Perché fingiamo ancora il carnevale di Sergio Quinzio

Perché fingiamo ancora il carnevale Perché fingiamo ancora il carnevale La vera storia di una festa dalle antichissime origini - Così i secoli cristiani l'hanno consumata Il carnevale prende stranamente il nome dalla quaresima: ccarnem levare», (■togliere la' carne», indicava il martedì grasso, giorno in tutti i sensi carnale prima del periodo di astensione e penitenza. Ma il carnevale nasce molto prima del cristianesimo, e nei secoli medievali i già una sopravvivenza affievolita. Si celebravano allora la ('Festa dell'asino» e quella «dei folli»: un asino veniva introdotto in chiesa e solennemente venerato; il basso clero si abbandonava agli atti più sconvenienti, parodiando in modo blasfemo la sacra liturgia. Un antecedente di queste feste sta nei saturnali romani, in cui gli schiavi comandavano ai padroni e questi li servivano, immagine di un «mondo alla rovescia», dove tutto si faceva contrariamente all'ordine normale. Demoniaco Era molto più che uno scherzo,,perché rovesciare l'ordine delle cose significa ritornare al caos, ed é qualcosa di demoniaco. Il rìso carnevalesco era una smorfia beffarda che cancella la stabilità delle cose. Le maschere, per lo più orride ed evocanti forme ani¬ mali o demoniache, esprimono una caotica promiscuità, il cadere delle distinzioni, dei confini. Un'altra,- improbabile, interpretazione di (carnevale» ci riporta all'arcaica astrologia caldaica: ('car-navalc» è il carro del sole che. navigando nel cielo, riporta ogni anno al culmine del firmamento la ruota solare. Il corso dei carri carnevaleschi che sfilano riproduce ancora quel remotissimo modello. La festa si celebrava a Babilonia nei giorni intercalari, quelli clic si inscrivano tra il vecchio c il nuovo anno, nel pericoloso vuoto fra ciò che non è più e ciò che non è ancora, per far tornare i conti fra il calendario solare e quello lunare, dal momento che i mesi lunari non sono contenuti un numero esatto di volte nell'anno solare. Come i giorni intercalari sono eccezionali, sottratti alla legge che regola il normale corso del tempo, così i corrispondenti giorni di carnevalcsono senza legge, di capovolgimento della legge. Il carnevale non e però pura assenza di legge,- bensì un'assenza di legge preordinata e ben delimitata. I giorni di carnevale; come i giorni intercalari in cui si celebra, sono uno spazio che la ragione, l'ordine, ritaglia all'interno del suo sistema per dare un controllato posto alla follia, al disordine. In quel periodo, riso, danza, maschere possono scatenarsi in un'esplosione vitale aggressiva e liberatrice, solo in quel periodo. Il carnevale dei secoli cristiani porta in sé tutto questo, ma la libertà carnevalesca è subito in rapporto con la quaresima successiva, e la storia del carnevale cristiano e la storia del suo decadere, del suo consumarsi. Vasilij Rozanov ha interpretato tutta la storia dopo Cristo come il trionfo del dolore sulla gioia, della morte sulla vita: l'ascetismo dei monaci che rinunciano alla carne e rifiutano di trasmettere la vita ne è l'emblema. Anche quando il mondo cristianizzato, divenuto moderno, stacca da sé l'etichetta religiosa, resta suo malgrado segnato per sempre — dice Rozanov — dall'attrazione della morte, soggiogato dalla sublime bellezza spirituale del Dio che muore. La vita perde spazio, e la morte Io conquista. La quaresima vince il carnevale. ÌSic\YApocalisse del nostro tempo, tradotta da Adelchi, Rozanov giunge a interpretare la rivoluzione comunista come l'ultima tappa, desti¬ nata a culminare nella distruzione apocalittica del mondo, di un processo di allontaniamo della vita che coincide con ■ r l'affermarsi dello spirito di morte cristiano. Quella follia E tuttavia, molto più che per effetto di una quaresimalizzazione del mondo il carnevale cristiano muore) per l'effetto, opposto, di un'esigenza di vita, di liberazione, tanto radicale da non pdjepsi più accontentare di un delimitato periodo di giorni, sempre ritornanti a ogni anno come breve eccezione nell'interminabile vicenda di 'soggezione dell'uomo alla legge' Dietro lo scandalo del Dio irYorlo. clic c'immerge con lui nel battesimo della morte, c'è ^o scandalo più grande del Dio risorto, che promette di farci vivere con lui una vita sottratta al giogo della morte, ài peso di ogni necessità e fatalità naturale. , j , La paolina «libertà dei figli di Dio» svuota di senso la libertà carnevalesca;.. Non c'è più, nella sua autenticità e forza, un tempo di carnevale, perché il suo sfogo liberatorio è sentito fittizio. Non c'è più carnevale, malgrado gli sforzi di fingerlo ancora, perché non c'è più un tempo non carnevalesco, un tempo cioè accettato come sottoposto alla legge che la natura e la società impongo no all'uomo. Gli arcaici giorni sospesi fra il vecchio e il nuovo anno erano precari, temibili, erano un rischioso passaggio attraverso il caos, in vista della ricreazione di un tempo nuovo. La follia del carnevale consisteva nel lanciarsi, come fa la (•nave dei folli», in quel pericoloso vuoto. Ma tutto allora, in quelle remote civiltà sacrali, veniva ritualizzato, e il rischio del carnevale era un rischio calcolato, ridotto a ricorrente celebrazione. E' il cristianesimo che, sottraendo il carnevale al rassicurante ritorno annuale dell'identico ordine, per esigere la liberazione al di là di un fittizio tempo rituale, trasforma il pericolo del caos carnevalesco da astratta possibilità di catastrofe nell'interregno dei giorni intercalari in catastrofe vera. Il carro navale, la nostra nave dei folli, naufraga davvero. La ruota solare rìsale ogni anno alla sommità del firmamento, ma il Redentore non ritorna a liberarci, e noi cadiamo nella nostra disperazione. Sergio Quinzio

Persone citate: Rozanov, Vasilij Rozanov

Luoghi citati: Babilonia