Fa tevi il mostro su misura di Stefano Reggiani

Fa tevi il mostro su misura COME REAGISCE IL PUBBLICO ALL'INVASIONE DAL CINEMA Fa tevi il mostro su misura I fantasmi dello schermo alludono sempre più spesso alle paure reali; ognuno è costretto a scegliere i propri incubi -1 malefici «Gremlins» svelano la violenza nascosta della provincia, la «Storia infinita» cerca la salvezza nei sogni infantili - Tra «Dune» e «Terminator» vince la minaccia atomica che viene dal futuro - Tutti pronti a liberarsi ridendo con gli «Acchiappafantasmi» DAL NOSTRO INVIATO ROMA — La prima ondata del mostri invernali è passata, non ha stravinto, aspetta rinforerl. Per fare bene i calcoli bisognerà aspettare i risultati complessivi di film come Terminator o Ghostbusters, la stagione dei mostri che il cinema aveva promesso non si esaurisce nei bollettini delle Feste, la vittoria nella volata per gli incassi parziali dei nuovi comici italiani (Non ci resta che piangere, I due carabinieri; è importante, ma va interpretata con prudenza. Negli anni scorsi il mostro buono E.T. e l'arca magica del Predatori non avevano avuto avversari, quest'anno i malefici Gremlins di Joe Dante e le Dune di Lynch hanno segnato gualche difficoltà, anche se il predominio quantitativo dei mostri nelle nostre classifiche cinematografiche non è mal stato in discussione. Che succede? Si sta creando una gerarchla dei mostri o il pubblico ha leggermente mutato i gusti, ha paura della paura? Dopo «ET,» Nel momento della massima articolazione (questo è un inverno eccezionale per i mostri) sembra che il genere stia subendo un esame di fondo, affidato al pubblico piuttosto che al critici o al sociologi: da Storia infinita a Ghostbusters la scelta è minuziosa, attraverso sottogeneri e contaminazioni illuminanti. Qualche anno fa (era fresca la paura dell'ottimo Alien) la Fondazione Rizzoli raccolse un gruppo di studiosi intorno ai mostri e alle catastrofi che negli Anni Settanta avevano invaso il cine¬ ma. Il succo di quel lavoro fu di carattere ideologico: assistiamo a una proliferazione di mostri e di altri terrori perché vogliono farci perdere di vista le paure vere, i problemi veri. Ma chi, vuole? Il potere, il sistema. Si citava anche Baudrillard: il consumo di immagini spiacevoli «mira a scongiurare 11 reale nel segni del reale, e a scongiurare la storia nel segni del mutamento». E più chiaramente osservava il sociologo Guiducci, coordinatore dell'analisi: «I mostri del cinema si sono rivelati in gran parte dei falsi scopi per dirottare l'ansia del pubblico dal maggiori e tragici mali reali e dalla identificazione del loro precisi responsabili». Ma è ancora vero, dopo l'invasione di quest'inverno? Possiamo ancora credere che ogni mostro immaginario ci venga proposto per parlare d'altro, occultando la verità? Qualcuno sostiene che l'eredità della grande Scuola di Francoforte, della sua sociologia minatoria e appassionata, è sempre servita ai sociologi per cercare i propri mostri. In questo caso la liquidazione del mostro finto, Alien o King Kong, per deprecare ancora una volta il mostro reale, «11 sistema a egemonia tecnologica, che persegue una razionalità senza ragione» e la sua filiazione implicita «che consente la persecuzione sul nuovi capri espiatori, studenti, dis- . sldenti, terzo e quarto mondo». Troppo peso per il cinema di mostri o troppo poco? In pochi anni non è cambiata la •verità-, ma certo s'è logorato lo schema, in fondo rassicurante, e soprattutto s'è arricchito il cinema. Tanto che può porsi la domanda più semplice: ma il cinema coi suol mostri e le sue catastrofi non parla sempre più spesso della realtà e delle «precise responsabilità»? E non sarà proprio per questo fastidioso particolare che il consumo della paura e del mostruoso non trova più il pubblico compatto, ma si divide s v in sottogruppi, secondo motivazioni cangianti e insofferenze diversificate? La grande scelta del nostro inverno sembra fatta apposta per aiutarci I Gremlins di Joe Dante, patrocinati da Spielberg, sono forse troppo intelligenti, sarcastici e allusivi per piacere del tutto ai ragazzi, loro pubblico naturale. Ha dichiarato Dante: «I giovani cambiano In fretta, si fatica a stargli dietro nel modo di pensare e di sentire. Ti accorgi che fai sempre film per quelli della tua età». Cosi i piccoli mostri perversi nati dal mostro buono, Gìzmo, gettano nello spavento i più piccoli, ma sollecitano le interpretazioni sociologiche e ideologiche nel più grandi, come ha dimostrato in Francia unindagine tra dodici-tredicenni, pubblicata da Le Monde: «Il film è spaventevole perché ci accorgiamo che parla di cose Intorno a noi, ci fa scoprire che il mondo è sbagliato, squilibrato». Qualcuno evoca la lotta a coltello della casalinga contro i mostri: «E' come quando ci si difende dai delinquenti». Del resto, Spielberg aveva dato indicazioni precise: «Oltre la violenza che Inquina le strade, gli stadi e le prigioni, c'è un altro regno del terrore inesplorato: quello che esce da certe situazioni familiari, di cui è protagonista la donna nello scenarlo della casa». Quanto agli adulti, lasciato ai ragazzi il compito che una volta era dei sociologi, hanno trovato le profonde implicazioni psicologiche dei Gremlins: «Regalando un animaletto che si riproduce da solo 11 padre del film rende di nuovo attuale il mito della cicogna, cancella nel fi¬ glio le fantasie Incestuose». Si capice che «quando il vecchio cinese, il padre adottivo, una specie di Geppetto, riprende il suo Pinocchio, il ragazzo Billy e la sua amica escono dall'infanzia». Aggiungete tutti gli ammiccamenti e i sarcasmi contro la vecchia provincia americana, che crede d'essere felice come in un film di Capra, ma cova terribili violenze, e dite se Gremlins è un film che parla d'altro per nascondere la realtà. E' un film troppo pieno, un falso film per ragazzi, una dettagliata analisi dell'America; per forza, il pubblico è rimasto un poco disorientato: apprezza lo spettacolo, ma capisce l'antifona. Uomo-robot Per Dune s'è verificato l'opposto. Dietro la sontuosità il pubblico ha subodorato l'evasività. Bellissimi i Vermont di Rambaldi che sgusciano dalla sabbia come chilometriche tenie, ma troppo arcaici, commessi viaggiatori di una fantascienza che non ha ancora letto le analisi del sociologi e si ritiene sprezzantemente sciolta dallo stretto dovere dei simboli. Certo, nessun mostro può intendersi più realistico di Terminator, un uomo-robot, pelle sopra meccanismi sotto, che viene dal futuro non tanto lontano per dire che le bombe atomiche hanno distrutto la Terra e che gli automi sono la vera razza superstite. Forse gli spettatori (incassi record in America) cercano nel film, oltre i dati di allarme concreto (lo scoppio del sistema a egemonia tecnologica»; qualche timida speranza, la rivincita ingenua dell'uomo. Per avere pubblico il film di catastrofe attendibile deve travestirsi da favola e ipotizzare impossibili rinascite. Gli spettatori sono più suscettibili del Sistema e sanciscono il successo dei mostri secondo scelte di sopravvivenza che purtroppo non sono imposte, almeno non nei modi rassicuranti previsti dalla vecchia sociologia. Si capisce che sia sembrata affrettata l'uscita di qualche sbrigativo epigono di Francoforte dopo la visione provvisoriamente unanime di The day after (il capitalismo vuole abituare la gente all'idea della guerra atomica, cioè probabilmente all'idea della propria autodistruzione, il massimo della sottigliezza). Si capisce che le tensioni insopportabili accuI mutate coi mostri •simboliI ci» si traducano adesso nella voglia di ridere e di sognare, metodicamente. In Ghostbusters una squadra di acchiappafantasmi gira la città per mettere, con molte peripezie, i mostri in trappola. Si ride di liberazione. In Storia iniinita la lotta tra la propria fantasia e la terribile fantasia della Storia si traduce nel buoni mostri di peluche dell'infanzia riconquistata. Ogni libro, ogni film, ogni uomo esistono anche per merito nostro che li immaginiamo. Dice l'autore di Storia infinita, lo scrittore Ende: «Tutto LI regno di Fantasia posa su fondamenta di sogni dimenticati». Il cinema di mostri, col successo relativo e conflittuale dell'ultima invasione, dimostra che il pubblico sa bene i rischi che corre ma che desidera scegliere l propri incubi. Stefano Reggiani Dan Aykroyd, Bill Murray e Harold Ramis in «Acchiappafantasmi», il film che sta per essere proiettato in Italia. A destra, il drago volante della «Storia infinita» narrata dallo scrittore Knde

Luoghi citati: America, Francia, Francoforte, Italia, Roma, Vermont