Marina Cvetàeva e i poeti h i

Marina Cvetàeva e i poeti h i Marina Cvetàeva e i poeti h i pche la Russia dilapidò PER Marina Ivànovna Cvetàeva, il .tempo, della sua vita terrena sinceneri di colpo in un pomeriggio della tarda estate del 1941, allorché, .sfollata» a Elàbuga, nel cuore della Repubblica autonoma del tartari, s'impicco alla trave dell'isbà dov'era riuscita a farsi accogliere, su una sponda del fiume Rama. Scelse cosi, anche lei, di far parte, di dii>entare emblema di quella tragica generazione russa che — per usare la formula vibrante e dolorosa suggerita a Roman Jakobson dal suicidio di Mafakovskl) — aveva .dilapidato I propri poeti.. Anche come scrittrice, Marina Cvetàeva si trovò imprigionata in un postumo, lunghissimo tunnel di silenzio e di ostracismo, dal quale sarebbe emersa come uno del grandi poeti di questo secolo, segnata da una rara capacità di offrire — quasi sul palmo della mano — un proprio 10 inerme e .cosacco», ferito e virile, di squadernare — in forme dirette o indirette — una propria esistenza rivissuta e reinventata fino alle soglie del mito. Ma la Cvetàeva coltivò pure la prosa, e con esiti stupefacenti, non riservandole certo soltanto la .mano sinistra». Ci tia lasciato frammenti, squarci luminosi e avvolgenti, in bilico fra memoria e fantasia: capitoli di una vera e propria Recherche, delicata e struggente (e sappiamo quanto la Cvetàeva amasse Proust). Recentemente, il fascio degl'inediti, delle .cose francesi, di Marina ci ha consegnato — per merito di Serena Vitale, e sotto il titolo Le notti fiorentine (Mondadori, 1983) — un breve, acceso, sofferto romanzo epistolare, e un raffinato scandaglio psicologico dell'anima femminile e della .diversità femminile», in cui la Cvetàeva affronta il tema dell'amore fra donne (e il flusso dell'analisi, dell'argomentazione 'logica», quasi a propria insaputa, prodigiosamente sì ribalta, si affàbula, dissemina come ciottoli sul suo cammino le asciutte schegge di un eccezionale racconto «fn potenza», vigoroso ed enigmatico). Dobbiamo alla Cvetàeva una manciata di splendidi saggi letterari; e ora quattro di essi Serena Vitale, amorosamente, sapientemente, li ha riuniti in un bel volume della .Biblioteca Adelphi», Il poeta e 11 tempo. Ho parlato di saggi .letterari» e non*critico letterari», perché la Cvetàeva assegna alla critica un compito — diciamo pure, una missione — che lei intuisce e addita, mentre a chi dovrà cimentarvisl farà tremare le vene e i polsi. .La critica: orecchio assoluto del futuro», cosi suona un 'epigrafe evetaeviana, che è un vero e proprio comandamento. Di qui il rifiuto dell'analisi impressionistica, la diffidenza — l'insofferenza — per i metodi della .scuola formale», per il suo gusto di smontare versi e procedimenti artistici come congegni (è una diffidenza che, non per niente, ritroveremo in Pasternak). Il poeta, secondo la scrittrice, non potrà che essere un .poeta maledetto», un poeta-zingaro, un poetaebreo, un poeta-izgòf (e l'accostamento, suggerito da Jurì) Lotman, non sarebbe spiaciuto, credo, alla Cvetàeva: si chiamava izgò), nella Russia antica, colui che era uscito o era stato espulso dal suo gruppo sociale rimanendo privo del suo status originario: il figlio orfano e minorenne di un principe, il figlio illetterato di un pope, lo schiavo riscattato...). .1 versi sono 1 nostri figli — annota Marina —. I nostri figli sono più grandi di noi perché vivono di più. Più vecchi di noi, vengono dal futuro...*. Il motivo del tempo, il rovello della lotta — accanita e senza quartiere — che il poeta ingaggia col Tempo (col proprio tempo e con i tempi passati e a venire) è al centro di questo libro della Cvetàeva. Perfino la Russia, .spazialità, per antonomasia, si trasforma in una dimensione del Tempo, diviene .limite estremo della facoltà terrestre di capire; oltre questo limite la sconfinata facoltà di capire la non-terra.. Sarà sempre e comunque il Tempo a improntare — a impastare — di sé l'Io del poeta: «Se a un crocevia 11 Goethe maturo avesse Incontrato 11 giovane Goethe, forse non lo avrebbe riconosciuto...». Ad accomunare i quattro saggi qui raccolti, che videro la luce per la prima volta fra il 1926 e il 33, c'è tutto un impervio, febbrile, teso ordito di fili scoperti e sot- Marina Cvetàeva terranei, dentro cui pulsa una scrittura balenante, aforistica, .oracolare», con periodi che si sviluppano quasi per una sorta di miracolosa gemmazione, con frasi che esplodono dense, improvvise, alate, simili al germogli sui rami primaverili degli alberi del Nord. E lungo quell'ordito la Cvetàeva sciorina il tesoro dei .suol» poeti, i compagni del suo .canoro drappello», per il cui destino non finirà mai di struggersi, e che si potrebbero contare sulle punte delle dita delle due mani, radi più delle grandi stelle di certe notti estive chiarissime, periate: Pùskin e Bal'mònt, Ivànov e Blok, Volòsin e Kuzmìn, Esenln e Mandel'stàm (alla domanda, oggi di moda, nel mondo dell'emigrazione: «Due letterature russe o una sola?., Marina non avrebbe esitato un istante a rispondere, allo stesso modo che non esitò allora, aggiungendo scandalo a scandalo). Ma, soprattutto, la Cvetàeva spalanca le braccia — con un amore anche .architettonico, della contrapposizione e della simmetria — al .lirico. Pasternak e all'.etico. Majakovskt), e nelì'affiancarll, nel metterli vicini uno all'altro, li mette vicini a se stessa: .fratelli, perdutamente suoi di ispirazione e ior.nento creativo, di Russia, di eternità. Remo l'accani Marina Cvetàeva, «Il poeta e il tempo», a cura di Serena Vitale, Adelphi, 260 pagine, 18.000 lire. INTERSEZIONI Suggestioni di ipotesi. analogie e altro congetture Hans Kelsen L'amor platonico Eros omosessuale e volontà di potenza alle radici dell'utopia platonica Martin J. Wiener Il progresso senza ali

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