Lo spettacolo di Donati & Olesen di Emio Donaggio

Lo spettacolo di Donati & Olesen Lo spettacolo di Donati & Olesen Morir dal ridere Successo ieri al Colosseo Merola si confessa 15,25 16,30 17,30 16,25 19— 19,30 20,30 no nani) con effetti disarticolanti sul pubblico che non solo ride, ma quasi si soffoca. Dalla platea salgono borborigmi di riso trattenuto, nitriti e rantoli, scoppi di ilarità, tossi convulse, a dimostrare che la quantità di riso a disposizione prò capite non basta mai. Lo svedese e il perugino sono prima un cieco e un motociclista che s'inseguono con effetti di comicità irresistibile; poi diventano un santo, diversi principi crudeli, un re, venditori ambulanti (dalle trattative impossibili e sgangherate) dell'elisir San Mariano, poliziotti che indagano, scrutano, inciampano, molleggiano sui talloni fino a trasformare l'indagine in un sopralluogo ondulatorio che provoca il mal di mare. Non di minor qualità il contorno agli spettacoli della rassegna, con il gruppo degli sbiellati «Volvox», cinque inquietanti adolescenti cresciuti all'ombra del Laboratorio Teatro Settimo, e che dimostrano una grinta e una sicurezza mai viste anche in età più adulte. Sono (vai la pena ui menzionarli), i fratelli Andrea e Massimo (13 anni, il più giovane) Violato, Massimo Vesco, Franco Ventrella e Alessio Rongione che è il più vecchio: 17 anni. Producono in proprio un teatrino assurdo e sganasciarne, già esportato in altre regioni italiane. Infine le hàbituées «Ramazzotti Sisters», conventicola di attrici e cantanti che si squinternano sul palco prima e dopo lo spettacolo, propongono squisite canzoni anni venti, e premiano gli spettatori che risolvono i demenziali quiz distribuiti all'ingresso. t Slil sta triste storia di droga. Purtroppo, è qualcosa di tremendamente attuale. La sceneggiata, e ripeto purtroppo, diventa un fatto di cronaca, uno specchio dei nostri tempi». La sceneggiata è uno spettacolo particolare. Dov'è che va meglio, dove il pubblico la segue maggiormente? A Napoli? «La sceneggiata è nata a Napoli, è ovvio che sia a Napoli che riscuote il maggior successo. Subito dopo, a Torino e Milano». Città nelle quali l'emigrazione è stata massiccia... «Non è soltanto questo. Ormai a l'edere i miei spettacoli vengono tutti, vedo in platea gente elegante, le pellicce della signore. Non ci sono soltanto i polveri, insomma. Diciamo invece die Torino e Milano hanno recepito il messaggio di Napoli». Questa sceneggiata che va in giro per il mondo non l'ha messa in contatto con qualche storia curiosa? Ha incontrato napoletani lontani dall'Italia? «Molti e molle volte. Tra le mille cose di questo genere ne scelgo una, rigorosamente autentica. Questa è storia e non aneddoto. Quand'ìo ero ragazzo, a Napoli successe una sciagura: un padre di cinque figli tenne in casa dei mortaretti, quegli scoppi che si fanno a capodanno. Per disgrazia presero fuoco ed i cinque bambini morirono nell'incendio. Del padre non si seppe più nulla. Lo ritrovai io in Australia, a Melbourne. Aiwa altri cinque figli, con gli stessi nomi degli altri, si era rifatta una vita e la stessa famiglia. Era l'anima di Napoli che non st arrende. Questo è l'episodio che mi ha colpito di più*. B Forse solo in un posto come Settimo Torinese, comune devastato dall'insipienza dei non urbanisti, nella denutrita (culturalmente) periferia industriale, poteva nascere e crescere, per contrasto, una rassegna teatrale allegra e intelligente come «Morire dal ridere». Dopo i sofisticati numeri, nelle passate settimane, dei francesi «Azimuth e Tremouillè», della vercellese «Banda Osiris», del gruppo torinese «Granbadò», l'altra sera è stata la volta di Donati & Olesen, mimi e saltimbanchi contemporanei, l'uno Giorgio Donati, di Perugia, l'altro Jacob Olesen, nato in Svezia, ma di passaporto danese, entrambi con residenza di lavoro a Milano. I due s'incontrano a Parigi quattro anni fa, alla scuola del mimo Lecoq, e da allora fanno coppia fissa; con lo spettacolo «Basta con le fragole» vanno all'Internationàl Festival Off di New York, a quello «Du Marais» di Parigi, al festival di mimo e clown di Napoli, sempre con brillanti riconoscimenti. Da allora è una tournée continua in tutta Europa (D&O parlano poco, ma in quattro lingue) secondo la più antica e consolidata tradizione degli artisti erranti, ancora oggi sfilacciata e mobile consorteria in perenne trasferimento. Lo spettacolo presentato per tre sere (venerdì, sabato e ieri) nella vecchia casa del Popolo di Settimo, è «Zanzare», una carambola di cialtronate e imbroglionerle, tra due surreali e abilissimi ciarlatani, trasformisti, suonatori di fisarmonica, ukulele e micro batteria (quando i due diventa¬ La sceneggiata napoletana nuovamente a Torino. Ovvio, con Mario Merola, indiscusso re di questo genere sentimental-canoro. Le storie classiche della sceneggiata sono quelle di sempre: vedono probi zappatori che svergognano damerini degeneri, vedono figli che piangono lontani dalle mamme, vedono mascalzoni efferati (i classici «malamente») che attentano alla virtù di minorenni sprovvedute, vedono mille brutture arcaiche. Appunto, arcaiche, lontane negli anni. Ma la sceneggiata non ha fatto il suo tempo? I problemi veri della nostra società non sono altri? Forse più gravi ma certamente diversi? Risponde Mario Merola, districandosi in qualche modo da una interminabile nuvola dì applausi: «La sceneggiata è viva, come è sempre stata. Ed è anche attuale. Soltanto die aveva riposato un po', s'era messa da parte semplicemente perché io avevo altri impegni internazionali. Ho girato il mondo con le canzoni di Napoli, l'ho effettivamente trascurata, ma adesso ci riprenderemo. Immediatamente*. Ma questo tipo di spettacolo non ha fatto il suo tempo? La tematica non appartiene alla fine dell'ottocento, al massimo ai primi anni del secolo? «Ci si deve rinnovare. Sempre. Ed anche la sceneggiata si sta rinnoi>ando.-Io ho in programma una storia nuova: Lettera al Mattino che è il giornale di Napoli. C'è un ragazzo che a scuola comincia a drogarsi, istigato da Cattivi compagni. Poi fugge da casa e la madre non trova altro da fare che scrivere al giornale dicendogli di tornare, che lo aspetta. Si chiama Maria, questa mamma, come tutte le mamme napoletane. Ed è qualcosa che commuove profondamente, que¬ 15,03 16— 17,30 18.30 19,25 20— Emio Donaggio Renato Scagliola Beppe Bracco