Molière di Missiroli La farsa con dramma

Molière di Missiroli La farsa con dramma «Il malato immaginario» con Bonacelli Molière di Missiroli La farsa con dramma TORINO — Nel Malato immaginarlo di Molière, che Mario Missiroli ha presentato l'altra sera al Carlgnano a suggello del suol otto anni di direzione artistica dello Stabile di Torino, farsa e dramma si succedono l'uno all'altra secondo un disegno registico di notevole fermezza e lucidità. Farsesco è tutto 11 primo tempo dello spettacolo, che corrisponde al due primi atti dell'originale: un minuzioso e beffardo ritratto di famiglia (quella del ricco borghese Argan, 11 malato del titolo) che più scardinata di cosi non ve la potreste immaginare: una gallinaccia di seconda moglie, quella Beline tutta smancerosi squittii e proterve ambizioni testamentarie (Viviana Larice), una pollastrella di prima figlia, Angéllque, Incerta tra mondanità galanti e difesa d'ufficio del proprio •femminile» (Nicoletta Bertorellt) e una miciona di seconda figlia, Louison (Mlcol Tuzl), che tra talco e bambagia affila le proprie unghie di delatrlce. I tre personaggi che vi ho sommariamente descritto non sono delineati proprio cosi nel testo e nelle Intenzioni molleriane: è Missiroli, nel suo talento capzioso e irridente, a riproporceli in tali fattezze: e a circondarli di altrettante figure, schizzate, come loro, nel nero seppia dello scherno più rtdevole e del più franco disgusto: il notaio-amante Bonnefoi (Pino Patti) dal dubbio igienlsmo, la coppia del Diafolrus padre e figlio (Alessandro Esposito e Sebastiano Lo Monaco) tra logorrea accademica ed esibizionismo salottiero, e quel Cleante (Stefano Clementi) che, invece del solito pretendente sospiroso, Missiroli immagina come un dandy vanesio, lesto arraffatore di dote. Orchestrando questo sestetto d'attori, Missiroli profonde ingegnose trovate comiche, con quel suo gusto del particolare minuto eppur significante (la penna d'oca nettatutto di Bonnefoi, il sonno badiale del due Diafolrus) e strappa franche risate: ma, intanto, senza parere, insinua atmosfere e sensazioni di dramma in quella cameratorre-prlgione di Argan, che egli stesso con Carlo Giuliano ha ideato. ' A farcelo presagire, questo dramma, c'è intanto un personaggio centrale, la serva Toinette, che Missiroli ha voluto vecchia, lngrlntita nel suo cinismo, chiusa nel suo moralismo secco, a raffica di sentenze (una magnifica Pina Cei): ed è come il grande occhio che tutto per noi rimira. E poi c'è, natarulmente, Argan (Paolo Bonacelli), la cui malattia, soltanto di testa, non è altro che una furiosa pulsione regressiva, un caparbio ritorno all'infanzia, un bamboleggiare e bambineggiare, tra soprassalti di stupore e stizza. Il dramma di Argan e della sua casa, 11 senso di sterile disperazione che avvolge quell'adulto-bamblno che non ha mai voluto crescere esplode nella diatriba tra lui e 11 fratello Béralde, ad apertura del secondo tempo: lenta, tortuosa disputa sulla vita e la morte, la salute e il morbo, la natura e la scienza, tra un Argan avviluppato nelle sue grigie lenzuola e un Béralde, appunto, che Cesare Oelli, molto finemente, ancora alle prode di uno spossato buonsenso. E' questa, mi sembra, la scena-chiave dell'Intero allestimento: è da qui che 11 dramme, si sdipana, anzi precipita, per brevi, taglienti sequenze, al suo esito: la visita dell'allampanato Purgon (Franco Belli), grottesca e inquietante ad un tempo, il travestimento di Toinette da medico, le due prove della falsa morte, il progetto del baccellierato in medicina: con Argan sempre più attonito, deluso, sfinito (e davvero Bonacelli si rivela d'una supcriore misura). L'intronatone a dottore, lassù, In soffitta, in tight Anni Venti, è un suggello di contemporaneità, goffo e sinistro, con quei goliardici coretti di Benedetto Chiglia: e 11 tonfo di Argan morto nel suo letto è una citazione, amara e sbrigativa, di quell'altra morte, la morte di Molière alla quarta replica della commedia. Lunghi, fervidi applausi agli attori, al regista. Ma quelli dell'altra sera non erano -Ics adieux. di Missiroli: si trattava, semplicemente, di UH >-au revoir». Guido Davico Bonino Paolo Bonacelli e Viviana Larice in una scena del «Malato»

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