Nel cielo di gennaio brilla Betelgeuse

Nel cielo di gennaio brilla Betelgeuse Nel cielo di gennaio brilla Betelgeuse Il respiro della stella rossa NELLE sere di gennaio 11 cielo verso Sud è dominato dalla costellazione più riconoscibile e più bella In assoluto: quella che raffigura Orione, 11 gigante cacciatore che, armato di spada, lnsegue le Pleiadi e si difende dal Toro. Le sue stelle principali formano un grande trapezio che ha In mezzo tre stelle in fila, rappresentazione della cintura. La stella al vertice superiore del trapezio si chiama Betelgeuse, corruzione dell' arabo «Ibtal-Jawza», che significa «la spalla del gigante». E' una gigante rossa, l'undlcesima di tutto il cielo In ordine di luminosità, e passa al meridiano esattamente a mezzanotte del 21 dicembre, in coincidenza con il solstizio d'inverno. A Betelgeuse si attribuisce la magnitudine media di 0,7. Ma si tratta di una stella variabile: capricciosamente oscilla di quasi una magnitudine, con un periodo principale di 2070 giorni (poco più di 5 anni e mezzo) al quale si sovrappongono altri periodi minori. Cosi in certe sere raggiunge la magnitudine 0,4 e in altre scende a 1,3. Il primo ad accorgersene fu John Herschel nel 1840. E c'è 11 sospetto che in passato ci siano state oscillazioni anche maggiori, con una tendenza complessiva alla diminuzione. Infatti, benché Betelgeuse sia la stella alfa di Orione, oggi la più luminosa è senza dubbio Rigel, che ha magnitudine costante 0,2, pur essendo contraddistinta con la lettera beta. La distanza di Betelgeuse è piuttosto incerta. In ge¬ he non esiste realmente: è il cauter incontra gravi difficoltà grafica ne inquadra soltanto la testa? A paragone di ciò, è stato facile insegnare al computer una prodezza di pura logica come il gioco degli scacchi. Un po' più difficile, ma non impossibile, è stato insegnargli a riconoscere le voci, un problema di percezione che ha alcune somiglianze con la capacità di leggere, ma in cui sono stati fatti ben altri progressi. Secondo David Marr, un ricercatore del MIT di cui è uscito postumo il libro «Vision» (ed. W. H. Freeman), gli psicologi della Gestalt si sono accorti già da tempo della sottigliezza della vista umana. Sono stati loro in¬ Tutti in fila, informatizzati — Secondo le più recenti proiezioni, tra dieci anni il 70 per cento delle persone inserite nel mondo del lavoro utilizzerà 11 computer, e la scuola del Paesi più avanzati sta preparando 1 giovani a questo prossimo futuro. In Inghilterra, per esemplo, il 90 per cento delle scuole fa uso di computer. Su questa linea, la Commodore ha dato 11 via a due progetti: «Lucas» e «100 scuole». Il primo prevede, patrocinato dal Comune e dal Provveditorato agli studi di Milano, l'introduzione all'uso del computer nella scuola dell'obbligo per 1' anno scolastico '84/'85, coinvolgendo 4 elementari e 7 medie. Il secondo progetto, Invece, mette a disposizione lo stesso materiale a cento Insegnanti, perché l'inserimento dell'informatica fra 1 banchi avvenga attraverso le diverse materie di ogni singolo docente. L'occhio del «padrone» — Dirigenti d'impresa, uomini d'affari e funzionari di vendita In viaggio possono continuamente comunicare con la propria azienda aso nell nere la si stima tra i 520 e i 650 anni luce. In ogni caso è già evidente che si tratta di una stella molto luminosa e di proporzioni colossali. Il suo diametro varia di pari passo con le oscillazioni luminose: è come se tut-' ta la stella respirasse. da essi applicato al telescopio da 2,5 metri di Monte Wilson, In California. La notte del 13 dicembre 1920 essi riuscirono a stimare un diametro di 0,047", lo spessore di un capello a mezzo ' chilometro di distanza, i Su Betelgeuse ha dato straordinari risultati una nuova tecnica interferometrica messa a punto in Francia ma poi molto applicata negli Stati Uniti: 1' lnterferometrla a macchie, o «speckle interierometry.. Nel 1974 Lynds, Worden e •Harvey all'Osservatorio nazionale americano di Kitt Peak hanno montato un microscopio sul plano focale del telescopio «Mayall» da 4 metri. In modo da ottenere Immagini di Betelgeuse enormemente Ingrandite, come se la focale dello strumento fosse stata di oltre un chilometro. Poiché l'immagine cosi Ingrandita diventava evanescente, è poi stato applicato un lntenslficatore di Immagini, Naturalmente la turbolenza atmosferica disturbava moltissimo le immagini, nonostante una posa cosi breve e le ottime condizioni atmosferiche dell' Arizona. Ma elaborando al calcolatore duemila fotogrammi, 1 tre astronomi di Kitt Peak sono riusciti a comporre una sola Immagine riassuntiva, nella quale per la prima volta è stato' possibile distinguere particolari sulla superficie di una stella. Il diametro di Betelgeuse è risultato di sei centesimi di secondo, e sulla sua fotosfera si vedevano alcune macchie più fredde e zone, Invece, a temperatura più alta, corrispondenti forse alle regioni emergenti di enormi bolle di convezione che trasportano verso la superficie 11 calore prodotto dalle reazioni termonucleari in corso nel cuore della stella. Quando è al minimo, Betelgeuse brilla come diecimila Soli, quando è al massimo come 19 mila, e il diametro passa da 750 a 1300 milioni di chilometri: come dire che, se si trovasse al centro del sistema solare, la sua fotosfera (temperatura di circa 3000") lambirebbe ora l'orbita di Marte ora quella di Giove. Visto da Betelgeuse il raggio dell'orbita terrestre sottenderebbe 5 millesimi di secondo d'arco: più o meno come lo spessore di un capello visto da una distanza di 4 chilometri. Nonostante ciò, Betelgeuse è cosi gigantesca che è stato possibile apprezzarne il diametro (quasi tutte le stelle sono praticamente puntiformi). I primi a tentare questa misura furono Albert Michelson e F. G. Fease, con l'interferometro Poiché la massa dovrebbe essere tutt'al più quella di una trentina di stelle come il Sole, è facile dedurre che Betelgeuse è una bolla di gas estremamente rarefatto, un «nulla colorato di rosso». La sua densità media è meno di un centomillesimo di quella dell' aria. Il 16 per cento dell' energia viene emesso sotto forma di luce, il resto è irradiato nell'Infrarosso. Cosi, se 1 nostri occhi fossero sensibili all'infrarosso, Betelgeuse diventerebbe di gran lunga la stella più luminosa del cielo Invernale. Comunque anche cosi non scherza. Se fosse alla stessa distanza di Sirlo (8,6 anni luce), ci apparirebbe splendente come la Luna al primo quarto, con la differenza sostanziale che tutta la luce proverrebbe da un puntino impercettibile. Piero Bianucci . flessi, mentre parti anche importanti rimangono praticamente invisibili. Perciò aveva creato per i computer del programmi in cui prima di tutto cercava di identificare superficl, colori, ombreggiature. Bisogna superare questo ostacolo, diceva, prima che una macchina possa fare 11 passo successivo di identificare gli oggetti. Alla Stanford University, Thomas O. Bingord e i suoi colleghi hanno escogitato un altro metodo per arrivare a far riconoscere le immagini al computer. Usano una forma-tipo a base cilindrica. Un essere umano, per esempio, viene suddiviso in sei cilindri: testa, tronco, due braccia, due gambe. Con questa tecnica il gruppo ha avuto qualche successo, facendo ricono^ scere alla macchina gli aeroplani presenti in alcune fotografie scattate all'aeroporto di San Francisco. Al Carnegie Mellon, invece, il dottor Kanade ha creato un suo «mondo di origami», semplificando per il computer la complessità del mondo reale e creando modelli generali di riferimento, anziché sagome precise. Intanto il Pentagono sta finanziando uno studio che dovrebbe dare, nel giro di due anni, un veicolo terrestre autonomo capace di usare occhi artificiali per seguire un percorso ben definito. Le applicazioni di queste ricerche non sono però soltanto militari. Il dottor Thomas Poggio, ricercatore del MIT, ha dichiarato che alcuni suoi lavori matematici per identificare 1' . immagine attraverso, un computer hanno Indotto 1 biologi a cercare processi slmili nel cervelli delle scimmie. «Il cervello sta sconfiggendo il computer nonostante 1 neuroni siano circa un milione di volte più lenti del silicio — ha scritto recentemente il dottor Mitchell Waldrop in "Science Magazlne" —. Il segreto, naturalmente, sta neH'"implanto". I neuroni fanno milioni o bilioni di operazioni simultaneamente, mentre i computer, con poche eccezioni, sono ancora basati su di una architettura a puntate, "uno-scalino-per-volta"». Queste intuizioni sul complesso «impianto» del cervello sono assai recenti. Soltanto vent'anni fa i biologi aprivano qualche breccia nei misteri dell'anatomia e della fisiologia dell' occhio, certi che 1 meccanismi della vista sarebbero stati presto chiari. Ma cosi non è stato. E' diventata evidente soltanto la stupefacente diversità dei nervi e delle cellule nella retina, del nervo ottico e della corteccia del cervello. Ma come si formino le immagini resta sempre un mistero. William J. Broad Copyright cSclence Times The New ■ York Times» e per l'Italia «U Stampa» de! cerchio che si vede intero 'imitare la perce/ione umana fatti a notare come l'immagine percepita sia spesso più grande della somma delle sue parti visibili. Il cervello, per esempio, riconosce un modello preciso in una successione di punti casuali o vede un cerchio, intero anche quando appaiono soltanto dei frammenti. Insomma, vede anche le cose che non ci sono. Per David Marr, ii problema di vedere con una macchina non potrà mai essere risolto semplicemente accentuando i contrasti. Secondo la sua esperienza, le linee di un'immagine che più emergono spesso sono valorizzate da fattori marginali come le ombre o i ri¬ Arsenluro di gallio — La ; società governativa giapponese per le ricerche e lo sviluppo ha annunciato la, realizzazione di un nuovo; processo per la produzione di semiconduttori all'arse-1 niuro di gallio di più alto' rendimento, utilizzabili nella fabbricazione della nuova generazione di computer ad alta velocita. Il nuovo processo si chiama «processo fotomolecolare a strato epitassiale» ed è 11 risultato di studi compiuti da un gruppo pilota dell' Università Tohoku. L'informatica in mano — Tra le numerose pubblicazioni che proliferano intorno al fenomeno informatico, segnaliamo il «Manablle di Informatica», edito dalla Manobook di Padova. Quarto di una serie di grande successo (1 primi tre erano dedicati alla matematica, alla fisica e alla chimi- ' ca), 11 «Manablle di Informatica» è un libricino di dimensioni ridottissime (mm 55x60x18) che tuttavia riesce a compendiare, nelle quasi 400 fitte paginette, tutto quanto un neofita di buona volontà deve sapere sul computer.

Luoghi citati: Arizona, Betelgeuse, California, Francia, Inghilterra, Italia, Milano, Padova, San Francisco, Stati Uniti