Crisi a Palazzo di Città di Luigi Firpo

Crisi a Palazzo di Città r Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Crisi a Palazzo di Città Quello che penso sulla recente crisi dell'amministrazionc comunale torinese lo ha espresso giovedì, in questo esatto punto del giornale, Lietta Tornabuoni. Vorrei solo ampliare quel discorso asciutto e incisivo, per suggerire qualche considerazione più generale con una visione distaccata di quanto e accaduto c accade in questi giorni in una città che rimane pur sempre il laboratorio sperimentale avanzato della democrazia italiana. Il pei ha governato Torino per dieci anni, periodo non certo breve rispetto alle vicende sussultoric di altre metropoli italiane, c io non vedo niente di male nello sforzo dei partiti così lungamente segregati all'opposizione, rivolto a ribaltare la situazione e a ritornare al potere. In altre parole, volere il potere è l'essenza stessa della lotta politica e sarebbe assurdo non riconoscere questa istanza fondamentale. Naturalmente, assumono immediata rilevanza in questa lotta i melodi usati per conquistare tale potere e i programmi che ci si impegna ad attuare. Riguardo ai metodi, se si escludono quelli del colpo di Stato e delle varie aberrazioni del terrorismo, si ha il sospetto che siano pochi quelli che destano scrupoli: dalle lottizzazioni selvagge alle protezioni appena dissimulate, dai finanziamenti illeciti ai tentativi di corruzione, dall'intimidazione al ricatto, un po' dovunque si ha l'impressione di assistere a battaglie senza esclusione di colpi. Forse è stato sempre così, fin dai tempi della polis greca, c l'unico riparo sta nelle leggi rigorose e nei magistrati decisi a farle rispettare. Certo è che in troppi casi, appena sollevi un poco il coperchio della pentola, quello che ne emana non c un buon odore. Quanto ai programmi, essi sono troppo spesso generici, vaghi, ed è facile scordarsene a potere conseguito, lamentando le difficoltà dei tempi e giocando sulla memoria corta degli elettori. Venendo al caso torinese, se si cerca di diradare il poi- verone, non é difficile vedere come stanno le cose per davvero. Popò lo scandalo del marzo '83 il psi ha ritenuto di pagare un prezzo troppo alto continuando un'alleanza col pei con l'aria di essere la pecora nera della famiglia. Il carisma popolare di Novelli accentuava quel carattere subalterno e metteva un'ipoteca pesante sul futuro. Il tentativo, allora, di coinvolgere il sindaco nelle responsabilità, parve una mossa più disperata che avveduta, anche se fu quasi sul punto di riuscire per distrazione o insensibilità della segreteria nazionale del pei, forse dominata dal pensiero di salvare comunque una giunta «rossa» (e niente avrebbe impedito all'alleato, una volta issata sulla picca la testa di Novelli, di far cadere la giunta il giorno dopo). Si trovò poi un compromesso precario: il regime monocolore con l'appoggio esterno di psi e psdi, cioè una soluzione posticcia, perché chi sostiene senza amministrare condivide tutte le responsabilità del potere senza spartirne nessuno dei benefici. Questa è la radice profonda della crisi e il resto non è se non occasione, pretesto, palla al balzo. Discutere se Russo e Ccrabona sono anime inquiete o sconsiderati impulsivi, difensori della libertà progressista o transfughi venduti al nemico, è cosa che riguarda la loro privata coscienza c il loro modo di fare politica, perché nella sostanza ciò che conta è solo la loro dissociazione, il fatto nudo c crudo. Accusare altri partiti di averli corrotti finisce per ritorcersi contro un'organizzazione che avrebbe per tanti anni nutrito nel proprio seno (c forse spinto troppo in alto) degli uomini corruttibili o ricattabili. Se la politica è lotta spietata per il potere, non fa gran differenza (o la farà solo nel giorno del Giudizio) che i due tapini abbiano vissuto un'csaltante trasfigurazione o si siano piegati a chissà quali lusinghe o minacce. La verità semplice è un'altra: si tratta di sapere con bella chiarezza se il psi intende rinnovare a Torino l'alleanza col pei, o la esclude tassativamente c pensa a giunte centristc, pcntapartitichc o di qualsivoglia altra natura, che isolino il pei all'opposizione, così come Io é in Parlamento. Questo dovrà essere detto agli elettori (qui liodrato ha ragione) e su questa base essi giudicheranno. Ma per fare chiarezza era necessaria la crisi? A due mesi dalle elezioni? Non riesco a convincermene. Perché, fatalmente, la coalizione che ha abbattuto la giunta metterà in luce attriti e dissensi; darà alla città un'amministrazione precaria; inasprirà rapporti e risentimenti che più tardi dovranno venire placali con molti balsami. Qualcuno crede davvero che il sedere sui banchi della giunta assicuri, oggi, grossi vantaggi elettorali? E non era più saggio costringere il pei a una campagna moderata, per il rispetto delle alleanze, invece di scatenare una lotta dura c senza peli sulla lingua? Se debbo dire tutto il mio pensiero, non starci tanto a investigare se nei giorni scorsi, dentro e fuori dell'aula, è stata fatta qualche cattiva azione: credo che si sia fatto di peggio, cioè un errore.

Persone citate: Lietta Tornabuoni, Novelli

Luoghi citati: Torino