Bisogna trovare correttivi perché lo Stato si salvi dai debiti

Bisogna trovare correttivi perché lo Stato si salvi dai debiti Bisogna trovare correttivi perché lo Stato si salvi dai debiti Spesso l'assistenzialismo incentiva enormi sprechi Responsabilizzare pubbliche - Occo All'Unità nazionale l'Italia giunse gorilla di diffidenze verso le autonomie locali. Il liberale Cavour era terrorizzato all'Idea di lasciare I comuni nelle mani del •Paglietta», gli avvocali echi che studiavano I codici per meglio (rodar lo Stato. I suol erodi non furon da meno. Quando concesse più ampi margini a Province e Comuni, subito Crispi Istituì le Giunte provinciali amministrative che consentivano al governo, tramite I prefetti, di riprendere le briglie dell'amministrazione locale. Anche Giovanni Giolitti, che nelle «Memorie» lodò la fierezza autonomistica della sua originarla Valle Maire, sciolse centinaia di consigli comunali e provinciali Imputali di alternare la finanza allegra con la petulante richiesta di contributi straordinari e governativi per fronteggiare I debiti. Povero e saggiamente avaro, lo Stato, per II quale era sacro II pa¬ Ondata di sosp il cittadino affinché assuma compiti ora affidati alle strutture rre che gli amministratori siano più qualificati ed efficienti Non è mistero per nessuno che In Italia la dilatazione del debito pubblico — asceso dal 7000 miliardi del 1060 al 361.841 del 1083 e dal 44 per cento del prodotto Interno lordo nel 1970 al 64-95 per cento delio stesso PII nel 1984 — fa rimpiangere le misure della Convenzione repubblicana francese, che nel 1763 rimborsò I creditori con cartamoneta di nessun valore. E non è mistero che larga parte dell'Indebitamento pubblico — come ha denunziato il procuratore generale della Corte del Conti — nasce proprio dagli sperperi dell'amministrazione locale e dalle Usi, le cui spese per II personale In un triennio crebbero di un buon 20 per cento, con andamento Inversamente proporzionale al servizi erogati. Bisogna però domandarsi se da un abisso di tali proporzioni si può risalire solo con provvedimenti normativi, e quindi fatalmente destinati ad affondare nelle sabbie mobili di centovent'annl di legislazione sempre più farraginosa, contraddittoria, Impraticabile; o non occorra Invece ridimensionare drasticamente la domanda sociale dal cittadini rivolta alla pubblica amministrazione, centrale e locale, riscoprendo II dovere (e, perché no?, l'orgoglio) di far da sé non solo nel «bricolage» della vita domestica, ma anche In buona parte di quel bisogni personali oggi scaricati sulle amministrazioni pubbliche. Liberandola da compiti cui I privati possono provvedere da sé è possibile restituire vigore e Incisività all'amministrazione pubblica e, comunque, diviene più lecito attendersene una risposta efficiente e oneste al bisogni daw? o Inderogabili. La riduzione deiia «domanda sodale» può tradursi anzitutto nel divieto di sperperare nell'effimero e nel pretestuoso (e presuntuoso) danari che arrivano comunque dalle fesche del cittadini e vengono sottratti a servizi necessari: pensiamo, per esemplo, e costosissimi spettacoli di cui nessuno sente necessità, a edifici sproporzionati al servizio cui sono destinati (scuole e asili presto senza bambini), a parchi poi abbandonati all'Immediato degrado per l'Incuria pubblica e II vandalismo privato. Prima e più che con grandi riforme di legge l'azienda Italia si può dunque salvare con le cure quotidiane, anonime, del suol cittadini. aenza adeguata copertura finanziarla. Lenimento al pauperismo deil'amministrazione pubblica ero la munificenza del privati. Era una età nella quale II cittadino sapeva di dover fronteggiare In prima persona urgenze ed emergenze della vita: nevicata sulla porta di casa, spurgo della bealera cittadina, spostamenti da casa al lavoro, smaltimento di gran parte del rifiuti, conseguenze di terremoti frane alluvioni, epidemie. Come nella Bibbia, passato II peggio ognuno si rimboccava le maniche. Gran parte delle feste pubbliche era 8 sua volta finanziata, In tutto o quasi, da munifici cittadini quale doverosa contropartita per li prestigio delle cariche ricoperte o per I titoli di cui andavan fieri. Quello non è certo un mondo che posse essere seriamente riproposto, né, quindi, merita rimpianto. Bisogna tuttavia constatare che all'eclissi quasi totale dell'antica beneficenza e alla laicizzazione della vite civica non corrispose l'avvento di una vasta e sentita coscienza della solidarietà tra I cittadini. Proprio perché gli uomini non aono automi, nessun loro sistema politico regge senza •buoni sentimenti»: questo va ricordato anche se può sembrare Inattuale e persino risibile. Lo «I constata del resto tutto dove al volontariato e al mlsslonarlsmo è subentrato II lavoro per contratto. DI 11 nasce tanta parte del guai che oggi affliggono l'ammlnlstrazlone locale, messa sotto accusa dal Procuratore Generale della Corte del Conti nel discorso d'apertura dell'Anno giudiziario. All'ossessione accentratrice del periodo pre-repubblicano, soprattutto dall'avvento delle Regioni si rispose con la frantumazione del poteri e la polverizzazione delle responsabilità, mentre la miriade di enti, consigli, comitati si popolò talora di Incompetenti elevati a portavoce di Interessi sodali. Se anche II più umile posto di dattilografo viene assegnato per concorso, solo al governo dell'amministrazione si perviene aenza alcuna verifica di attitudini e di capacità. La partecipazione collettiva alle decisioni di rilievo pubblico si rivelò perciò quel che era: un mito dietro II quale avanzava la conquiste di poteri settoriali e contrapostl agli Interessi generali, In una età nella quale la stessa dimensione nazionale si è mostrata Inadeguata al bisogni permanenti e supremi del popoli. reggio del bilancio, per attuare le sue stesse provvidenze di legge scaricò sull'amministrazione locale l'onere di fomtegglare le richieste popolari. Cosi, per esemplo, tocco al Comuni provvedere al locati e agli stipendi delle scuole elementari e alle Province per quelli degli Istituti tecnici. Sulle Province gravarono II grosso della rete stradale, l'assistenze al trovatelli e al mentecatti. Quando, sull'Inizio del Novecento, si diffuse la municipalizzazione del servizi di volta In volta I cittadini furono chiamati a decidere con referendum se farsene carico, perché era ben chiaro che l'espansione dell'azienda comunale e provinciale comportava l'aumento Immediato delle Imposte. Insomma: chi voleva qualcosa, doveva pagarselo. Inutile chiedere allo Stato, le cui entrate, del resto, bastavano a malapena al suol bisogni. Perciò non passava legge etti sulla giunta

Persone citate: Cavour, Crispi, Giovanni Giolitti, Maire

Luoghi citati: Italia