Dorelli bigamo all'inglese
Porcili bigamo all'inglese Porcili bigamo all'inglese La commedia si replica da due anni a Londra - Il protagonista diviso fra Martine Brochard e Paola Quattrini TORINO — Arriva anche a Torino, dopo mesi di 'tutto esaurito- al Sistina di Roma e al Nuovo di Milano, Taxi a ' due piazze di Ray Cooney (in inglese, letteralmente, Corri per tua moglie!;, che da due anni si replica ininterrottamente a Londra. La traduzione e l'adattamento dell'edizione italiana sono di quella professionista d'ingegno che è loia Fiastri, la regìa è del -maestro- Oarinei, il protagonista è Johnny Dorelli. Il taxista romano Mario Rossi è da anni soavemente bigamo. Sposato con litaliana Carla (residenza: piazza Risorgimento), ha ceduto al tutto parigino fascino d'una cliente, Barbara, acconsentendo a contrarre regolari nozze con lei (seconda residenza: piazza Irnerio). I taxisti, si sa, fanno tra giorno e notte vari turni di lavoro: e ciò facilita al nostro simpatico personaggio (tra le due case, quattro minuti e mezzo d'auto) il pacifico disbrigo dei propri diritti-doveri coniugali. Ma un banale incidente di percorso (la borsata in testa d'una vecchierella in preda a teppisti, inopportunamente soccorsa) mette improvvisamente in crisi il rodato ma fragile ingranaggio. C'è un amico-coinquilino che occorre ragguagliare sullinconsueta convivenza (e lui, volonteroso, per proteggervi, ne combina di cotte e crude); ci sono due brigadieri di quartiere, ficcanaso l'uno e filantropo l'altro; e ci sono, so¬ prattutto, da tenere a bada, senza che riescano a intuire nulla, le due esigenti consorti, alternandosi, sempre più spossato, tra le mura domestiche dell'una e dell'altra. Taxi a due piazze è una commedia degli equivoci nel solco della più schietta tradizione inglese (persino il vec¬ chio Willie Shakespeare ne scrisse una con questo titolo). Il genere letterario cui appartiene sta in perfetto equilibrio tra lo sport veemente del country-cross e l'arte del più riposato puzzle. L'autore deve saper concatenare luna all'altra le bugie del suo protagonista in un dosato crescendo di verisimiglianza e di humour, offrendo allo spettatore la sensazione (lievemente sadica) che il malcapitato sia come l'insetto pronto ad esser risucchiato nel gorgo o il pesce infarinato ad un passo dalla padella: senza die il pericolo si verifichi mal, anzi mandandolo in¬ fine assolto dall'acqua e dal fuoco. Ray Cooney è un abile cuciniere, un benigno orditore di flebili supplizi: e Oarinei è un regista di rigido tempismo, eppur di fantasia sbrigliata nell'escogltare trovate, gestuali e corporali, intrise di un pizzico di surrealismo. Il tempismo della battuta, dell'occhiata, della smorfia è il presupposto primo della -presa- di uno spettacolo come questo: se non lo si rispetta al decimo di secondo, lo spettatore non ride, e ne ha pieno diritto. Ma poi, a contrasto, ci vuole briglia sciolta nei gustosi mascheramenti, nelle smaccate parodie (cosa diranno gli omosessuali militanti stavolta?), nelle goliardiche entrate e uscite. Non prendete tutto questo per sottoteatro: è di serie A, anche se di puro intrattenimento. Dorelli è un signor attore per la stordita naturalezza con cui avvia il suo Mario sul pendio della simulazione, e per il tragicomico terrore con cui poi s'avviluppa nella sue spire. Le due mogli. Quattrini e Brochard, modulano con garbo, isteria e tenerezza d'ogni -metà- che viva ai nostri giorni. Ma c'è poi un trio di caratteristi d'una padronanza assoluta della scena, tre centrocampisti da Nazionale, che danno un apporto risolutivo allo spettacolo: e sono i signori Ucci, Garrone e Bonagura. Risate senza sosta, per due ore, continui applausi. Guido Davico Bonino
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