INTERVISTA - Un cantautore moderno che non desidera etichette e che vuole lavorare in umiltà
INTERVISTA - Un cantautore moderno che non desidera etichette e che vuole lavorare in umiltà INTERVISTA - Un cantautore moderno che non desidera etichette e che vuole lavorare in umiltà Fabio Concaio: un «qualunquista» color verde «Non mi considero un rifluito, ma ho conservato alcuni valori maturati durante una fase di impegno giovanile» - «SI, sono un verde sentimentalmente e ideologicamente, se essere verdi significa essere contro determinate cose. Ma non sono solo verde... sono cosciente di molte altre cose». Tra 11 primo album e questo secondo (portano lo stesso titolo, e cioè «Fabio Concato»), pare passato molto tempo. Come nasce la svolta, come prende forma questo concetto di «serenità» cui tieni tanto? 'Nell'82 ho cominciato a curare la mia immagine, ad avere più fiducia nella mia produzione. Di qui è nato un nuovo stato d'animo che si riflette sulle cose che scrivo. Devo dire che amo molto questo mio modo di cantare la serenità». A proposito di modo di cantare, l'impressione è che sia il tuo stesso timbro di voce a consigliare canzoni buone e leggere. Ti si addicono poco, insomma, i toni rabbiosi, o drammatici, o tristi. 'Sicuramente è vero, c'è una predisposizione vocale. Tanto meglio, visto che il mio timbro di voce si sposa con le cose che amo fare». Cosa hai assorbito e cosa riproponi della canzone d'au¬ che ciò che conta è saper trasformare la semplicità in poesia...». Ma non si tratta di un'operazione rischiosa? In fondo tu cammini su un filo, se cadi c'è la banalità del cantar d' amore... •C'è chi dice che la banalità sia la cosa più geniale e rivoluzionaria del mondo. Io non la penso così, e infatti sono cosciente del passo brevissimo che c'è tra l'essere naif e V essere banali. Ci sto attento, senz'altro, ma sema farmene un cruccio: c'è un modo per parlare semplice sema dire siamo sotto la luna baciami...». La canzone italiana d'autore che ha tenuto banco per un decennio, quella dell'impegno, sembra morire. Era ora? 'In tutta franchezza rispondo di sì. Le ragioni? Posso dare un'interpretazione personale, visto che quel tipo di canzone d'autore ha stancato anche me. Mi ha stancato soprattutto un certo modo di poetare sema farsi capire, sema che fosse chiara la chiave di lettura. E poi la gente ha bisogno di messaggi positivi, non puoi stare sempre a ricordare, come il tele¬ Le maniche della camicia rimangono abbassate, un po' lunghe sul polso, nonostante caldo e sudore. I jeans sono quelli che vanno bene per ogni circostanza, né stinti e aderenti, né larghi e borchiatt, vita leggermente alta. Fabio Concato vuole smerciare serenità e ci riesce al punto che a Torino, dove da sabato scorso è in concerto al teatro Colosseo, è dovuto tornare a soli venti giorni dall'ultima comparsa. Per accontentare l'esuberante richiesta da parte del pubblico. Trasuda buoni sentimenti, felicità coniugale e amore per la natura: tutte cose che lui, Concato, definisce «naif»... «Eh si, quella del cantautore naif è un'etichetta che ho voluto mettermi. Anche per evitare il più possibile le insidie di tutti quelli che vengono a chiedermi: insomma, tu dove ti collochi?». Già, ma dove ti collochi? 'Da nessuna parte, ma con umiltà. Anche se credo di avere uno spazio mio, ben preciso... La mia è una sorta di operazione intellettualistica al contrario, come qualcuno ha detto, ma tutto sommato è meglio che queste cose la gente non le sappia. Voglio dire Fabio Concato: successo al Teatro Colosseo di Torino giornale, che il mondo sta scoppiando». Però rischia di scoppiare davvero... 'E infatti io non mi considero un rifluito o un qualunquista, grazie al cielo ho conservato alcuni valori maturati durante una fase di impe¬ gno politico giovanile. Però siamo sinceri: quando uno paga 15.000 lire per andare ad un concerto non lo possiamo massacrare, mettergli addosso l'ansia». Sei stato etichettato come un «verde». Ci stai alla definizione? ». - Successo a Torino tore italiana che ti ha preceduto? 'Qualcosa ho assorbito, non lo nego: si tratta anzi di un meccanismo inevitabile, quasi inconscio. Qualcuno per esempio mi accusa di riproporre certe situazioni alla Lucio Dalla. Io rispondo che è vero, Dalla è stato quello che no ascoltato e amato di più. Se gli assomiglio tanto meglio, sono lusingato... Non ho l'affanno di dire che ho inventato qualcosa di nuovo». Per questo hai scritto «Fiore di maggio», e cioè l'ennesima canzone che un cantautore italiano dedica alla nascita della figlia? «£' una situazione che hanno già cantato altri, lo so. Pazienza, nel mio testo non è neanche così esplicita perché cerco di fare canzoni che ciascuno possa fare proprie. Se io scrivo pensando a mia moglie vorrei che altri ascoltassero pensando... chissà a chi...». Se ti guardi attorno vedi qualche altro «naif»? •Molti, le cantine sono ancora piene di talentacci. E il mondo discografico continua ad avere le sue leggi». s. ni.
Persone citate: Concato, Fabio Concaio, Fabio Concato, Lucio Dalla
Luoghi citati: Torino
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