Amerig&j il pilota del nuovo mondo di Luigi Firpo

Amerig&j il pilota del nuovo mondo LA CRITICA INDAGA GLI ULTIMI SEGRETI DEI RESOCONTI DI VESPUCCI Amerig&j il pilota del nuovo mondo Da «Mundus novus» e dalle «Lettere» traspare una straordinaria curiosità di astronomo e di etnologo - Fu il primo a comprendere che le nuove terre non erano estreme propaggini asiatiche, ma un continente smisurato - «Andammo in nome di discoprire e non di cercare alcuno profitto)) - Scettico sull'oro e le spezie: «Si dicono molti miracoli, ma io sono di que' di San Tommaso» Nel 1503 o ai primi del 1504 apparve a Firenze un opuscolo a stampa, privo di frontespizio, di data e di indicazione della tipografia, che divulgava sotto il tiolo di Mundus novus un'asperità lettera di Amerigo Vespucci a Lorenzo di Piero de' Medici •il Popolano». St tratta di una misera •placchetta* di sole otto pagine, composta con stanchi caratteri gotici, del genere di quelle che venivano vendute per pochi spiccioli sulle piazze dei mercati, via non di una stampa popolare, perette il testo vi appariva in versione latina e si rivolgeva perciò alle persone colte. Lo scrivente vi narra un suo viaggio nell'Atlantico meridionale, a bordo di una nave portoghese, intrapreso nel maggio del 1501 e durato per beh venti mesi. Dopo aver toccato le Canarie e il Capo Verde, s'era avventurato nell'Atlantico verso Occidente, avvistando infine la costa americana presso l'attuale Capo S. Agostino in Brasile, sei gradi sotto l'Equatore. Sempre costeggiando e con frequenti approdi, l'esplorazione si sarebbe spinta fino al cinquantesimo grado lungo i dirupi gelidi della Patagonia, fallendo di poco la scoperta della porta del Pacifico: quello stretto ette sarebbe stato varcato, ma soltanto nel 1520, da Magellano. Tranquillo Nel racconto Vespucci non manifesta angosce esistenziali, non lamenta i patimenti affrontati, che pur dovettero essere durissimi, né i rischi mortali. £' un uomo tranquillo, sospinto da una straordinaria curiosità di astronomo, di naturalista, soprattutto di etnologo. Nelle fitte popolazioni che si as- siepano alla rli>a per accogliere i nuovi venuti, bianchi di.pelle e barbuti sulle loro grandi navi, oppure in quelle altre che fuggono timorose sulle alture, o si presentano con mazze e frecce per respingerli, Vespucci scopre una gente diversa, una civiltà. Ne descrive cosi i vwdi di vita, l'alimentazione, ' le strutture familiari, la bellicosità, Il feroce cannibalismo, l'ingenuità fiduciosa, la lussuria femminile, la casta nudità. Anch'egli, come tanti esploratori e colonizzatori più tardi, adotta parametri di efficienza e di moralità die erano propri dell'Occidente, immagina perversioni e vizi crudeli, ma è sempre disponibile a riconoscere il candore degli animi, l'ospitalità generosa, lo sforzo di reciproca comprensione. Una stessa bramosia di «sapere» lo spinge a partecipare, armi in pugno, agli sbarchi più temerari o a consumare le notti contemplando le sconosciute costellazioni australi. Con distaccato ' realismo egli annota così la vegetazione lussureggiante, l'intrico di mille piante aromatiche, i frutti strani e squisiti, gli sciami di scimmie e di pappagalli multicolori, le specie innumerevoli di animali selvatici, gli alligatori e gli anaconda, le iguana mostruose tenute al guinzaglio e t ragni grossi come pollastri destinati ad alimentare le tnense. La gente doveva ascoltare sbalordita quelle notizie non meno favolose delle imprese descritte nel cantari cavallereschi. Nel 1505 o poco dopo apparve, sempre a Firenze, la Lettera di-Amerigo Vespucci delle isole nuovamente trovate in quattro suol viaggi, da un originale diretto a Pier Sodertni, gonfaloniere perpetuo della Repubblica. Stavolta la mole del libretto era doppia, il carattere un nitido romano, e cinque incisioni in légritì'abbelUvalto Védtzitih'e; ovviamente rlvòXìa'''ad un pùboitéóWc ras-fro1'* popSIiv re. Il raccont&'tràdiscé una manipolazione editoriale disinvolta, aggiunge ■ episodi inventati e notizie1 palesemente ripetitive; se il Mundus aveva accennato a tre viaggi vespucclanii' qui si parla ora di quattro, ma il terzo, del 149748 (dal 16" parallelo Nord fino al Chesapeake) e il quarto, del 1503-04 (fino a un punto malcèrto della costa brasiliana, finito in un naufragio), sono messi in serio dubbio dalla critica. Qualcuno ha parlato di un falso intenzionale per sottrarre a Colombo il.vanto di aver toccato per primo la terraferma del continente americano (cosa che. egli fece solo nel suo terzo viaggio, il 5 agosto 1498). Ma per gli uomini del primo Cinquecento quelle erano notizie fresche, ài prima mano, vergate in stile asciutto e concreto, molto meno fa- noiose di tanti racconti di viaggio che per secoli avevano acceso la fantasia popolare con racconti di mostri e di tesori inauditi. Il successo del Mundus fu larghissimo (una dozzina di edizioni in tutta Europa), ma più incisivo fu quello della Lettera, da quando Martin Waldseemùller, dotto geografo, la volse in latino nella propria Cosmographlae introducilo pubblicata a StDié in Lorena nell'aprile del 1507. In quel libro egli formulava per la prima volta la proposta di denominare America quel continente meridionale che Vespucci aveva per prini^mfmàiatc per cosi immenso trailo, e pochi mesi più tardi era ancora lui ad incidere quel nome sul i suo grande planisfero: un nome che per analogia si sarebbe poi esteso anche alla massa continentale dell'emisfero boreale. L'imbarco Nessun dubbio rimane sulla reale figura storica di Amerigo, nato a Firenze da famiglia distinta ma non danarosa nel 1454, formato negli studi classici, ma presto entrato nel banco di Lorenzo di Pier Francesco de' Medici e inviato a Siviglia per motivi di traffico nel 1492. Là il Vespucci fu impegnato nell'allestimento delle flotte oceaniche, prese confidenza col mare, approfondi gli studi astronomici e specialmente il calcolo delle longitudini; fu probabilmente in veste di cosìnografo che si imbarcò a Cadice, il 18 maggio del 1499, su una delle quattro navt della spedizione capitanata da Alonso de Ojeda. Qualunque sta stata, più tardi, la sua presenza sulle rotte avventurose del Nuovo Mondo, l'esperienza che egli vi accumulò e i preziosi servizi die rese alla navigazione gli guadagnarono poi (1508) la nomina ambitissima a Piloto Major, cioè a responsabile dell'addestramento dei piloti e al continuo aggiornamento del Padrón Real, la grande carta segreta delle nuove terre via via scoperte: un incarico prestigioso, che egli resse fino alla morte, seguita il 22 febbraio 1522. A mostrare che Vespucci non era un narratore di favole esotiche, né tanto meno un millantatore, stanno le sue lettere autentiche al Medici, die cominciarono a vedere la luce nel Settecento. Ne possediamo tre sole, oltre l'ampio frammento d'una quarta, e da esse emerge con sicurezza che Vespucci ebbe parte in almeno due viaggi: quello del '99 con l'Ojeda, concluso nel giugno 1500, che lo aveva condotto a costeggiare il Brasile fino al fi* orario di latitudine meridionale, scoprendo la foce del Rio delle Amazzoni, per risalire poi fino all'attuale sponda colombiana; e l'altro, su legni portoghesi, tra il maggio 1501 e il luglio 1502. che lo aveva portato ad avvistare la Terra del Fuoco. Al lume di questi documenti, certo più genuini e diretti, la tesi dominante era sino a Ieri quella di prestare fede ad essi soltanto, confi¬ nando il Mundus e la Lettera fra le manipolazioni inattendibili. Il tono stesso delle missive, rispettoso e familiare al tempo stesso, spira un senso di autenticità e di immediatezza; l'autore si scusa di parlare di curiosità di modesto rilievo per l'uomo d'affari fiorentino e chiede che la propria lettera venga letta «come frutta, dopo levala la mensa»; osserva che gli indigeni sono longevi e immuni da pestilenze e annota con un sorriso: «e' Medici avrebbero cattivo stare in ta' luogo»; sottolinea il proprio disinteresse per il guadagno e aggiunge: -Li omini del paese dicono sopra a l'oro e altri metalli e drogherie " (dot, spezie) molti miracoli, ma io sono di que' di 8an Tomaso», cioè di coloro die credono solo dopo aver toccato con mano. La conclusione di ferma saggezza è che «el tempo farà tutto». Un futuro aperto ad ogni possibilità si dischiudeva ormai di fronte agli scopritori del Nuoi>o Mondo. Certa dunque la figura del protagoniste-, ma incerti i viaggi. Mancava poi, fino a ieri, un'edizione critica di tutte le testimonianze superstiti, tale da consentire unindagine sicura, anche linguistica, su tutti gli aspetti del loro messaggio. Vi provvede ora Luciano Formisano, un giovane ma ferratissimo filologo, con l'edizione sontuosa delle vespucciane Lettere di viaggio (Milano, Mondadori, 1985), che si fonda anche su manoscritti non mai messi a frutto e accompagna i testi con un largo corredo di varianti, glossari e passi paralleli della letteratura di iHaggio. Un lavoro die mette un poco in disparte quello, di pochi mesi antecedente, di Mario Pozzi (lì Mondo Nuovo, Milano. Serra e Riva. 1984). che ai'eva avviato l'accertamento testuale di due delle lettere al Medici, offrendo in più il dettato latino del Mundus, affiancato alla versione italiana di quel primo racconto quale st lesse a mezzo il Cinquecento nella grande collana di navigazioni e viaggi del veneziano Ramusio. Emerge dal lavoro del Forvilsano un approccio nuoi<o e persuasivo al problema delle testimonianze vespucciane: non si tratta più di contrapporre libretti manipolati a lettere genuine, perché anche queste ultime, forse fin dal momento della loro stesura, ebbero a subire un'elaborazione letteraria e, forse, contaminazioni Incrociate. In altre parole, dovette costi¬ tuirsi a Firenze un fondo di lettere autentiche, in vario modo riassunte e rifuse per costituire i diversi •messaggi, impiegati per la divulgazione delle scoperte. Al di sopra dei tanti punti controversi, lo straordinario apporto di conoscenze che l'Occidente dovette al Vespucci resta di importanza primaria. Vedendo scorrere sotto il suo sguardo migliaia di chilometri di costa continua, attingendo in mare aperto l'acqua dolce immessa dagli estuari di fiumi immensi, Vespucci fu il primo a comprendere che le nuove terre non erano isole, o estreme propaggini asiatiche, ma un nuovo e smisurato continente, un vero e proprio •mondo nuovo». Un universo sconosciuto, milioni di uomini rimasti all'età della pietra, piante e animali non mai veduti: una sfida gigantesca per gli esploratori, t colonizzatori, l missionari, gli uomini di scienza. Non i fuggevoli approdi dell'Asia, dove imbarcare spezie e perle da smerciare in Europa con lucri favolosi, ma un impegno globale, che avrebbe cambiato la storia dell'Occidente e quella dell'umanità Riandando alle molte • male notti- trascorse a scrutare la volta celeste, Vespucci ricordano estasiato gli • infiniti corpi di stelle molto chiare e belle» che aveva contemplato; al ritorno gli toccò, quale parte sua del ricavato, la misera moneta di cinque scudi. Ma con fierezza poteva dire di quel pugno di uomini coraggiosi: «Andammo in nome di discoprire... e non di cercare alcuno profitto». Il suo sogno era di lasciare di sé, .dopo la morte, qualche fama». Un continente intero porta oggi il suo nome. . Luigi Firpo Dalla prima edizione della «lettera delle isole nuovamente trovate»: illustra/ione per il fronti spi/io