Francisca nel Portogallo dandy e morboso di Stefano Reggiani

Francisco nel Portogallo dandy e morboso PRIME FILM: L'intensa ofrera di de Oliveira con Teresa Menezes e «Beverly Hills Cop» Francisco nel Portogallo dandy e morboso FRANCISCA''di' Manuel de ' Oiivelra con Teresa Meiiezes, Diego Dorla, Mario Barroso. Produzione portoghese a colori. Drammatico. Da vedere. Cinema King Kong di Torino. Come una scommessa, ma benvenuta. Francisca ha consacrato la fama del maggior regista portoghese, è un'opera già consegnata alle storie del cinema, però deve far la fila davanti alla porta dove premono i film cosiddetti difficili per completare almeno il giro delle uscite nazionali. Sia di parziale consolazione che anche in patria de Oliveira è più rispettato che amato. Calatevi in Francisca con la circospezione di un affettuoso esploratore, prima di abituarvi al cammino dovrete vincere alcune piccole asperità. Ma poi, asperità? Semplicemente, abbandono ad uno sguardo inconsueto, ad un personalissimo contrappunto tra scena e parola. De Oliveira ha lo stile lungo, sequenze di dialoghi e pensieri fermate tn un'inquadratura, personaggi che espongono se stessi col tono estraniato di chi dissimula per decoro ed eleganza le passioni, romantici ma orgogliosi, gelosi ma mondani. E intorno una storia abbastanza terribile, una donna che muore pura e calunniata, il suo cuore messo in un vaso, un marito che s'uccide con l'oppio, l'amico calunniatore che resta a sospirare malinconicamente, oppresso dai rimorsi ma incapace di essere diverso, di mutare maschera. Come pare lontano il Portogallo dell'Ottocento, il piccolo Paese colonialista che sente il tramonto dell'impero, gli jlnfi' fellettuali che reagiscono dlfts'l frustrazioni con l'esibizione ' di imperturbabilità e di superiorità che in tutta Europa si chiamò dandismo. Eppure il «dandy» di Francisca si rivela un modello, proprio la lontananza e l'isolamento dalle nostre abitudini riscattano gli eroi di de Oliveira da ogni sospetto di manierismo: le passioni nascoste alludono a tutti i sentimenti che respingiamo per paura, la storia d'amore impossibile e insano dei due protagonisti per Francisca allude alla nostra incapacità di procurare il bene anche amando. Tutto naturalmente è giustificato dallo stile, mirabile esempio di dandismo di secondo grado, tra nostalgta e sarcasmo (ricordatevi che la sfida dura 160 minuti). De Oliveira ha attinto al romanzo Fanny Owen di Agustina Bessa Luis che ricostruisce un quadro dell'Ottocento portoghese in cui si muove lo scrittore Camilo Coitelo Branco (I826/IS90) gran tipo di ossesso romantico strenuamente amato dal regista. Quando José Augusto, amico di Castelo, s'innamora di Francisca, poetessa e figlia di un colonnello inglese, lo scrittore, morso dalla gelosia e dalla sua voglia di rappresentare i sentimenti, cerca di guastare l'avventura che sta volgendo al matrimonio, dopo regolare rapimento. Il provocatore rivela la corrispondenza di Francisca con un uomo, un rapporto innocente, ma tale da insinuare il dubbio nell'innamorato esigente. Le nozze si faranno, perché l'onore lo esige, ma saranno nozze per procura, anzi nozze bianche. Si tormenta e sì danna Francisca: possibile che l'apparenza sia più forte dell'amore? Ma non si è intellettuali per niente, Francisca morirà pura, consumata dalla malattia, e solo l'autopsia renderà giustizia alla sua verginità. Cavalcate, dialoghi estenuati, incontri d'amore rimandati, alcol e droga, il peso dei tempi, un culto declamato per Byron e per le grandi passioni: l'anticonformista dell'Ottocento poteva giocare con i pregiudizi, mettendo in conto di restarne prigioniero. Oggi de Oliveira può allestire il gran teatro dell'errore con un respiro più profondo, come una sacra rappresentazione un po' misteriosa, un po' truce. Una storia incredibile da romanzo popolare segnata dalla presunzione intellettuale di dominare i fatti. Falso ieri come oggi,- ed è curioso che ci sia in giro una certa riscoperta dei sentimenti come vizi solitari, la voglia (subdola) di una moda culturale, di un dandismo rivisitato. Ma de Oliveira non Ita nessuna colpa, in Francisca la ferma imperturbabilità dello stile è anche un modo per rendere la pietà più evidente, meno retorica. (Diteci com'è andata la sfida). BEVERLY HILLS COP. UN PIEDIPIATTI A BEVERLY HILLS di Martin Brest con Eddie Murphy. Musica di Harold Faltermeyer. Produzione americana a colori. Poliziesco con risata. Cinema Olimpia di Torino. Cinema EmJÀS&Le Capranl- «idl1toma.r S^^SSM l p !; ■ In testa a tutti .gli incassi americani, film della stagione, film dell'arino: si assiste a Beverly Hills Cop col sospetto e col fastidio di chi deve sciogliere un fenomeno e spiegarne i significati. Invece, dòpo un quarta d'ora di proiezióne, tutto si fa chiaro', ci si sta semplicemente divertendo. Il fatto è che il pubblico grandissimo, il pubblico che spinge un film in cima alla classifica si. riunisce idealmente una volta l'anno, come ricordava garbatamente da New York Furio Colombo, anticipando al nostri lettori il clamoroso fenomeno. Questa volta la riunione c'è stata per Eddie Murphy. Il singolare carisma di Murphy, il suo potere sugli spettatori americani sembra consistere nell'intelligente faccia da schiaffi, irriguardosa ma non aggressiva. Murphy è un attore nero che prende in giro anche le ombre razziali, fa il verso al buon negro e prende ' a calci il cattivo bianco, sta a' suo agio nel mondo, si trova bene addirittura in America, a Detroit. Insomma, è possibile credere che con Murphy un accomodamento si trovi sempre, perché è un nero postmoderno e soprattutto sa ridere. La piacevolezza di Beverly Hills Cop sta nell'unione ben dosata di giallo e di comico. Per noi ben dosato vuol dire die la suspense del poliziesco non è mai intaccata o messa in ridicolo, via che ti protagonista si concede qualche impertinenza umoristica, il lusso di sorridere. Stai dentro una fera inchiesta con un eroe allegro: puoi desiderare 'dì JiHiconte spettatore? Certo, Ta tràma'è molto liscio, da rapido fumetto, da giallo in treno; ma complicarla sarebbe stato dannoso per il buon carattere del protagonista. Nella dura Detroit Eddie Murphy fa il poliziotto cercando di divertirsi (capite svio da questo che uomo sia); ma non ha fatto i conti con due sicari venuti dalla California con lincarico di ammazzare il suo miglior amico. Gli dice il capo: .Facciamo noi le indagini su questo caso, scordatene.. Lui parte infatti in vacanza per Beverly Hills e comincia le indagini per suo conto. C'è un ricco collezionista d'arte che riceve molte spedizioni dall'estero: tutti quadri? Basta buttare uno sguardo nel magazzino, sottratto a ogni controllo doganale, per scoprire certi sacchettini di roba bianca nascosti nella polvere di caffè. Da questo punto in avanti il poliziotto Eddie Murphy, che nel film si chiama Alex Foley, potrà condurre la sua battaglia con tre obiettivi: 1) provare che il mercante d'arte è il mandante dell'omicidio del suo amico; 2) liberare una sua cara amica rapita dal boss; 3) convincere i poliziotti di Beverly Hills che le bugie fanno bene alla giustizia o almeno a loro, cosiddetti piedipiatti. Il terzo punto gli procura le maggiori soddisfazioni. Eddie Murphy è nella sua forma abituale (santo cielo, quella risatina nel doppiaggio: sembra Amadeus/ ma vi raccomandiamo i caratteristi della polizia di Beverly Hills, bravi e impagabili piedipiatti al servizio di un'idea, quando c'è. Stefano Reggiani i' l ICddie Murphy. un attore nero che si fa gioco delle ombre razziali

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