Parla Dith Pran l'uomo che ha ispirato il film «The killing fields» e ora vive negli Usa

Solo Cambogia nei miei sogni americani iiiii Parla Dith Pran, l'uomo che ha ispirato il film «The killing fields» e ora vive negli Usa Solo Cambogia nei miei sogni americani La storia di un dramma personale in una tragedia collettiva - L'amicizia con il giornalista Schanberg - La guerra, i Khmer rossi, l'esodo PARIGI — Dith Pran è un cambogiano di 42 anni che oggi vive negli Stati Uniti e lavora come fotografo al New York Times. Quando Phnom Penh cadde in mano al Khmer rossi, il 17 aprile del 1975, fu deportato nelle «comuni di rieducazione». Quattro anni terribili di fame, di malattie, di paura, circondato dalla violenza e dalla morte. Poi 11 crollo del regime di Poi Pot travolto dall'offensiva degli ex alleati, 1 vietnamiti. Per Pran l'occasione di fuggire In Thailandia, la fine di un incubo. La sua, In fondo, è la storia di centinaia di migliala di cambogiani, 1 più fortunati, quelli che sono riusciti a sopravvivere alla guerra. Un dramma personale In una tragedia collettiva che, adesso, è anche un film: The killing fields del regista inglese Roland Joffe, In corsa per sette, premi Oscar. Un successo In tutti 1 Paesi in cui è stato già proiettato (presto arriverà in Italia): Pran è diventato un personaggio anche se, sullo schermo, è un altro cambogiano (un profugo come lui, Haing Ngor) a interpretare la sua parte. Dith Pran, a Parigi per una breve vacanza, accetta di raccontare la sua vera vicenda e di spiegare come è nata l'idea di trasformarla in un film. "Prima che la guerra del Vietnam superasse i confini del mio Paese, virerò a Sim Rehp, una cittadina del Nord-Est vicina ai grandi templi di Angkor, l'unica meta turistica della Cambogia. Lavoravo in un albergo: dal '63, quando mi sono spo- sato, fino al 70 ho passato il perìodo più felice della mia esistenza. Ma i primi attacchi dei guerriglieri Khmer rossi colpirono proprio Sim Rehp. Il turismo svanì. Con mia moglie e i miei quattro figli scappai a Phnom Penh". E a Phnom Penh ha conosciuto il giornalista americano Sydney Schanberg, l'inviato del New York Times? «Si, è l'incoritro che ha cambiato la mia vita ed è di qui che comiricla la vicenda del film. A Phnom Penh non avevo lavoro, la mia unica carta era la conoscenza dell'inglese in un Paese dove la seconda lingua è, o almeno era, il francese. Cosi mi offrii come interprete e assistente dei giornalisti stranieri arrivati con la guerra. Ho cominciato con i giapponesi, poi gli inglesi, gli australiani. Ma nel 72 ho conosciuto Sydney: all'inizio è stato un rapporto da impiegato a padrone, anclie duro, poi è diventata un'amicizia. La storia del film è proprio quella di un'amicizia in mezzo alla guerra che cancella tutti l sentimenti, un rapporto umano che si trasforma nell'unica speranza a cui ag¬ grapparsi-. Ma nella realtà la guerra vi ha divisi. «Non dimenticherò mai quei giorni. Già a,fa fine del marzo 75 era chiaro che Phnom Penh sarebbe caduta: la città era circondata, l'esercito regolare era in rotta, il regime filo-americano di Lon Noi agonizzava. Oli Stati Uniti, il 15 aprile, decisero di evacuare la loro ambasciala. Sydney ottenne per me e per la mia famiglia dei posti sugli elicotteri che arrivarono per portare via diplomatici e civili americani. Ma io non sono partito. Ho accompagnato mia moglie e i bambini nell'ambasciata, li ho visti andare via e sono tornato da Schanberg: avevamo lavorato insieme già tre anni, dovevo continuare. Due giorni dopo arrivarono i Khmer rossi: Nel film si vedono 1 camion e i carri del guerriglieri accolti dalla gente in festa, poi esplode la tragedia: le rappresaglie, le deportazioni. •La guerra era finita, tutti erano felici, ma la gioia durò tre ore, non di più. Quando presero il controllo della città, I Khmer rossi dissero che gli americani avrebbero bombardato Phnom Penh con gli aerei, che l'avrebbero rasa al suolo: cosi convinsero la popolazione a incolonnarsi verso la campagna. Chi non voleva andare, chi aveva capito l'inganno, fu costretto. Un esodo di due milioni di persone, i primi morti, i saccheggi. Noi fummo arrestati, poi liberati e ci rifugiammo nell'ambasciata francese. E' a questo punto che la guerra ci ha davvero divisi: Schanberg riuscì a rientrare nel suo Paese, io fui preso prigioniero e mandato nei campi di lavoro'.. Perché questo film è uscito In Francia con un titolo — La déchtrure — che vuol dire la lacerazione, lo strappo? « Credo che sia un titolo altrettanto giusto per la nostra storia. Ma la "déchlrure", alla fine, si è ricomposta. L'amicizia non si è mai spezzata. Schanberg ha fatto molto negli Stati Uniti. Ha raccontato la nostra vicenda, per t suol servizi sulla guerra ha anche vinto il premio Pulitzer nel 76 e lo ha accettato in mio nome. Ha spedito centinaia di lettere con la mia foto ai centri di raccolta dei profughi, alla Croce Rossa. Anch'io ho vissuto nella speranza di poter rivedere la mia famiglia e il mio amico. E ci sono riuscito. Il film finisce con il nostro incontro, nell'ottobre del 79, in Thailandia. Quindici giorni dopo ero a New York da mia moglie, dal bambini e, nel gennaio dell 80, è nata l'idea del film-. Perché non ha interpretato se stesso? •Non avrei mai potuto. Ho vissuto quei momenti terribili nella realtà. Ho visto quei pigiami neri (le divise dei guerriglieri, ndr) per quattro anni: per me sono ancora un incubo. Con Schanberg ho scritto la sceneggiatura, insieme abbiamo parlato agli attori, al regista, abbiamo raccontato dettagli, descritto luoghi. Ma non ce l'ho fatta ad andare sul set: né in Thailandia, dove sono stati girati gli esterni, e nemmeno a Toronto dove sono stati realizzati gli interni. Quando ho visto il film, finito, è stato uno choc: di fronte ad alcune scene ho chiuso gli occhi, hanno dovuto ripassare la pellicola tre volte. Anche Sydney ha pianto: Alcuni hanno definito The killing fields un film troppo duro e violento, altri, all'opposto, eccessivamente lirico 'La realtà è stata molto più dura di quanto non si veda sullo schermo. Quando, fuggendo in Thailandia, mi sono trovato nelle risaie trasformate in campi di sterminio ho creduto di impazzire. Orinai vivo negli Stati Uniti da cinque anni ma ogni notte, nel mei sogni, c'è soltanto la Cambogia, come se il tempo si fosse fermato. Sogno l miei quattro fratelli uccisi, mia madre e mia sorella che si sono salvate, che vivono ancora a Sim Rehp e che forse non rivedrò mai più: Enrico Singer Sani Waterson (nel ruolo del giornalista Sidney Schanberg) e Haing S. Ngor (in quello di Dith Pran), protagonisti di «The killing fields»