La tecnologia del metal-cream

La tecnologia del metal-cream La tecnologia del metal-cream CHIUNQUE abbia una qualche dimestichezza con la preparazione del gelati, sa che le condizioni fisiche necessarie per trasformare gli ingredienti eduli dallo stato liquido a quello semisolido (cremoso) sono due: la bassa temperatura e il rimescolamento continuo. In particolare è quest'ultimo fattore che, al di sotto dello zero centigrado, impedisce la formazione e il consolidarsi di aggregati cristallini di ghiaccio che — altrimenti — invaderebbero in breve tempo tutta la massa refrigerata rendendola compatta. Il rimescolamento, cioè, dà luogo a una consistenza pastosa che potremmo definire un .■sotto-stato» della materia, a metà strada tra lo stato liquido e quello solido. Ebbene, oggi sappiamo che questo «sotto-stato» può essere ottenuto non soltanto nel materiali che sono liquidi a temperatura ambiente e solidi a temperature basse (come i gelati) ma anche in quelli — come i metalli (a eccezione del mercurio) — che sono liquidi ad elevate temperature e solidi a temperatura ambiente. Per capire meglio questo secondo caso, va ricordato che, di norma, al di sotto del punto di inizio della solidificazione le leghe metalliche si comportano in modo particolare, dando luogo a un consolidamento differenziato («segregazione») dei vari elementi che le compongono, e generando estese ramificazioni di cristalli («dendriti»). Se, in fase di inizio della solidificazione, si sottopone la lega metallica a rimescolamento, segregazioni e dendriti non possono svilupparsi e il materiale assume una struttura «globulizzata» molto uniforme con una consistenza pastosa e bassa viscosità. Tale stato di cose presenta vantaggi di grande rilievo sia sotto l'aspetto dell'uniformità chimico-fisica (assenza di difetti interni, carat' teristiche meccaniche uniformi) sia sotto quello della lavorabilità (basse pressioni per il riempimento delle forme). Una volta chiarito il fenomeno, la realizzazione LO chiamavano 11 «pianino della bambola» oppure il «cembalo scrivano». In realtà era la prima macchina per scrivere. Quel marchingegno ha 130 anni. Il suo inventore, 1' avvocato Giuseppe Ravi2za di Novara, morì nel 1885. esattamente un secolo fa. Pochi giorni prima della morte aveva scritto: «Ormal di questa povera macchina, cura precipua di tutta la mia vita, comincio a disperare. Benché cosi prossimo al trionfo, vedendo che la mia salute non accenna a migliorare, temo pratica di un processo adatto allo scopo è stata tutt'altro che facile. Ci è riuscito recentemente il Centro ricerche Fiat che, con il parziale finanziamento del C.N.R. nell'ambito del «Progetto Finalizzato Metallurgia», ha messo a punto un impianto semlindustrlale nel quale il passaggio dal liquido al semisolido avviene mediante un dispositivo statico di miscelazione, mentre la pressione per lo scorrimento del metallo è data da una pompa elettromagnetica. L'impianto opera su leghe di alluminio, ma è prevista l'estensione del processo anche alle leghe ferrose. Antona, del Centro Ricerche Fiat, ha esposto Il cembalo scrii ano che non mi basti la vita». Invece i suol risultati avevano già rivoluzionato la tecnica dello scrivere. E oggi, a cent'anni di distanza, nell'era dei videoterminali, dell'informatica e del «word processing», quell'invenzione lontana e superata resta una pietra miliare nella tecnologia della scrittura meccanica. La storia della macchina per scrivere è un po' quella dell'uomo che nel secolo scorso avvertiva la necessità di abbreviare 1 tempi del lavoro d'ufficio, di uniformare le pratiche, di ri¬

Persone citate: Antona, Giuseppe Ravi2za

Luoghi citati: Novara