All'altoforno, ultimo titano

All'altoforno, ultimo titano LETTERE DALL'ITALIA: CORNIGLIANO, IL BELLO E IL BRUTTO All'altoforno, ultimo titano I! Centro siderurgico dell'Italsider è per molti il gigante amico - Chi non l'abbia visitato avrà una debole immagine di che cosa sia la potenza, l'eternità della forza - Il Laminatoio è una cattedrale dove le canne d'organo emettono incessantemente il lamento della materia domata - La nobile Villa Bombrini assediata dagli impianti - Gli innamorati di Genova, dove cercano il suo cuore? GENOVA — Se c'è qualcosa che mi contorna di umano o quasi umano la poco umana Italsider, è il colare delle sue lave metalliche più che dal freddo calcolo, dal sogno. L'errore industriale può non anere radici prevedibili: può darsi che quello della siderurgia italiana oggi sia colossale come i suoi impianti, tuttavia è più scusabile di quello di avere figli ad ogni costo. Produrre anche in eccesso banda stagnala luccicante non è un segno di colpa come un figlio opacamente nato da un trapianto. Niente al mondo obbedisce a una stretta logica, e lo spreco inutile è la legge nascosta, e il venite necessario, dell'economia planetaria. L'Italsider lotta disperatamente per.non contrarsi, per svilupparsi ed espandersi sempre più, in vista di un mercato illimitato che non c'è, o che gli sfugge; si può dire che cresca in ragione del' restringersi del mercato mondiale dell'acciaio. Né alti costi né tagli Cee valgono: meno c'è domanda, più l'Italslder moltiplica l'offerta e perfeziona il prodotto, sperando che la lamiera possa sostituire i tetti di ardesia in quel che sopravvive di indicibilmente genovese a Genova, o che gli esquimesi comprino corazze. 1 sindacati, in un guazzabuglio di buona e malafede, insistono che tutto quel che si vuole si può: basta la bona voluntas verticale e la roccia si fende, e ne zampillano grandi sbocchi per l'Italsider. Secondo la teologia mistica sindacale, si deve sempre più impiegare automi e macchine (altrimenti ci si ricusa a progredire) senza pensare minimamente a licenziare: diminuire drasticamente il bisogno dì braccia e non le braccia (aumentarle, anzi) a costo di farle agitare a vuoto per gli stabilimenti, simulando contratti col macchinario, come una fantastica orchestra die eseguisse su una piazza immensa la Marcia Funebre di Mahler con la pura mimica, mentre il suo7to viene diffuso meccanicamente da fonti registrate, ma con poche orecchie di pubblico pagante per captarlo, intorno a un podio di Autorità giubilanti. Dove c'è una Italsider c'è anche una città che trepida e strepita, e gelosamente la vuole, una acuta febbre, eppure molta salute non ne porta. I cortei si succedono ai cortei, per implorare e imporre il miracolo, perché ci sia, quanto meno sbocco. tanto più Italsider; lo slogan che non compare, ma è nella testa di tutti, è: Italsider è bello, un pensiero di origine sicuramente morbosa. I governi italiani sono composti esclusivamente di italsccttici credenti nei miracoli quanto una vacca alla sua possibilità di essere impiegata in una carica di cavalleria leggera: ma come si fa a deludere quelle piazze, ribollenti più di un altoforno, e ad irritare quei teologi dall'aria cosi persuasa? Il denaro pubblico, in fondo,'non è là che per questo: essere profuso in allucinazioni collettive, dato per soddisfare i crescenti bisogni inconsci di masse di cui nessuno può controllare i sogni, tanto opachi quanto violenti. Senza rete A Cornigliano — non sapendo che cosa realmente mi attiri, dell'Italsider, lonirico e l'infero — i miei cortesi ospiti mi avevano prontamente informato dell'accordo coi privati, per spartire e salvare, incrementandolo, l'impianto. L'accordo c'era — e poco tempo dopo è svanito. per impedire che il reale invadesse l'immaginario, perché il filo d'accaio sul quale il sonnambulo Italsider cammina rimanesse senza rete. A bassa voce dirò, a citi volesse capirmi, che me ne rallegro, perché lo scacco non il successo mi dà l'unica possibilità di simpatizzare per l'Iialsider, interessante finché resta una Siahlstadt dell'illusione e del miraggio. Chi non abbia visitato questi impianti di Centro Siderurgico a ciclo integrale, isolandosi per un poco nella lóro ' formidabile solitudine, avrà un'immagine ben debole di che cosa sia Potenza, potenza tecnica, potenza oscura. Se l'Altoforno è il tabernacolo della divinità, il Laminatoio è una cattedrale dove le canne d'organo emettono- incessantemente lo strano lamento della Materia domata che patisce la coìtrizione enorme delle manette umane. A Cornigliano, le vetrate colorate aumentano nel laminatoio, l'impressione della navata: la differenza è clic li l'orientamento della preghiera è verso il basso. Tuttavia il luogo, pur consacrato all'infero, è meno oppressivo di quanto si potrebbe immagi¬ nare: non so se sia un inganno, o un autoinganno, ma si proi'a come un senso di misteriosa liberazione... Forse, dal peso e dalla responsabilità della carne, tanto la ptenza tecnica è annichilatrice di quel che è debole, esile, fatto d'acqua, individuale e mortale. A Chartres o a Trani, nel duomo, senti l'immortalità dello spirito, a Cornigliano l'immortalità della materia, l'eternità della forza. Affreschi Anche quel che il luogo comune die «posto di lavorò» è un problema di anima: il posto di lavoro non è tanto un posto quanto un bisigno di essere. Se si ìia paura di perderlo quando estsiono delle salvaguardie e dei ripieghi vuol dire che la busta-paga non è l'essenziale, ma una persuasione falsa. Quando si tratta di Centro Siderurgico la paura di perdere il posto, la sua idolatria, sono gravissime: allora che cosa dà di più l'Italsider (dove pure, mi diceva un tecnico, «si campa meno»;? Sri immerso in una nube sottile di gas permanente e niente là dentro, neppure l'aria, né il mare, né il torrente (a Cornigliano sbocca il Polcevera, un cadavere liquido) ti dà un'idea della vita, eccetto il refettorio, dove ci sono delle donne, dei colorì e dei piatti fumanti. Sono enigmi, sempre, le mitivazioni psicologiclie profonde... E' cosi, li, non c'è uomo capace, dopo un certo tempo, di sciogliersi più dall'abbraccio delta forza. La privazione di vita vera libera dal suo peso, dalla molteplicità (nonostante die tutto sia oggi così uniforme: il molteplice non cessa di riprodursi) delle sue troppe facce. Dentro l'impianto si soffre meno, e la potenza, manifestazione dell'eternità Infera, con l'evidente intangibilità dell'acciaio, la sua invulnerabilità dall'ictus, dal cancro, dall'infarto, dalla vecchiaia, riduce, pur nel rischio, il terrore della morte. Provate a proporre a chi sta vicino, tra i raggi gamma, all'enorme fontana di banda stagnata elettrolitica un posto, pagatissimo, di assistenza a due o tre decrepiti arleriosclcrotici! La latta è pura, sema difetti, immortale. L'operaio non la vedrà, scatoletta lebbrosa, nel mucchio dei detriti: la venera nella sua perfezione originaria inerte. L'acciaio non ha escezioni. l'acciaio non ti dà rasoiate di parole (a casa c'è In moglie, i figli, lo stupido l'ideo), non marcisce come la rosa o l'indivia. Il Laminatoio è tenebrosamente virginale, infetto oppure battesimale. Un contemplativo accoccolato ai piedi della Sfinge è felice, un fragile poeta desiderava dormire tra le mammelle mostruose di una Gigantessa: sempre, atterriti dalla libertà, sogneremo e cercheremo i Giganti. E un Centro Siderurgico è. per molti, il gigante cercato... Si possono dire impianti queste fette di pianeta escluse dalla vita per produrre potenza? Sono giganti artificiali, a cut si vedono aggrappate migliaia di paure. Il gigante si misura col Caos e lo vince: eccolo ai suoi piedi in forma di serpe di ghisa bollente; l'uomo in tuta e casco si sente meno insicuro, nell'illusione dell'informe domato. (Fuori dal recinto, il Caorxli appare scatenato in forma di traffico e giri esasperati di denaro, ospedali, guerra vicina e lontana, informazione a martello, malavita, politica). Ho appena delineato i motivi incoscienti di qualcosa che si potrebbe chiamare italsi-derdipendenza, malattia difficile da curare, e che arriva a contagiare perfino chi ne sta fuori. (A Gioia Tauro si vole- 'va con furore il Centro, a costo di distruggere qualsiasi cosa per fargli posto). Questa esclusione ascetica della vita sarebbe facile dirla immagine di morte; non è cosi. E' un pullulare d'inorganico in fermento straordinariamente vitale, che gira a vortice, da cui però (è il suo sigillo oscuro) non può germinare il vivente; pare di assistere alla combustione di un astro. Tra montagne di coke e miliardi di tubi che nessuno potrebbe contare, il mare bloccato dalle sagome di lunghe navi all'attracco, si dimentica anche il brutto, perché è oltrepassato. Il brutto è creato dalla mescolanza, dal suo prevalere sul bello. A Cornigliano ce n'è un punto insigne, la nobile Villa Durazzo-Bombrinì, che è inclusa nel Centro, bellezza quando era isolata tra il verde e il mare, bruttezza ora che è, con destinazioni incerte, mescolata a cokerie e altoforni. Ne salivo lo scalone con riluttanza, respinto dall'incongruità. Ferri battuti provenienti da antiche forge sono sparsi qua e là, una lugubre planimetria intristisce un salone con specchi e affreschi. Dai finestroni a Nord penetra l'immagine di una collina devastata. Un favo di miele vuoto, conservato per ricordo, per obbligo di Stato. In una pittura del Solimene Giuditta mostra la testa di Oloferne appena segnata. Oloferne è fuori, ette ride. Il brutto esterno è schiacciante. Quando sono uscito, ho provato il morso delCitalsiderdipendenza: sarei tornato subito indietro, nella pace tenebrosa del grande laminatoio, dove gli operai rispondono con familiarità e gentilezza antica ligure al saluto. La stessa cosa che a Bagnoli, ma qui la devastazione è anche più profonda e più tetra. Quelle sensibili colline sembrano state violentate da una legione di bruti non umani, sbucati da qualche dissoluzione stellare. Invece si tratta di piani urbanistid, discussi e approvati in sale consigliali, in corso di attuazione. Il meglio dove ancora venire: perché è in quella immane congiunzione di terra sperperata e di convivenza esplosa, di relazione fattasi turpe tra uomo e natura, che è stato tracciato lo spazio ideale per un nuovo centro direzionale della città, non si sa con quali connotazioni di centro e quanto all'altezza di dirigere, avendo le sue radici in un fiato ammorbato di tellurico in marcia verso tante le direzioni, che governerà chi governa e arra su tutte le teste e i congegni il suo invisibile grosso pugno Lanterna Fenomeni, drammi imponenti come l'Italsider servono a far lavorare le mente, pur non allargando il cuore Ma a giudicare l'economia con l'economia non si arriva a nessun pensiero. ' La Vecchia Lanterna del porto è li nei pressi. Lucciola sperduta, che non salva più, circondata da terreni, scogliere, costruzioni die sembrano in preda convulsioni ininterrotte, frenare, spaccarsi, rifarsi nel terremoto. E' conservata, mi dicono, per desiderio degli aspiranti suicidi, che amano spenzolare di là, in faccia al mare; ed è triste, incongrua come la Villa Bombrini all'ltalsider, solo come le chiese di Portoria e di Piccapietra, che mai più sentiranno intorno palpitare il cuore della più straordinaria e nascosta città italiana, perché gliel'hanno strappato, e l'hanno strappato vivo, e sano, e gonfio di passato vorticoso e di onde emotive immemorabili, e buttato tra i rifiuti, dove gli innamorati di Genova, gente rara e composta, vagabondi che non ne hanno l'aria, si appassionano a frugare, e lo ascoltano battere ancora. Gu|do ceronetti Genova. Una colata squarcia la pace tenebrosa dei colossali impianti all'ltalsider di Cornifiliano (Foto «La Stampa»)

Persone citate: La Vecchia, Mahler, Solimene Giuditta