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Musica Musica E5 del tutto insolito che un tenore si occupi di un genere di spettacolo che non sia l'opera lirica. Eppure esistono due casi abbastanza clamorosi nell'Ottocento di cantanti che hanno ideato e addirittura scritto libretti per un balletto. L'esempio più famoso e certamente quello di Adolphe Nourrit, re dell'Opera di Parigi nel periodo rossiniano (creò «Il conte Ory» e «Guglielmo Teli») e nella rivoluzione romantica affacciata da Mcyerbeer con «Roberto il Diavolo» di cui fu protagonista. Artista di non comune intelligenza e cultura, Nourrit prese a modello di recitazione il grande Talma e fu colpito dal genio interpretativo di Maria Taglioni che eseguiva le danze delle monache indemoniate proprio in quel •grand opera». La fantomatica apparizione della «divina Maria» al chiaro di luna nel chiostro stregato, indusse Nourrit a scrivere per lei 11 libretto de «La Sylphide. considerato il protoballetto romantico, andato in scena con enorme successo, sempre all'Opera nel 1832. Ma Nourrit ci aveva preso gusto e approntò altri tre soggetti di balletto: due per Jean Coralli (il coreografo di «Giselle») e uno per Louis Henry. Da citare del primo, almeno «Le diable bolteux» del 1B36, uno dei cavalli di battaglia di Fanny Elssler, la rivale «pagana» della danzatrice «cristiana» Maria Taglioni. Spenti i grandi fuochi romantici, anche lo spettacolo coreografico ebbe momenti di stanchezza e addirittura di decadenza, soprattutto per quanto riguarda la base musicale, quasi sempre affidata a musicisti minori o a disinvolti mestieranti. Tra le eccezioni — accanto ad Adam e Dcllbes — In Francia va annoverato Jules Massenet, autore di tre balletti scritti quando la sua fama di autore di «Manon» e di «Werther» era ormai largamente consolidata. Fu proprio un suo prediletto interprete di «Werther» 11 tenore Ernest van Dyck, creatore del ruolo del romantico poeta goethlano a Vienna, a proporgli il libretto per un nuovo balletto intitolato «Le Carillon». L'idea nacque durante le prove dell'opera, almeno nella formulazione definitiva. Il soggetto è ispirato a una leggenda fiamminga medievale che narra di un maestro orologiaio, Karl, che deve mettere a punto il meccanismo a orologeria di un antico campanile della chiesa di Courtrai, in tempo per l'ingresso trionfale In città di Filippo il Buono. Ma il tempo è insufficiente e il buon Karl si dispera; oltretutto il premio al suo capolavoro sarebbe Berta, la bella figlia dell'albergatore che ama. Durante il lavoro febbrile nella notte, il povero orologiaio invoca il patrono della chiesa san Martino che manda un angelo in suo aiuto. E il miracolo avviene: 11 mattino dopo 11 carillon suona gioiosamente per l'ingresso del sovrano. I giovani possono cosi realizzare il loro sogno d'amore. Il balletto andò in scena a Vienna nel 1892 con la coreografia di Joseph Hassreiter, un artista molto popolare in quegli anni, e non soltanto nella capitale austriaca. La sua creazione intitolata «Die Puppenfee» (la fata delle bambole) fu rappresentata anche alla Scala, cosi come arriverà a Milano «Le Carillon» nel 1899 sulle stesse scene scaligere. «Le Carillon» viene affidato per la prima volta al disco, con etichetta Decca, ad opera di Richard Bonynge a capo della National Philharmonic Orchestra. Il direttore australiano deve ormai considerarsi un autentico specialista di musica per balletto. La sua discografia in proposito è ricchissima. Basterà qualche citazione significativa. Ha Inciso «Giselle» e «Les diable à quatre» di Adam; •Coppella» e «Sylvia» di Delibes; e cose più rare come «La Perl» di Burgmuller, «Marco Spada» di Auber (riesumato due anni fa anche da Nureyev a Parigi e a Roma); «Le Papillon» di Offenbach. Non risulta che Bonynge abbia affrontato Invece autori del Novecento; la sua specializzazione si indirizza soprattutto verso l'area francese del romanticismo e nel decenni immediatamente successivi, che predilige anche nel versante operistico. Significativo in proposito accennare che questo disco di «Carillon» è completato dai cinque minuti della struggente «Meditation» dall'opera «Thais» dello stesso Massenet. (Che tra parentesi, è stata più volte danzata).

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