La guerra ha partorito uomini soli

La guerra ha partorito uomini soli USA, DOPO DIECI ANNI TORNANO I FANTASMI DEL VIETNAM La guerra ha partorito uomini soli «Tracers», la sconvolgente pagina di teatro-verità interpretata dai reduci, spiega l'orìgine di molti fenomeni di oggi - ì! mito californiano della vita isolata, il culto ossessivo della forma fìsica, l'appannarsi del ruolo femminile - Nel mondo semplificato della guerra le donne esistono solo nella memoria: forse per questo non è più nata un'autentica «star» NEW YORK — II fucile M-16 è un'arma elegante. Gli uomini si muovono con baisi da gatto, hanno muscoli intatti, come se avessero sedici anni, non quasi quaranta. La musica è il rock languido degli Anni Sessanta. Il teatro è piuttosto stretto, platea e attori quasi si toccano, la platea sono rogassi e rogasse di una scuola media di Manhattan. Gli attori sono reduci del Vietnam, e tutti, anche ì coloro che hanno perso le gambe, hanno stranamente la faccia giovane, non completamente marcata, di quando sono scesi la prima volta dal cargo militare a Da Nang o Bien Hoa. Quella faccia è uno strumento importante per il loro lavoro. La giovinezza da soldati un po' inespressivi è una maschera di effetto straordinario. Vedi l'esaltazione, vedi il senso dell'avventura, vedi la fiducia nell'organissasione, vedi la meraviglia dello scontro, la sorpresa della guerriglia, il frantumarsi della macchina -esercito' che un po' per volta dii>enta guerriglia essa stessa. Ma poiché manca il fanatismo o una rete di abitudini mentali per la guerriglia, è necessario ancora un salto, per sopravvivere. Gli uomini si asserragliarlo dentro la solitudine del proprio corpo. Gli americani scoprono qui che cosa ha creato una generasione di uomini soli, autosufficienti, capaci di provvedere a se stessi, fisicamente molto veloci; mentalmente, in attesa, sema il minimo cedimento. C'è in questo spettacolo la radice che ha creato le leggende della Silicon Volley, degli yuppies. della vita per se stessi e senso figli. E spiega perché sia cosi vistoso, anche nel mondo dello spettacolo, il distacco dall'immagine femminile, la sfocatura intorno al ruolo di donna, che ha-impedito la nascita di dive importanti nell'America dopo il Vietnam. S' $tut<r\ un'avvèniùracìi Sommisotif Seduto in un angolo della scena, uno degli ex soldati legge la lettera con cui la ragassa fa sapere da casa che ormai esce con un altro e che è meglio dimenticare. Questa piccola scena è i>cra. E' vero l'attore, che è diventato attore solo per questo spettacolo, ed è vera la lettera. Anche il resto e vero, come la lunga sequensa in cui i soldati lavorano alla ricomposizione del morti, dopo un giorno e una notte di attacchi. Ed è facile capire die l'ossessione per la "fitness-, la perfesione fisica che ha attraversato l'America dei Settanta è nata qui, in questa guerra, dove un corpo non mutilato, efficiente, intatto, capace di sfuggire alla macchina della guerra, deve essere apparso il più raffinato degli strumenti, e l'unico in cui avere fiducia. Si chiama Tracers questa rievocasione sconvolgente della guerra in Vietnam che viene presentata ogni sera da settimane, nel Public Theatre di New York. Non c'è un autore. Nessuno è professionista. Le frasi sono composte con confessioni, spessoni di narrasione, ricostrusioni di visite mediche e di gruppi-terapia. Nella città che ha il migliore teatro al mondo, la gente viene a vedere Tracers perché critici intolleranti come John Simon hanno scrìtto che «ti cambia il modo di vedere le cose-, perché giornali e televisioni sbsono arresi a questo strano fenomeno: il lavoro collettivo di un gruppo di persone salito per disperazione sul palcoscenico ha l'integrità e la potensa del grande teatro. C'è una mente — nel gruppo — che deve possedere oggi, nel!'improvvisarsi regista, la stessa forza che lo ha aiutato a sopravvivere. Si chiama John Di Fusco e la sua attenzione fanatica si sente in ciascuna sequensa che forma le tre incredibili ore di questo spettacolo. Le scuole mandano le classi più avansate (ultimo e penultimo anno, un, po' per sera) a questo strano spettacolo, e subtto si vede che le rogasse si separano dai rogassi. Le donne, in questo mondo semplificato dalla guerra, non sono che madri, fidanzate e prostitute. Tutte raccolgono nostalgia e leneressa, ciascuna esiste solo nella memoria. Nei momenti di vita e di morte non contano nulla. Gli affetti sono questione di istanti, risolti dal lampo dì una esplosione. E poiché la guerra scatena, insieme all'odio e alla paura, l'amore, si fede che i sentimenti, come una lava, raggiungono persino il nemico. Ma poi si raggrumano nel gelo della solitudine. Questa sembra la prima guerra che ciascuno dei reduci ha ricordato d'avere combattuto da solo. Gli uccelli Ma il culto di Tracers sta crescendo a New York insieme al culto di Birdy. un film che William Wharton e Alan Parker, con la stessa espcrtensa degli uomini di Tracers. hanno scatto, diretto, e Birdy-* Trac|rs^é%finrjc»'perché Birdy procède lungo la strada della poesia, e usa con forza non l'esperienza ma l'immaginazione. E' la storia di un adolescente affascinato dalla libertà degli uccelli, catturato dalla macchina della guerra, gettato sull'orlo della follia dall'esperienza di un campo mina- f'i to fa uno a uno saltano coloro die gli corrono incontro), rinchiuso in un manicomio dove contempla l'unica finestra e il ciclo, deciso a salvare un solo rapporto, quello con gli uccelli della sua adolescensa. Anche qui. oltre lo spazio dell'immaginazione, il corpo ha il ruolo quasi sacro di oggetto esclusivo dell'universo, di punto intatto in mezzo alla distruzione, che spiega, di nuovo, la passione della forma fisica che domina l'America di questi anni. Non è una moda, o non solo una moda, ma una specie di religione laica nata dalla polvere di una delusione grandissima. qnto -resti intricato il tivù ài comunicare tutto ciò attraverso l'albero delle generazioni lo dimostra la condizione quasi selvaggia dei genitori che compaiono in Birdy e dei ricordi die emergono continuamente in Tracers. A Broadway se ne è fatto carico James Duff (altro giovane, altro reduce) die ha messo in scena Home front (Fronte di casa). Questa volta il vero protagonista non è il ragazzo tornato dalla guerra, ma l'imbarazzo del padre (l'attore Carroll O'Connor, celebre per la serie televisiva Archie Bunker) che a tutti i costi rifiuta di sfiorare l'argomento, proibisce a tutti di menzionarlo, e non vuole assolutamente confrontarsi con quel che il figlio potrebbe o vorrebbe dire. Poiché O'Connor è un grande attore riesce da solo a rappreseli tare un'A itterica che dopo avere prima elogiato e poi dispressato la guerra, non ìia mai più voluto discuterla e ha preferito ignorarla per sempre. Nodo di ansia Ma a dieci anni dalla scena dell'ultimo elicottero che si alsa nel cielo giallo di Saigon, il Vietnam torna, fantasma non domato, questione umana, ma anche politica, logica, militare, non risolta, nodo delle ansie e delle contraddisioni di questi anni. Scrive la •columnist- Mcg Greenfield su Newsweek: • Dieci anni dopo che cosa abbiamo imparato? Dieci anni dopo il generale Westmoreland sta ancora litigando con i giornalisti della Cbs. come faceva quando era 11 comandante di Saigon. Dieci anni dopo i "liberals" parla¬ no ancora genericamente di pace, rifiutando di calcolarne 11 rischio e il costo. Dicci anni dopo i "falchi" sono ancora convinti che ciò che serve, al momento giusto, è soltanto la forza». Inaspettatamente non sono gli esperti a rispondere, e non sono i politici. Per la prima volta nella cultura americana sono i reduci a rompere l'imbarazzo e a riaprire un discorso che era rimasto interrotto. E lo fanno percorrendo una strada che sta lontana dalla celebrazione, lontana dalla pietà per se stessi, sema maledirsi o voltare le spalle al proprio Paese. La cultura dei reduci del Vietnam deve essere più grande di uno spettacolo come Tracers o Home front e di un film-culto come Birdy. La rete televisiva Abc per esempio ita deciso di accompagnare in Vietnam un gruppo di reduci che hanno voluto tornare. E una telecamera li ha seguili, mentre ripercorrono le strade, si riaccostano ai bambini, scavano con le mani dorè qualcuno di loro è caduto, parlano con i loro ex nemici, seduti da una parte e dall'altra di un tavolo. Noi — hanno detto — non siamo né vincitori né vinti. Questa determinazione a parlare, senza celebrazione e senza rancore, con la dignità di essere vivi e di rispettare la vita, deve essere il loro messaggio. .E' toccato a noi fare la guerra. Tocca a noi fare la pace... Furio Colombo New York. Una scena di («Tracers», lo spettacolo dei reduci del Vietnam di cui un critico ha detto: «C'ambia il modo di vedere le cose»

Persone citate: Alan Parker, Archie Bunker, Carroll O'connor, Furio Colombo, Greenfield, James Duff, John Di Fusco, John Simon, Public, William Wharton