Politica del sasso in bocca di Luigi Firpo

Politica del sasso in bocca Cattivi Pensieri Adi Luigi Firpo Politica del sasso in bocca Durante il processone per le • tangenti » attualmente in corso a Torino e che coinvolge unti pubblici amministratori, si è verificato nei giorni scorsi un fatto forse inaudito. E' accaduto infatti che il signor Pietro Dimo, anni 35. carcerato per associazione a delinquere di stampo mafioso ed ex spacciatore di droga per sua diretta ammissione, abbia accusato un certo «Franco» di aver offerto fino a 500 milioni, nella primavera dell'&3. al fine di eliminare definitivamente dalla scena del processo e da quella del mondo il nominato Zampini, divenuto ormai un primario testimone di accusa. Invitato a precisare a quale Franco volesse alludere, il Dimo non ha esitato a completare le generalità dell'on Franco Froio. già coinvolto nel processo sotto l'accusa di concorso morale in corruzione. Superfluo aggiungere che Froio respinge con indignazione una taccia tanto infamante e che tocca ora ai giudici cercare di veder chiaro in questo nuovo groviglio avvelenato. Froio è un uomo di partilo esemplare, a modo suo, della nuova specie di politici, che acquisisce meriti nell'attività delle sezioni e delle federazioni e poi ottiene cariche ed emolumenti a titolo di giusta ricompensa. Impegnato fin dalla prima giovinezza nelle organizzazioni del suo partito a Catanzaro e molto vicino idealmente al segretario nazionale di allora, che aveva radici topografiche non lontane, venne mandato a riorganizzare le strutture dei suoi compagni di fede in Val d'Aosta e. trovandosi da quelle parti, ottenne la presidenza della Cogne, sebbene la sua competenza in fatto di industrie estrattive in difficoltà non risultasse da lauree in ingegneria mineraria o in direzione aziendale. Deputato al Parlamento fino al '79, preferi non ricandidarsi, per assumere la carica di amministratore delegato della Si taf. società che gestisce il Traforo del Fréjus, cioè di quello che è pur sempre un buco in una montagna, scavato però non per estrarne minerali ferrosi ma per farvi passare ferramenta motorizzate di autocarri e autovetture. F. deve trattarsi di una coincidenza casuale il fatto che Froio dia del tu e frequenti la casa lontana di Antonio Esposito, titolare dell'impresa di pulizie che ha il compito immane di tener lustri e netti i poco meno che 14 chilometri del traforo: mentre di coincidenza disgraziata deve parlarsi, se si scopre che socio in ditta era proprio quel D.mo. che scaglia l'accusa, conoscente fidato a sua volta di quel Carmelo Giuffrida, ito confesso di più omicidi mafiosi, cui sarebbe stala inoltrata la proposta di guadagnarsi una vecchiaia tranquilla, assicurando nel contempo allo Zampini la pace dei giusti. Sono troppo acuti e solerti i giudici, perché io debba suggerir loro di accertare se quel contratto di pulizia fu preceduto da regolare gara, se le tariffe applicate sono quelle di mercato, e cosi via. Per parte mia dico soltanto che l'accusa rivolta all'on Froio e cosi enorme e infamante, che mi auguro di gran cuore che possa venire al più presto smentita, e non solo perché è giusto che l'innocenza trionfi, ma perché, qualora un residuo di sospetto dovesse rimanere a mezz'aria, non solo la reputazione di un ex parlamentare ne verrebbe intaccata, ma l'immagine stessa della nostra vita politica. Perché c'è un punto, che poco ha a che fare con il processo e con quella che dovrà essere la difficile ricerca della verità, ma che a me sembra oggi il più allarmante e perciò il più meritevole di riflessione Ascoltando in vari ambienti e luoghi l'opinione della gente d'ogni celo ed età. un sentimento comune mi è venuto di cogliere, con angoscia crescente, quasi con disperazione: il fatto cioè che ciascuno, senza parteggiare e senza anticipare ingiuste condanne, trovasse perfettamente plausibile, ragionevole, tutt'altro che sconvolgente, il fatto che un uomo di partito s: proponesse di assoldare un sicano per assassinare un testimone scomodo, depositario di troppi segreti imbarazzanti e troppo meline a parlare senza ritegni Questa è la lezione improvvisa e sconvolgente che dobbiamo trarre da quanto è accaduto nell'aula della Giustizia. Domani apprenderemo con un sospiro di sollievo che- il fatto non sussiste, ma oggi la reazione del I ubblico ci schiaccia sotto una cappa di piombo F>sa rivela che la gente comune, la gente onesta, laboriosa, non si stupisce più di niente, ha toccato il fondo Se l'omicidio per ridurre al silenzio un testimone appare lo sviluppo logico di una vicenda, vuol dire che il metodo mafioso, la spietatezza di chi non misura i mezzi pur di arrivare al fine, sono ormai riconosciuti -come la nuova regola delle contese politiche. In passato ci furono il pugnale di Ravaillac. la rivoltella di Bresci, la bomba di Orsini, gli anarchici, i libertari, i tirannicidi: l'assassinio politico aveva una sua sanguigna grandezza, ammantata di supremi e magari folli ideali. Adesso si assiste con indifferenza rassegnata al possibile instaurarsi nel mondo della politica della guerra per bande e all'esecuzione sommaria di ogni personaggio scomodo. Si arriva a legittimare in politica la logica del racket solo perché si è accettato, almeno nel subconscio, che tutti gli ideali sono morti e che ormai si combatte solo più per il potere brutale e per il vile denaro. Solo chi pensa che la politica sia ormai un racket si arrende alla logica del «sasso in bocca». Ma rassegnarsi a questo significa celebrare le esequie della democrazia.

Luoghi citati: Catanzaro, Fréjus, Torino, Val D'aosta