Com'è triste adesso piazza Vittorio

Com'è triste adesso piazza Vittorio M* _ - ■ —— . . .. —— Il degrado e l'abbandono avviliscono la più bella scenografia neoclassica di Torino Com'è triste adesso piazza Vittorio M* _ - ■ —— . . .. —— - * Se ■-. " ■ Bocciate le proposte degli Anni 70 (prato e panchine) s'è fatto poco per ridarle dignità - Due artisti la vogliono vuota, ma con le facciate ridipinte - Un architetto: «Ridisegniamo i parcheggi e salviamo la pavimentazione» Qualcuno osserva che ha un equilibrio architettonico talmente perfetto che -anche un solo birillo posto nel centro lo turberebbe-. Altri la giudica «la più bella scenografia di Torino-, arricchita da un fondale che è tipico esemplo del Neoclassicismo piemontese: piazza Vittorio Veneto, 34.850 metti quadrati all'imbocco di via Po. Ciclicamente la città s'interroga sulla vocazione di questo 'immenso vuoto- avvilito da un degrado di edifici e d'ambiente. E, ciclicamente, si rinnovano le proposte: a partire dal 1860 quando 11 giardiniere capo del Bois de Boulogne progettò di impiantarvi aiuole, per finire con le polemiche suscitate, a metà degli Anni 70, dall'ipotesi di trasformarla in giardino con prato all'Inglese e panchine. Accantonate queste Idee che, secondo 1 più, -avrebbero snaturato l'unità urbanistica della piazza-, il problema rimane: come riportarla a dignità? Quali Interventi realizzare? Il pittore Enrico Pauluccl, che in uno di questi antichi palazzi ha lo studio, osserva che la piazza deve conservare l'uso antico: -Sfogo alle manifestazioni di massa: un tempo erano parate militari, oggi, cortei o altre concentrazioni di folla. Una città ha bisogno di aree di questo tipo-. E 1 parcheggi, professore? -Troppo grandi. Non sarebbe male ridurli, ma, per carità, non parliamo di verde e di fiori. Il bello della piazza è proprio il gran vuoto austero-. Regala un ricordo personale: -Quanto tempo è passato da quando, con Carlo Levi, attraversavamo in diagonale, in auto, piazza Vittorio semideserta. Non c'erano, allora, neppure quelle 'isole" sopraelevate. Piuttosto, adesso, oc¬ corre pensare seriamente al colore del palazzi, evitando che vengano usati materiali scadenti-, i II colore degli edifici è cruccio di un altro artista che confessa d'amare Torino anche perché, dal suo attico su questa piazza -fuori del tempo-, abbraccia -le Alpi, la Mole, il Po e la collina-: Romano Oazzera. -Che peccato, però, queste tinte ignobili, stonate — aggiunge —.Mi piacerebbe che si prendesse a modello piazza Massaia a Nizza, tutta rosa con gli infissi verdi incorniciati d'ocra. Là c'è un affetto rispettoso per la decorazione che è ancora regolata da un'ordinanza dal governo piemontese emanata quando ancora la Costa Azzurra, sino al Var, era nostra-. Anche l'arch. Piero Derossl, autore del progetto per il Centro Moro e 11 Museo Accorsi di via Po, ha lo studio che dà su piazza Vittorio: -E quante volte mi è venuto in mente di portarmi il tecnlgra- fo sul balcone e ridisegnare quello che vedevo-. Derossi traccia in breve la Storta urbanistico-sociale della piazza. Espansione per residenze borghesi e servizi commerciali e artigianali al suo nascere, con gli Anni 60 ha avuto un'accentuazione di insediamenti di cittadini a basso reddito, mentre i grandi appartamenti ai plani nobili si sono trasformati In pensioni o scuole professio* nall e nel cortili si sono incrementate le attività artigiana 11 o piccolo industriali: in al tre parole, un positivo intreccio di misture urbana. -Agli inizi degli Anni 70 piazza Vit torio è stata riscoperta: primi segni della sua trasformazione, la ristrutturazione e la tinteggiatura di alcuni edifici e la spinta ancora più forte del terziario. Quest'ultimo fenomeno ha in sé un rischio, l'espulsione dei piccoli com merci, dei residenti meno abbienti e degli artigiani. Il che significherebbe morte definitiva della piazza-. Per quanto riguarda la progettazione del -catino- e li suo possibile ritorno dal degrado fisico e ambientale, l'arch. Derossl individua tre nodi fondamentali: -Il primo è quello del parcheggi: sarebbero da ridurre e, prima ancora, da definire chiaramente con progetti specifici. La città deve saper convivere con l'auto e, quindi, imparare a disegnare "le case delle macchine" non limitandosi a vedere questi spazi come spazi di risulta inevitabilmente bru/lti-. Il secondo problema; riguarda la possibile vocazione del -vuoto-: -Si può, credo, pensare ad un'àrchiikttvra del verde. Non, certo, giardini romantici o all'inglese, ma un verde rigoroso e rarefatto in aree ben delimitate. Almeno dalla parte del fiume-. Ultimo, dolente tema: la pavimentazione. E', come del resto In tante altre zone della città, una ragnatela di crepe, di buchi, di squarci. Al di sotto dell'asfalto tarlato, affiora un pavimento di porfido che, come osserva Derossl, -certo dà suggerimenti-. La città ha voglia d'incominciare a raccoglierli? Renato Rizzo Asfalto a pezzi, cubi di porfido smossi, buche di ogni dimensione: il fondo stradale di piazza Vittorio Veneto è un disastro

Persone citate: Bois, Carlo Levi, Derossi, Piero Derossl, Renato Rizzo, Romano Oazzera

Luoghi citati: Nizza, Torino