La città degli zar si richiamerà Stalingrado? di Fabio Galvano

La città degli zar si richiamerà Stalingrado? In Urss è ancora rischioso dare il nome dei «grandi» alle città, alle vie, ai reggimenti La città degli zar si richiamerà Stalingrado? Oggi si chiama Volgograd - La proposta dell'Associazione Veterani è all'esame del Comitato centrale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — C'è da perdersi, nel labirinto di quei nomi che cambiano: città, vie, musei, a centinaia e a migliaia per celebrare i tgrandU — o presunti tali — dell'Urss. Ora è nata anche una città Ustinov — la vecchia Izhcvsk, mille chilometri a Est di Mosca — in onore del maresciallo di recente scomparso. E già all'orizzonte si profila un terremoto: il Comitato centrale del pcus sta infatti esaminando una proposta dell'Associazione veterani di guerra, che vorrebbe restituire alla città di Volgograd — in occasione del 40* della vittoria sulla Germania nazista, nel maggio prossimo — il vecchio nome di Stalingrado. Più che una ventata di fervore staliniano, è un segno degli sforzi per ridimensionare gli eccessi dell'antistalinismo kruscevtano. Ma resta che, se la proposta sarà accolta (e il fatto stesso die se ne sia data notizia indicherebbe Ci v che ciò è probabile), quella città subirà un'altra trasformazione. Centro commerciale e strategico fin dal 18° secolo, si chiamava Tsarltsyn in onore degli zar, divenne Stalingrado in onore di Iosif Vissarionovich Dzhugashvili — quel cognome vuol dire in georgiano «figlio della nuvola», ma era Stalin — che vi diresse la resistenza del bolscevichi, e poi Volgograd — nel '61 —per volere dì Kruscev. Dare alle città i nomi del •grandU è, in Urss, un affare rischioso. In nessun altro Paese come in questo, infatti, i grandi di oggi possono finire con estrema rapidità in quello che Trotskij definiva «l'immondezzalo della storia». Finora Breznev e Andropov, ai quali sono state intitolate rispettivamente le vecchie Naberezhnye Chelny e Ryblnsk, non corrono rischi. Ma domani perderanno la «loro» città, e con essa i quartieri, le scuole, i reggimenti di fanteria, nel caso di Breznev addirittu¬ ra una rompighiaccio nucleare, che oggi portano il loro nome? Kruscev è del tutto dimenticato, ma perché morì già «in disgrazia». Viene da domandarsi quanti altri sarebbero stati ignorati — anziché essere onorati con il nome di una città — se non fossero morti quando sono morti, prima di una loro eventuale sventura politica. Prendiamo, per esempio, Jakov Sverdlov, uno del primi leader bolscevichi: a lui è intitolata una città negli Vrali — Sverdlovsk — che è poi la vecchia Ekaterinburg, così battezzata in onore di Caterina la Grande e tristemente nota per l'eccidio dello zar Nicola II e della famiglia imperiale. Sverdlov morì nel 1919: se fosse vissuto, non sarebbe potuto anch'egli incorrere nei sanguinosi cataclismi del dopo-Lenin? Ironicamente, molti di coloro che si confrontarono con Stalin negli Anni Trenta furono in seguito glorificati dopo la loro fine misteriosa. Ecco Kujbysìiev, morto nel '35 e al cui nome fu dedicata la città di Samara; Ordzhonikidze, morto per un attacco cardiaco nel '37 (ma Kruscev sostenne in seguito che era stato fucilato) e a cui dal '31 al '45, e poi nuovamente dal '55 a tutt'oggi, è stata offerta la vecchia città di Vladikavkaz; Kirov, capo del partito a Leningrado e rivale di Stalin nel Presidium, assassinato nel '34 e pianto da uno Stalin che molti ritenevano responsabile. Personaggi come Molotov o Malenkov, che servirono fedelmente il dittatore, non hanno avuto — ironia del destino — analoghi onori, neppure quando erano in auge, prima che Kruscev li piegasse. E invece Qorkij è dovunque — città, vie, piazze, musei, parchi — sebbene gravi tuttora su Stalin qualche sospetto per la sua misteriosa morte nel 1936. Ma tutti, per popolarità, sono superati da Lenin: al suo nome è intitolata non solo l'ex capitale imperiale — San Pietroburgo, ora Leningrado — ma un incredibile numero dì altre città, vie, scuole, edifici pubblici. Fabio Galvano