«Chi è cchiù felice» di Luca recitando suo padre luluai do
«Chi è cchiù felice» di Luca recitando suo padre luluai do Al Carignano una commossa serata d'omaggio al grande drammaturgo «Chi è cchiù felice» di Luca recitando suo padre luluai do TORINO — Tenera, commossa serata d'omaggio ad un grande drammaturgo da Voco scomparso, Eduardo, quella di martedì al Carignano, attraverso la' proposta dell'ultimo allestimento registrato d'una propria commedia, Chi è cchiù felice 'e me, interpretata dal tiglio Luca e dal suoi valenti compagni. Chi è cchiù felice 'e me è del 1929, appartiene dunque alla fase pressoché giovanile della produzione eduardlana: e ha i pregi c 1 difetti della giovinezza, pregi di vitalità inventiva e di immediatezza di. scrittura, difetti di rifinitura' o, nel caso specifico, di una più distesa e pacata strutturazione della vicenda. Bellissimo perché, appunto, vitale e immediato è tutto 11 primo atto, ciré di pittura d'ambiente e di carattere ad un tempo: ambiente della campagna partenopea ad un tiro di schioppo da Napoli, nel primo ventennio del secolo, aria pulita di borghi incontaminati, sanità di costumi, purezza d'effetti; e in mezzo a quell'agglomerato di casipole, la masseria di don Vincenzo, fresco erede di un piccolo patrimonio, che amministra parco e persln pavido, tanto di sposa e tanto di risparmio, mai il capo fuori casa, mai un investimento azzardato: ma. in compenso, una vita felice, paga nella sua pigra indolenza, e allesti¬ ta'da una moglie. Margherita, che è là pia beila. la più dolce, la più operosa donna del mondo. Basta un nonnulla, lo avrete già Intuito, perché quella felicità si sfarini: l'incursione in casa di un padroncinoguappo di città, le attenzioni di lui a Margherita, le resistenze fiere'di lei che celano una gran voglia di cedere, e 11 finale cedimento inatteso. Inatteso, per la verità, solo. per Vincenzo che, appena il suo fragile equilibrio vacilla, è il solo a non capire, anzi (e i in ciò il personaggio è foriero d'altri più maturi, i Cuplello. I Lojacono) s'impannuccia sempre più nella sua Infantile Ingenuità: non vede, come un bimbo distratto, ciò che gli sta a un palmo di naso. Abbiamo. nell'asslstervl, mentalmente scomposto, come forse non facciamo di solito, 11 testo, sequenza per sequenza, per ritrovarvi i segni della regia di Eduardo, sullo sfondo dell'affettuosa scena di Raimonda Oaetanl (la sala da basso d'una casa colonica, tra il fulvo e il cretaceo, e. laggiù, uno scorcio d'ala): e ci è parso di ritrovarli tutti: 11 gusto del pieni e del vuoti nelle posizioni dei personaggi; in parallelo, la scansione del .lento» e del «presto» di una scena rispetto all'altra; e. ancora, l'alternanza misuratissima di elegiaco e comico, di malinconia e di umorismo flnanco grottesco: qua 11 trepido racconto della triplice fuga e tradimento della moglie del massaro Nicola, convinto che 1 tre figli non suoi gli somiglino; là l'irreslstlbile racconto d'una cena a Napoli In casa di ricchi fatto dai compari Giorgio e Consiglia (per limitarci a due esempi soltanto). Ma nel secondano c'è l'inserzione d'una scena muta, appena suggerita nel testo a stampa, quella di Margherita che prova, in un terribile Impaccio. 11 primo paio di calze di seta, che è un gioiello di in trospezlone e verità sociologica, l'ultimo lascito di Eduardo regista a tutti noi. Non ripeterò che suo figlio Luca, che fa Vincenzo, ricorda a tratti il padre: è vero, anzi è ovvio, oltreché toccante, ma l'insistervi rischia di far torto a questo bravissimo primattore ormai maturo, che ha invece toni tutti suoi nello smarrimento indifeso, nel candore disarmato, oltre ad un istrionismo di gran classe (lo si veda neW'improvvlso della lettera). I compagni sono, come sempre, registrai issi mi: citerò la Piro. il Salemme, la Moretti: il De Rosa come i più rilevati, ma dovrei citarli tutti. Risate continue, applausi di un pubblico partecipe. Guido Davico Bonino
Persone citate: De Rosa, Guido Davico Bonino, Lojacono, Moretti, Salemme
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