1 fantasmi del Quirinale di Ezio Mauro

1 fantasmi del Quirinale E* cominciata la corsa alla Presidenza: un'inchiesta fra cronaca è storia 1 fantasmi del Quirinale Sono almeno cinque i centri di pressione che cercano di influire nelle scelte dei grandi elettori per la presidenza della Repubblica: l'Urss, gli Usa, la massoneria, il Vaticano e il mondo dell'economia - Dal dispetto dell'ambasciatrice americana Luce per l'elezione di Gronchi all'intervento di Paolo VI perché Fanfani nel '64 rinunciasse alla candidatura ROMA — / grandi elettori che devono scegliere il Presidente della Repubblica non tono chiusi in un conclave che li separi dal resto del mondo, non comunicano con l'esterno attraverso segnali di fumo e non possono nemmeno contare sull'assistenza dello Spirito Santo. Cosi anche le voci, gli ordini, le suppliche e le pressioni che arrivano da fuori e pesano sul Parlamento hanno una loro storia nel grande gioco per il Quirinale. Una storia in gran parte segreta, con almeno cinque protagonisti pubblici: lUrss, gli Usa, la massoneria, il Vaticano, e il mondo degli affari, degli Enti, dell'industria di Stato. Non è detto che a questi cinque centri di pressione, interni e internazionali, interessi sempre e comunque influenzare la scelta del Capo dello Stato italiano: e non è detto — in ogni caso — che interessi soltanto a loro e non ad altri. Ma il diario delle confidenze, dei ricordi, dei risentimenti collegati a sette elezioni presidenziali dimostra che questi sono i cinque fantasmi fissi che si muovono ogni volta dietro l'aula del Parlamento, nella realtà o nella fantasia dei grandi elettori, in un gioco di pressioni e di influenze che si combinano o si annullano. Sono pressioni eternamente sospettate quelle dellVrss, sempre temute quelle degli Usa. apertamente dichiarate — almeno in un caso — quelle del Vaticano, sottaciute o millantate quelle massoniche, tollerate nell'indifferenza quelle degli Enti di Stato. Tutte insieme, formano una rete sotterranea di cui si chiacchiera molto e di cui si sa poco, talvolta immaginaria, talvolta reale. Anche per capire come si fa un Presidente, dunque, come in tutte le vicende italiane, bisogna tener conto del •contesto'. Quasi come se fosse un elezione-simbolo, è su Gronchi che si concentrano per la prima volta, tutte insieme, le •attenzioni' esterne e mai più nessun candidato dovrà passare attraverso un intreccio cosi fitto di pressioni, vere o presunte che fossero. Sospettato di neutralismo. Gronchi era visto con favore, allora. dall'Unione Sovietica: ma per la stessa ragione per cui piaceva al pei poteva essere sgradito alla Chiesa. H mondo influente dell'industria di Stato lo appoggiò senza riserve, tanto che Enrico Mattei 'Arrivò a promettergli la rielezione, nel 1962.. come ricorda oggi Giulio AndreottL Ma fu soprattutto l'America a vegliare dietro le quinte della sua elezione, preoccupata, inquieta e fino all'ultimo incredula. Tre giorni prima che le rotazioni avessero inizio, cinque giornalisti americani furono invitati a Villa Taverna, sede dell'ambasciata Usa. Claire Boothe Luce, l'ambasciatrice, chiese pareri e previsioni sul prossimo Presidente. Tutti parlarono di Merzagora, qualcuno di Einaudi. Quando il corrispondente della Washington Post r. disse convinto che le possibilità di Gronchi fossero almeno fifty-fifty, la Luce scattò «Per canta, come si può pensare una cosa simile?.. Non ci credette E lo dimostra un fatto insolito, venuto a conoscenza, chissà come, di Giulio Andreotti: • Due giorni prima dell'elezione di Gronchi — racconta Andreotti - la Luce spedi un telegramma di Informazioni a Washington. La situazione, scriveva, è ancora molto incerta. L'unica cosa certa, è che l'eletto non sarà Gronchi». Sarà per questo che quel venerdì 29 aprile, alle J6M l'ambasciatrice Usa se ne andò di colpo, seccata, dalla tribuna diplomatica di Montecitorio, quando si accorse che le schede con il nome di Gronchi continuavano a salire senza rimedio verso quota 658: .Si sarà presa una gronchite». commentarono i maligni. Ma subito dopo. Duight Eisenhower dalla Casa Bianca spedi a Gronchi il suo rituale messaggio di auguri • D'altra parte — concluse Claire Luce in una confidenza che Leo Wollemborg oggi ricorda — con questo, ci piaccia o no. dovremo andare a letto per sette anni». Ma almeno in quel periodo un rivale degli Usa c'era, nei I rapporti con il Capo dello ■ Stato italiano: naturalmente, I l'Urss. Ce anche qui un am| basciatore che si muove, questa volta in privato e non in j pubblico, per consegnare un j esplicito messaggio di favore | e di gradimento. E' Semion : Parlovic Kozyrev l ambascia i (ore del Cremlino a Roma che ! nell'ultima visita a Gronchi ! trattiene un attimo di più tra i le sue la mano del Presidente. ormai a fine mandato, nella primavera del 1962: .Verro a salutarla per la festa della Repubblica il 2 giugno.. «Ma il mio mandato — risponde Gronchi — scade il 2 maggio.. .Ritengo che sarà ancora qui a giugno., mormora l'ambasciatore Era un segnale di garanzia per la disponibilità del pei'' Nessuno può dirlo, ma certo molti candidati hanno chiesto a Mosca ciò che speravano di ottenere alle Botteghe Oscure. Proprio a Mosca, nell'agosto 70. Pafetta. stupito, incontrò all'ambasciala Amintore Fanfani. ufficialmente anirato per un congresso di scienze storiche, in realtà ri¬ cevuto con onore da Gromyko. Shitikov, Kossightn. Se ne ricordò appena rientrato in Italia, mentre slava registrando una 'Tribuna politica' con il leader democristiano Flaminio Piccoli. .Ho 11 dubbio — gli dissr dopo la registrazione — che Fanfani creda di poter raccogliere nellUrss 1 voti per fare il Presidente in Italia.. «Ma voi glielo avete lasciato credere.. ribatti Ettore Bemabel, gran capo Rai, fedelissimo di Fanfani, mentre., accompagnava gli ospiti atta porta. .Cosa vuole — allargò le braccia Paletta —, vi abbiamo lasciato credere per tanto tempo che mangiamo fbamblnL... Le pressioni, anche quando ri sono davvero, non è detto che debbano andare a buon fine. Con tutto il peso del suo potere di grande manager pubblico. Ma'.tei non riuscì a far rieleggere Gronchi: .Credeva di controllare cento deputati de — spiega Andreotti —. Lo sfidai a far votare dai suoi un democristiano sconosciuto per il direttivo del gruppo alla Camera: raccolse 11 voti». Così non raccoglie nient"altro che un cortese invito ad andarsene Lino Salvini, gran maestro della massonerìa di piazza del Gesù, che nel 71, alla vigilia del voto presidenziale, si presenta a casa Mancini, per un collo- quio misterioso e, fino a oggi, segreto. .Probabilmente millantando contatti e Influenze — ricorda Mancini — mi chiese di appoggiare Fanfani. In cambio, la campagna scandalistica che stava montando contro di me sarebbe finita. Oli Indicai dov'era la porta». Non solo ai massoni, ma anche al Voficano può capitare di andare in visita privata a casa di qualcuno, in tempi di candidature presidenziali. E' successo nel dicembre del 1964. quando ì franchi tiratori de gettano in gara Fanfani contro Leone, candidato ufficiale de. I due per dieci scrutini si dividono i voti democristiani e lo spettacolo allarma a tal punto Papa Montini che spedisce due ambasciatori, monsignor Dell'Acqua e monsignor Costa a casa di Fanfani, per convincerlo a ritirarsi. L'esito è negativo e il 21 dicembre, attraverso il segretario di Stato Cicognani. Paolo VI chiede a Raimondo Manzini, direttore dell'Osservatore Romano, di pubblicare un corsivo di appello afi'.unità degli elettori cattolici», anche a prezzo di «sacrifici e rinunce». A questo punto, il Papa fa un ultimo passo, decisivo. Spedisce Manzini con una lettera a casa di Fanfani. •Quassù — diceva il messaggio di ispirazione papale, scritto da Manzini — si desidera vivamente una rinuncia generosa, per il bene maggiore.. «Quassù, quassù — commentò infastidito Fanfani, con la lettera in mano —: saranno i maneggi della segreteria di Stato». -No — spiegò Manzini —: è l'opinione personale del Santo Padre.. Fanfani rinunciò, per obbedienza, per dispetto o per timore. Eppure, c'è chi pensa che la realpolitik valga anche in Vaticano e che un democristiano possa salire al Quirinale sema l'appoggio della Chiesa. Lo dimostra il consiglio che Giulio Andreotti diede nell'ultima notte a Giovanni Gronchi, riluttante a candidarsi perché temeva di non piacere al Papa. .Può anche darsi — ricorda oggi di avergli detto Andreotti —, ma non preoccuparti troppo. Appena eletto, lassù parleranno di te come del "diletto figlio Giovanni".. Ezio Mauro