Il cielo scende in hotel

Il cielo scende in hotel Il cielo scende in hotel «Non metterò i jeans a Manon» In programma venerdì a Torino con Maria Chiara, per la prima volta protagonista pucciniana in Italia «/Amo II portiere d'albergo, funzionarlo quanto mal solenne ed autorevole, che mi consegna lettere d'amore. mi porta I vaglia telegrafici, mi prenota un palco a teatro e la cabina dello spleeplng-car... E amo la fiorala d'albergo dalle bianche dita leggere che m'infiorano l'occhiello e si lasclan talvolta rubare una carezza profumatissima... «Amo l'imponente maggiordomo che mi porge la lista dei vini aperta su la pagina dello «Champagne», ed amo questa babelica folla dei Palaces cosmopoliti...». La pagina delle riminescenze, è aperta su «Sciogli la treccia, Maria Maddalena <■- di Guido Da Verona, romanzo tra I più Illuminanti sulla categoria «Grand Hotel- che è la più amata tra i cultori del neo-video-feuilleton. L'animo yankee le aveva già dedicato struggenti iconografie nel cinema, dove la grande ombra di Greta Garbo continua ad offuscare gli splendenti tentativi di Liz Taylor financo confortata da Burton, ma non c'è dubbio che l'ennesima consacrazione viene dalla tv dove più che lo scontro tra grandi divi, conta l'intreccio senza requie che è l'anima del romanzo popolare. -Amo questa babelica folla dei Palaces cosmopoliti, ove s'incontrano a decine ambasciatori senza governo e principesse da sempre divorziate, uomini d'affari e ballerini di tango, qualche famosa nlkllista russa e qualche ricco sfondato banchiere ebreo, cantanti e boxeur, signorine che si addestrano al marito e clergymen che giocano al bridge, archeologi e cavalieri d'Industria, signore sole con camere a due letti...-. Non c'è dubbio: è la cronaca affrettata di una puntata di 'Hotel- (su Canale 5). L'attento visore, nello stile Da Verona, avrà però colto i segni di quel -sublime epico-esotico- caro al Verne (■«...Le sue valigie sono finite a Kuala Lampur, slamo desolati-. mMiodlo, dov'è? C'era dentro anche II borsailino di mamma!".), del -subllme sociologico* che sfida anche Balzac (l'ex-camerlera davanti all'anziano amante miliardario intanato al ristorante: -Povero caro, morire su una omelette... E senza avermi Intestato niente...-), e del -sublime rivelatore- che prescinde anche dalle vertiginose agnizioni di Ponson du Terrail (la cameriera di prima ridivenuta tale, serve le portate ad un signore compiaciuto: «Cosa fa nella vita?-, -Il re del Portogallo-, -Ah, deve rendere bene...-). Al -sublime retorico- è invece riservato alla Rete Uno, nei -Miserabili- rivisitati da un Robert Hossein che ha comprato sulle bancarelle le dispense dei -Maestri del colore- e si è riletto proprio tutto, anche Poe e Stevenson, e mescola Bruegel a Goya e Giò Pomodoro, ma soprattutto fa rintoccare mezzanotte ad ogni pie sospinto in notti buie e tempestose sterzate dal vento dove I viandanti, se maschi, affondano fino ai malleoli In buche di mota, se femmine segnatamente madri di figlie di N.N., si trasfigurano orrendamente contraendo al tempo stesso geloni, sifilide, piorrea alveolare, tosse ed ineluttabile mal sottile, tant'è che si resta sbigottiti tra Mister Jeckyll e Miss Carolina Invernizio ed a Victor-Hugo non si pensa più. Certo più riguardosi della tradizione, compreso II -dialogo a cottimo» di Dumas, sono situazioni e personaggi di -Hotel». Violinisti stipendiati da Henry Mancini, sbucano anche dai soufflé firmati Zanetti; gli americangigolò sono facilmente riconoscibili dall'anello d'oro che orna il mignolo sollevato col calice di sherry offerto alle vittime; e I coniugi Smith che arrivano domani? Ma via: -Hanno risparmiato tutta la vita per questa vacanza: che si abbiano un trattamento regale!». Insomma V-Hotel» (che non a caso si chiama Santo Patrizio ed è collocato in Santo Francisco) è il Paradiso. Angeli, apostoli, cherubini e beati vegliano sui clienti. Il direttore è Gesù, impulsivo come sempre nella sua bontà, tant'è che la Madonna (che sarebbe la Bette Davis, padrona del luogo) ad un suo ennesimo e pubblicizzato intervento a favore della Maria Maddalena, lo prende da parte nella suite Penthuse e gli domanda allarmata: -Dico, finiremo mica sulla bocca di tutti, eh?», ma poi scaccia i giornalisti, chiama i migliori avvocati e... Il seguito alla prossima puntata. Fin io Donaggio TORINO — Ad Amlens, il vasto piazzale presso la porta che conduce a Parigi è colorato d'arancione: un gigantesco albero al centro, «un 'osteria con porticato, sotto il quale sono disposte varie tavole per gli avventori». Cosi è scritto nel libretto di Manon Lescaut. Così volle Puccini. E su questa scena, venerdì sera, si alzerà 11 sipario del Teatro Regio dove fino al 9 marzo Manon e Des Grleux vivranno la loro storia. Ma i due protagonisti non si limiteranno ad amarsi in modo tormentato e furibondo: richiameranno tanto pubblico, riempiranno la platea in ogni ordine di posti fino a scatenare — finalmente — una bella caccia al biglietto. E' con le opere di repertorio che il Regio ritrova il suo smalto. Puccini è una calamita, quel brividi malinconici di musica un'attrazione cui è difficile resistere. C'è più di un motivo per seguire da vicino quest'opera: un soprano di valore, Maria Chiara, che debutta in Italia con Manon dopo aver interpretato la parte una volta sola a Chicago nel '78; un tenore come Nicola Martinuccl ormai lanciato verso grandi mete. C'è il nuovo allestimento del Teatro Regio (dirige il maestro Camporl) e un regista, Carlo Maestrini, lontanissimo dalla presunzione di tanti suoi colleghi, pronti a mettere i jeans ai capolavori del melodramma, a ritoccare, incipriare, stravolgere. Venerdì al Regio non ci saranno sorprese: è di scena Puccini. -Mi attengo sempre a quel che l'autore vudle — dice Maestrini — cerco di stare nel binario della musica e di far respirare la musica con cile — continua Maestrini — pieno di dettagli, movimenti, particolari da tener presenti. Il coro mi ha dato ascolto volonterosamente. Ad ogni battuta Puccini ha fatto seguire una didascalia per chiarire quel che voleva. Gli abatini del secondo atto, per esempio: Puccini li vuole frettolosi, incipriati e pieni di svolazzi, quasi frivoli; sarebbe ridicolo rappresentarli in altri modo*. In questo voler rimanere fedele al testo e all'autore, non si sente un regista .superato»? -Quando ho fatto i contemporanei ho lasciato alla parte visiva e a quel che richiedevano gli autori tutte le innovazioni tecniche e di recitazione consentite. Ma quando affronto i capolavori del passato seguo un altro criterio: mi attengo al "tradere" fatino, che vuol dire consegnare, tramandare. -Se faccio il Trovatore è assurdo che debba ambientarlo in un'altra epoca: quella musica è stata scritta da Verdi per quell'epoca-. Manon è un'opera molto difficile per 1 cantanti. - Tutto Puccini è tremendo — dice Maria Chiara —. La Scala mi aveva chiesto di inaugurare quest'anno con Butterfly, ma ho detto di no. Butterfly è un'opera scassa-voci, l'orchestrazione pucciniana è pesantissima». C'è fascino nel personaggio di Manon? -Il fascino dell'opposto: è il contrarlo di me. Una donna fragilissima, psicologicamente molto instabile, che passa quasi con noncuranza dalla tragedia alla commedia. Ma cantare in questa parte è un'impresa terribile». dra. In realtà -la fame di voci nel teatri è tale che si viene subito gettati nella mischia» e «cosi abbiamo troppi talenti che si spengono, che non mantengono le promesse», oppure giovani che mancano di due doti essenziali, l'intelligenza e l'umiltà. Parola di Pavarotti, ovvero di uno che se ne intende: una bella fiammata di talento e promesse largamente mantenute; umiltà non troppa ma intelligenza (e furbizia) da vendere. Anche, e soprattutto, al giovani. Di Domingo, -l'altro-, sembra die Pavarotti non parli volentieri, forse perché ne ha già parlato abbastanza in passato. Di Kraus meglio non parlare. E di Carreras? Nemmeno lo vede. Ma il seflor José non ci sta, e per farsi vedere invia una bella corona funebre al critico milanese Maurizio Papini, colpevole di non avere aderito, in occasione dell'ultima Carmen scaligera, agli osanna generali. « Umorismo da hidalgo spagnolo» come ha detto Papini, o non piuttosto pratica dimostrazione di iettatura catalana? Paolo Isotta ha sparato bordate di piombo antiscaligero. Gli va bene che non c'è più Paolo Crassi, il quale, fedele al metto demaistriano -qui mange de la Scala en meurU, avrebbe subito chiesto la sua testa. A parte alcune discutibili opinioni (Schubert e Pftizner fra i -principali autori di teatro musicale») e alcuni errori per carenza d'informazione (i rapporti fra il teatro di Haendel e l'Italia), Isotta ha ragione nell'affermare che la Scala vive sul capitale accumulato in passato più che sulla non esaltante realtà odierna, frutto di scelte artistiche discutibili non meno che della schlavizzaztone imposta da un esasperato star system. A proposito, lo star system, ha colpito ancora, e ancora una volta a farne le spese è stato il San Carlo di Napoli. Dopo il clamoroso (e non del tutto chiarito) annullamento del Macbeth televisivo, ecco die la successila Turandot lancia nell'orbita del pettegolezzo l'ultimo acquisto italiano del -sistema». Cecilia Gasala. Novella Isolina Marzabotto il San Carlo l'ha costretta a far fagotto per grave inadempiema con- l'armonia del tutto. Lavoro in questi giorni con un'ottima compagnia, grandi interpreti. La scenografia di Grossi è giusta, forse si discosta un po' dagli schemi tradizionali, ma è molto aderente allo spirito musicale dell'opera. Grossi costruisce e dipinge molto MOLTE RISSE