Eni-Petromin, ma le tangenti rientrarono subito in Italia? di Ruggero Conteduca

Eni-Petromin, ma le tangenti rientrarono subito in Italia? Dopo cinque anni il Parlamento, riunito in seduta comune, decide Eni-Petromin, ma le tangenti rientrarono subito in Italia? La Commissione d'inchiesta si è espressa per Tarchiviazione ■ Contrari comunisti, missini e radicali ROMA — A cinque anni dall'accordo fra il nostro ente petrolifero di Stato e l'Arabia Saudita per una grossa fornitura di petrolio, oggi deputati e senatori, riuniti a Montecitorio In seduta congiunta, dovranno decidere se archiviare defintivamentc il caso EniPctromln o se rinviare al giudizio dell'Alta corte, come viene richiesto da alcuni gruppi politici, l'allora ministro del Commercio con l'estero. Gaetano Stammati. l'ex presidente dell'Eni. Giorgio Mazzanti. e Carlo Sarchi, responsabile per il settore estero dello stesso Ente. Il sospetto che le elevate tangenti pagate nell'estate del 79 per condurre in porto l'affare siano successivamente rientrate in Italia e siano finite nelle casse di alcuni gruppi politici sembra non esser stato ancora sciolto: la Commissione inquirente, nonostante tre proroghe, ha alla fine approvato con una maggioranza esilissima (7 voti contro sette, per cui e risultato decisivo il pronunciamento del presidente, il socialdemocratico Reggiani, che ha valore doppio) la proposta di archiviazione. E la stessa proposta è stata illustrata ieri in aula dal relatore di maggioranza Claudio Vitalone (de) cui si sono contrapposte quelle di Martorelli (pei) e Franchi (msi). Nel dibattito sono intervenuti numerosi parlamentari; dal radicale Teodori — che ha chiesto l'incriminazione anche del ministro degli Esteri An- dreotti (ma sarebbero necessarie, però, per lo meno 50 firme) — al senatore Russo della sinistra indipendente; dal democristiano La Penta ai deputati Loda (pei). Di Re (prl). Romano (psl), Tamino (dp). Spadaccla e Melcga (radicali). Onorato (sinistra indipendente). Appare comunque difficile fare previsioni dal momento che socialisti. liberali e repubblicani, sono stati lasciati liberi dai propri partiti, come già in altre occasioni, di votare secondo coscienza. Si sa solo che comunisti, missini, demoproletarl e indipendenti di sinistra si pronunceranno in blocco per la messa in stato di accusa. Per l'archiviazione. Invece, voteranno democristiani e socialdemocratici. Qualche sorpresa, sostiene più d'uno, potrebbe venire da parte socialista a causa della polemica nata per l'incontro a Parigi tra il ministro De Michelis e il latitante Scalzone. Ieri, infatti, a Montecitorio, mentre in un'aula pressoché deserta (il democristia¬ no La Penta nel suo intervento ha parlato di 'Stanchi rituali') si dibatteva su uno del presunti e più grossi scandali della Repubblica, nel Transatlantico si parlava di tutt'altro. Le relazioni di Vitalone, Martorelli, Franchi e gli interventi di senatori e deputati sono cosi stati riservati a pochi intind. Vitalone. dopo aver esordito dicendo che per un procedimento cinque anni costituiscono «un tempo inaccettabile', ha escluso che nell'affare si possano rilevare responsabilità da parte di chicchessia. .// contratto — ha sostenuto 11 senatore de — era vantaggioso, la provvigione del 7 per cento congrua e l'attività di Mina determinante per la definizione del contratto*. E proprio sulla figura di Parviz Mina, l'uomo d'affari Iraniano che fece da intermediarlo fra l'Eni e la Petromln, l'Ente di stato saudita, i relatori si sono dichiarati in disaccordo. Secondo Vitalone. Mina avrebbe dovuto intascare lui quel 7 per cento in più, pari (se successivamente 11 contratto non fose stato sciolto in conseguenza proprio delle polemiche che andavano montando In Italia su quell'affare) a 114 milioni di dollari. Secondo Martorelli e Franchi, invece, ci sarebbero prove sufficienti per dimostrare che quel soldi dovevano rientrare in Italia (cosi come sarebbero rientrati i primi miliardi di lire attraverso un complicato passaggio fra società estere). Ragion per cui ci sarebbero tutti gli estremi per rinviare al giudizio dell'Alta corte l'ex ministro Stammati con l'accusa di falsità ideologica, reati valutari e rivelazioni di notizie non divulgagli: fra l'altro in un diario scritto di suo pugno, e trovato fra le carte di Gclli a Castigllon Fibocchi, vi sarebbe, per 11 parlamentare missino e quello comunista, la prova della sua colpevolezza. Ruggero Conteduca

Luoghi citati: Arabia Saudita, Italia, Parigi, Roma