Cure Novelli/ non sai perdere di Ezio Mauro

Cure Novelli/ non sai perdere Intervist i con La Ganga: l'esponente del psi risponde al sindaco sull'apertura della crisi a Torino Cure Novelli/ non sai perdere «Non sono il grande manovratore della vicenda, ma sono soddisfatto in quanto i nodi sono venuti al pettine» «L'affare Zampini non c'entra: se non ci fosse stato, la giunta sarebbe caduta prima» - «Russo non lo conoscevo, ma il giorno prima di dimettersi è venuto da me» - «Sbaglieremmo a respingere la richiesta di un pentapartito» ROMA - Allora, onorevole La Ganga, accetta il ruolo di grande manovratore della crisi al Comune dì Torino? «Ringrazio, ma il mio ruolo è minore. Ho fatto semplicemente il mio dovere: che era quello di trarre le conseguenze politiche da una situazione già precaria, dopo il colpo di grazia dell'uscita dal pei e dalla giunta di due esponenti tutt'altro che di secondo piano». Eppure raccontano che la sera della sfiducia a Novelli lei assisteva soddisfatto, gustando il piarlo freddo della vendetta. E' vero? «La vendetta è un rito pagano che mi è estraneo. D'altra parte non so di cosa dovrei vendicarmi. Sono socialista da quando avevo i pantaloni corti, e quindi ho un forte patriottismo di partito, che mi porta a detestare l'atteggiamento di sufficienza che i comunisti hanno sempre nei nostri confronti. A Torino alla sufficienza spesso si aggiungeva l'arroganza. Ce n'è abbastanza, mi pare, per capire la mia soddisfazione nel vedere che i nodi venivano al pettine». Vuol dirmi che non consideravate Novelli un nemico, e che non volevate fargli pagare una certa gestione dello scandalo Zampini? «lo non l'ho mai considerato un nemico. Piuttosto, un equivoco: perché con il suo indiscusso prestigio e le sue notevoli capacità copriva una situazione sempre più immobile. 11 mito-Novelli ha giovato al pei, ma lo ha anche danneggiato. Gli ha consentito di rinviare certi chiarimenti interni che, proprio perché irrisolti, oggi battono alla sua porta con urgenza. Quanto all'affareZampini, creda a me: se non ci fosse stato, Novelli cadeva prima». Ma il sindaco dice che tutto nasce da quello scandalo. Lei non è d'accordo? «Per niente. Lo scandalo ha spostato l'attenzione dai problemi che urgevano e che attendevano una chiarificazione ad altre questioni — prima fra tutte la pubblica moralità — che sono servite anche a eludere quella chiarificazione politica». Ma allora, secondo lei, cos'è successo davvero a Torino? «Via via è andato aumentando il numeto di coloro che si rendevano conto della necessità di una svolta. Alla fine, incominciava a capirlo anche qualcuno nel pei. Russo e Cerabona sono la prova». E' il caso di dire che lei li conosceva bene, non è vero? «Un momento. Cerabona lo conosco da tanti anni, perché io sono presidente e lui è segretario della Federazione dei lavoratori emigrati. L'ho sempre considerato un comunista tutto d'un pezzo. Con Russo, non ero mai andato al di là del ciao. Per la prima volta gli ho parlato a lungo 24 ore prima delle dimissioni, il giorno in cui mi ha detto che se ne andava dal pei». Come, è venuto a dirlo proprio a lei? E perché? «Perché pensava che il primo interlocutore di un comunista attico e riformista non può essere che un socialista». Domando anche a lei: chi sono i due dissidenti? «Forse non è un caso che siano meridionali, entrambi. I partiti della sinistra a Torino sono stati a lungo "torinesi", anche dopo la lunga immigrazione. Ricordo il travaglio del psi, quando da partito che parlava in dialetto diventò il partito dei calabresi. Il pei ha assorbito alla base il voto dei meridionali, ma il gruppo dirigente è rimasto torinese, parla piemontese, fa della torincsità un mito. E' il segno di una separatezza dalla città». E alla città che cosa propone adesso il psi? «Intanto una soluzione rapida — con una giunta dei quattro partiti laici — che eviti il commissario e apra un grande confronto nella città per preparare la svolta, non solo di schieramento. Si tratta di fare punto e a capo con una gestione di dicci anni. Dieci anni non da buttare: ricchi di cose positive all'inizio, stanchi alla fine». Ma questa giunta chiederà i voti alla de o al pei? «Per il suo delicato compito istituzionale, tutti potrebbero votarla. In particolare la de credo veda di buon occhio una soluzione simile. Quanto al pei, accettetemmo i suoi voti. Ma il pei ha ancora nel fondo l'idea della irreversibilità del potere. Perderlo è inammissibile, come se il ricambio fosse positivo quando è a vantaggio dei comunisti, mentre diventa una lesione democratica quando è a loro danno». Insomma, tra pei e psi è terra bruciata: anche per il dopovoto, la stagione delle giunte rosse è chiusa? «Oggi la febbre e alta: la prospettiva di un'intesa è difficile. Sentiremo gli elettori. Certo le giunte di sinistra come ripetizione di un'esperienza frontista e alternativista sono finite. Soprawivcranno quelle che troveranno ragioni politiche nuove, concrete, locali. Io ho criticato la giunta di Torino. A 100 chilometri di distanza difendo quella di Milano e non solo perché il sindaco è Tognoli. Probabilmente anche il pei di Milano è diverso da quello di Torino». Ma a Torino de e pri chiedono il pentapartito. Che cosa dice il psi? «La richiesta è legittima. Sbaglieremmo a respingerla, come se questa formula non governasse l'Italia e molte altre città». I/o dica con chiarezza: pensa al pentapartito per il dopo-voto? «Ix> considero una cosa possibile. Ma non l'unica possibile. Impossibili sono solo le riedizioni di vecchie formule, come quelle antc-75». Anche Novelli propone di inventare qualche nuova collaborazione, ad esempio tra la sinistra e i cattolici. Cosa ne dice? «Che Novelli sia espressione anche di una parte del mondo cattolico non è una novità. La sua proposta invece è una novità assoluta, che puzza di tattica momentanea. A meno che Novelli non voglia mettere in discussione la linea di Natta. Vedremo». Novelli h& detto che la campagna elettorale sarà avvelenata, e che altre diavolerie verranno fuori dal cilindro di certi prestigiatori. Per caso, quel cilindro non è suo? O forse ne conosce il padrone? «Non so a cosa vuole alludere Novelli. Non a me, comunque. Di certe vicende, io sono stato vittima, non protagonista. In ogni caso, in testa non porto cilindri, ma un berretto senza doppi fondi». _ . Ezio Mauro