Calamità: non tutte vengono dal cielo
Calamità: non tutte vengono dal cielo Calamità: non tutte vengono dal cielo Quest'annata è partita nel modo peggiore. Un gelo come non si vedeva da mezzo secolo ha fatto danni per centinaia di miliardi. Poi da Bruxelles è arrivato il resto: nessun aumento dei prezzi, anzi va bene se non ci sarà un ribasso. La scorsa settimana, poi, le decisioni sul vino: estirpazione dei vigneti, distillazione obbligatoria anche dove non ci .sono eccedenze, e via di questo passo. Agricoltori, allegria! Anche perché alle spalle ci siamo lasciati un'altra annata niente male, sempre parlando di record negativi e di cattive notizie; un'annata che si c chiusa con un calo della produzione lorda vendibi]e di quasi il due per cento. Ciò ha significato uno scarto di almeno 1500 miliardi sottratti all'agricoltura dalla differenza tra l'aumento dei prezzi pagati per i mezzi tecnici (più 9 per cento) e il rincaro dei prodotti venduti (più 6 per cento). Su questo trend negativo, come abbiamo visto, si inseriscono le preoccupanti notizie dalla Cce. Alle penalizzazioni decise l'anno scorso per il latte e il vino, si aggiungono ora le proposte per bloccare, se non addirittura ribassare, i prezzi agricoli. A questa vera e propria mortificazione del reddito delle imprese agricole, si aggiunge la gabbia delle quote di produzione, che sono inaccettabili, per almeno due motivi: apparentemente colpiscono tutti, ma invece condannano alla perenne dipendenza i Paesi che hanno un basso approvviggionamento in settori strategici, come la zootecnia per l'Italia; condannano a! sottosviluppo le regioni più arretrale dell'Europa (come il nostro Questo quadro così fosco ha una degna cornice: l'incapacità della nostra burocrazia di utilizzare stanziamenti della Cce. Lo ha messo bene in evidenza un seminario organizzato a Milano dal Centro studi superiori di ricerca e specializzazione. Alla fine del 1983 l'Italia aveva accumulato residui passivi (come si dice in gergo tecnico) per duemila miliardi di lire. Che cosa vuol dire? Vuol dire che lo Stato italiano (grazie anche alle Regioni) si è dimostrato incapace di incassare quattrini deliberati dalla Cec. Sembra impossibile, ma è cosi. Succede che somme stanziate, predisposte in sede comunitaria, non possano poi essere materialmente erogate o per problemi di tipo burocratico (pratiche incomplete, redatte in modo non corretto, o non presentate del tutto) o per motivi finanziari, come la non tempestiva predisposizione delle quote nazionali che, in base al principio della corresponsabilità, devono accompagnare i finanziamenti comunitari. A Bruxelles ormai ci conoscono. E su di noi circola una battuta tanto sferzante quanto vera: i»Diciamo pure di sì agli italiani, tanto poi non riusciranno a portarsi via i soldi". Per attenuare la vergogna di questa situazione, prendiamo a prestito una considerazione fatta dal prof. Carlo Secchi dell'Università Bocconi di Milano: qualche colpa ce l'hanno anche le istituzioni comunitarie, perché, nel predisporre le loro procedure, dovrebbero tener conto della nostra burocrazia bizantina. Non siamo mica la Germania o la Francia, quindi come fa la Cec a pretendere da noi un'efficienza che non abbiamo? E' anche questa una considerazione amara, ma secondo Secchi, l'Europa Verde dovrebbe tener maggiormente conto della difforme realtà burocratica che esiste nei vari Paesi. Insomma, se Pierino è un asino e non sa l'italiano, come si può insegnargli il latino? Livio Burato
Persone citate: Carlo Secchi, Livio Burato
Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Francia, Germania, Italia, Milano
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