì oneri per lo Stato sarebbero non solo i finanziamenti, ma anche gli esoneri fiscali e tutte quelle agevolazioni che comportassero un aggravio del bilancio statale. lì su questa conclusione si è attcstata ormai la più autorevole dottrina (Mortati). Ne varrebbe addurre in contrario la recente campagna in Francia per il finanziamento del¬ le scuole private, perche là non esiste, come da noi, l'ostacolo di una legge costituzionale. Sicché la prima obiezione da sollevare — secondo noi — e che qui occorrerebbe preventivamente modificare la Costituzione. Ma se anche questo ostacolo fosse superabile (come a qualcuno e parso, ricorrendo magari a distinzioni cavillose), la nostra contrarietà a una siffatta innovazione non verrebbe meno. Né si dica, come e stato detto, che la nostra è «faziosità di laici». No, on. De Mita; noi pensiamo soltanto che dalla Costituzione emerga il principio della doverosa centralità dello Stato repubblicano per tutto ciò che attiene al problema dell'istruzione. La scuola deve essere aperta non solo a tutti (art. 34), ma a tutte le idee c le fedi, vagliate e dibattute, in un libero confronto, senza preclusioni, o conformismi. Lo Stato non può abdicare alla sua funzione di dare la migliore scuola possibile a tutti i cittadini, fermo sempre il diritto di enti o privati di fare concorrenza alle scuole statali. Questo e il nostro laicismo: non l'imposizione alla scuola di un credo laico, ma la convivenza in essa di ogni fede. Un «laicismo» non diverso da ciucilo propugnato da padre Nazareno Fabbrctti sulle colonne di Stampa Sera, quando auspicava il confluire nella scuola di tutti — priva di «etichette confessionali o ideologiche», e «depurala da ogni tentazione ed inquinamento integrista" — di tutte le correnti di pensiero, per una «pacifica e creativa sfida». F. proprio per i mali che affliggono la scuola pubblica, dovremmo sentire che il rimedio non è mai nella fuga dallo Stato, ma nel suo rinvigorimento.
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