Il buio sulle città
Il buio sulle città Il buio sulle città Non è una lettura rallegrante, questa, di un libro che ha lo stesso titolo di un film terrificante, 11 giorno dopo, autore il fisico statunitense M. Riordan, sugli effetti di una guerra nucleare. Esso, come già il film, e basato sul rapporto dcll'Otg^ (Ufficio per la Valutazione tccnolcTgità)"'Sl ttòV" grcsso Usa (The Fffects of Nuclear War), contribuendo, con altre iniziative di stampa, cinema, televisione, a diffondere il terrore delle armi atomiche. Terrore in parte benefico, perché se cessasse, se le conversazioni riallacciate a Ginevra conducessero allo smantellamento totale degli armamenti nucleari (destinando magari quei reagenti alle industrie per la produzione di energia pacifica), ebbene, il mondo ne sarebbe destabilizzato e diventerebbe forte per i capi dell'impero sovietico la tentazione di adoperare la superiorità propria nelle armi convenzionali per portare i confini occidentali di quell'impero all'Atlantico. Gli effetti delle esplosioni nucleari sono noti: molto se n'è scritto e in parte veduto. Conosciamo il vasto spettro di quei modi di morte: sotto i crolli delle case abbattute dall'onda DIDIMO d'urto; per le ustioni da radiazione termica; per essere rimaste intrappolate le persone in uno degli innumerevoli incendi, o piagate dalla radiazione diretta e, più tardi, dalla .ricaduta del pulviscolo radiattivo; o in"fìr1c"'dallà^rtyntomitanza dei predetti trattamenti. Una tal guerra peraltro, nel suo complesso, non è bene prefigurarle; perciò nel volume non si prende in considerazione la probabile risposta a un attacco nucleare, né i vari possibili sviluppi di un conflitto. (Non sarebbero molte le fasi di esso: quanto più intenso ne fosse il principio, tanto più presto si estinguerebbe). Per rimanere nel limite del prevedibile, si considerano casi isolati: come gli effetti d'un attacco a una grande città (Detroit o Leningrado); o alle raffinerie di petrolio o agli impianti militari avversari; e si considera altresì la possibilità di una bomba preparata da terroristi con materiale rubato e fatto esplodere nel bel mezzo di una città (già l'avrebbero fatto se avessero saputo e potuto). . ;4 Più temibile forse, più paurosa del danno fisico portato alle persone, sembra presentarsi la disgregazione del tessuto sociale, divenuto ai tempi nostri vulnerabile in modo drammatico, soprattutto nelle città. Basterebbe considerare uno solo dei possibili guasti: poniamo la sparizione, totale o quasi, della ca; pstc1#*a'i ***H Sfeidlftc^aèlM* petrolio; o la cessata erogazione della corrente elettrica, senza la quale la maggior parte della popolazione di uno Stato, intere metropoli, resterebbero senz'acqua, per l'arresto delle pompe. Chi ha più in cortile un pozzo cui attingere? o i caminetti e le stufe economiche, dove bruciare legna? e, d'altra parte, la legna chi la porterebbe dai boschi? La sparizione totale di quel gas di città che il gelo dei passati giorni è bastato a intristire nei fornelli domestici, ci lascerebbe privi del fuoco, come dell'acqua e del cibo, rimanendo inerti i frigo, bloccati i trasporti. Quale senso hanno ancora, con queste prospettive, le misure per la protezione civile, i ripari? Porse, alla prova, le cose non andrebbero poi tanto male; forse la paura è maggiore del danno; ma, una tal prova, chi l'arrischiercbbc?
Persone citate: Riordan
Luoghi citati: Detroit, Ginevra, Leningrado
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