Tracce sulla neve

Tracce sulla neve ORA ANCHE IL BOSCO HA FREDDO Tracce sulla neve In questi giorni non si fa che parlare del gran freddo clic scende dal Nord, e ci si chiude in casa, c si fanno andare in ebollizione le caldaie dei riscaldamenti, e si guarda alla televisione le nevicate che fermano le città. Stamattina il termometro dietro casa segnava meno 18, ma ormai ho tanti anni da ricordare i meno 27 del 1929; e quando nel gennaio del 1942 qui in paese si era arrivati ai meno Jl che fecero gelare l'acqua nelle condutture, ero in viaggio per la Russia dove c'era il grande benefico e miracoloso freddo dei meno 40 che, oltre che con l'ombra del vecchio Kutùzov, fece fermare le armate di Hitler alle porte di Mosca. Allora, nell'inverno più freddo di questo secolo, eravamo in viaggio con un treno che si congelava e che ogni tanto doveva fermarsi in qualche stazione della Germania, della Polonia e dell'Ucraina per far sciogliere il ghiaccio che bloccava i freni, le latrine c gli impianti di riscaldamento. Un problema era pure il rifornimento dell'acqua perché le fontane e le pompe erano colonne di ghiaccio. In queste soste gli alpini del battaglione sciatori Monte Cervino uscivano dai vagoni con gli sci e poi correvano via a riscaldarsi su quelle pianure dove la neve è sempre secca e ventosa: i tedeschi, i polacchi e gli ucraini guardavano stupiti questi talianski così indifferenti al freddo e confidenti con la neve. Non sapevamo che a Leningrado assediata la gente moriva di freddo e di fame, che i soldati tedeschi perdevano i piedi perché avevano gli stivali stretti, e che nei boschi innevati e freddissimi che vedevamo dal treno rivestito di ghiaccio, si nascondevano i partigiani che ogni tanto facevano saltare i binari. Che freddo quel gennaio del 1942! Al confronto questo di ora scm bra primavera. Ma anche nel l'inverno del 194} fui al limite di restare rigido e duro come un tronco d'abete tagliato nel bosco, come tanti uomini che vidi allora. Nel 1951, almeno qui da noi, ci fu pure un grande fred do. Cesene e beccofrosoni affa mati erano venuti a cercare cibo attorno alle case e fino stilla piazza del paese, e le voi pi dentro le stalle. Per più di un mese la temperatura nelle ore di massima insolazione non saliva oltre i meno li, mentre di notte scendeva tra i meno 20 e i meno 25. Non era proprio rigidissimo, come freddo, ma lungo il periodo, perché lentamente, giorno per giorno e notte per notte, gelo penetrava nelle case e nel suolo, c per scioglierlo ci voi lero molte piogge di primavera. Oggi nella mia stanza di lavoro ho il giusto tepore di 17 gradi, ma ho anche aperto la finestra per cinque minuti sul bianco della neve e sullo splendore del sole per sentire il canto delle cince e per far uscire le tre mosche che, sve gliatc, sono sbucate dal tavolato per tonfare sui vetri interni (quelli esterni sono ricoperti da arabeschi di ghiaccio). Le tre mosche cacciate sono andate a finire qui sotto sulla cata ••sta della legna e lo scricciolo è arrivato subito a mangiarle. Buon appetito scricciolo Dopo questo antipasto porterò a te e ai pettirossi dei pezzettini di lardo; ai merli offrirò briciole di pane e qual che tagliatela; ai corvi le croste della polenta. Non so, invece, cosa portare al falconide che ho intravisto fuggcvol mente. (E uno sparviero? Sembra di sì dalla misura, dal la forma e dal colore delle penne). Gli andrebbe bene qualche fegatino, ma lui saprà bene arrangiarsi con le arvicole e i topi perché, l'ho capito dalle tracce sulla neve, non caccia in volo come suo uso e costume ma, per questo fred do che tiene ferme attorno alle case le sue prede, cammi na sornione e si apposta sotto i cespugli e i piccoli abeti, immobile tra la neve, in attesa dell'incauto. Ma non so se i due scoiattoli sapranno difendersi da lui. Staremo a vedere. Laggiù, dall'altra parte della conca, a cinque chilometri in linea d'aria, osservo la contrada da dove quasi sessantanni fa il mio compagno di banco e i suoi coetanei, in mattine ancora più fredde di queste, partivano da casa ancora prima dell'alba c per un sentiero tra la neve attraverso boschi e pascoli giungevano a scuola ancora prima di noi del centro. Mantelline e passamontagna militari, scarponi chiodati, guance rosse come mele e occhi sempre ridenti e, tra i libri e i quaderni, due patate cucinate sotto la cenere del focolare. Le mettevano alla sera prima di andare a letto e al mattino erano cotte. Entrati in aula, con il pennino si rompeva il ghiaccio del calamaio e si incominciava a scrivere: «Analisi grammaticale...». In quella contrada ci sono impianti di risalita, alberghi; per i nipoti del mio compagno di banco passa lo scuolabus e nelle cartelle alla moda i ragazzi hanno le merendine confezionate e, a scuola, troveranno le videocassette. Meglio così. Oggi, nell'ora meno fredda, sono uscito a fare un giro nel bosco per leggere sulla neve quello che era successo questa notte. La Bulka ha abbaiato molto, ma non era per il plenilunio: quando abbaia alla luna ha altra tonalità e altro tempo, anche quando richiama cani vagabondi ha altro tono; quello di questa notte è di quando sente o vede animali selvatici. Per questo suo avviso ero uscito dal letto per spiare attraverso la finestra. La neve rifletteva un lunar molto luminoso e altrettanto freddo; guardavo le ombre sulla neve per sapere se qualcosa si muoveva: non riuscii a vedere ombra né di volpe, né di lepre, né di gufo. Bulka abbaiava sommessa e attenta. «Sono dentro il bosco», pensavo. 11 bosco oggi è come potrebbe essere in Siberia o in Canada; poca la neve ma in cristalli minutissimi anche sui rami e sui tronchi, non vaporosi, appariscenti e luminosi come quando nevica sugli zero gradi e poi si rasserena; questa apparenza e sostanza è di neve che cade con temperatura sui meno 15 e che poi ancora si abbassa. Ieri, quando avevo intravisto lo sparviero, le lepri non erano uscite (noi diciamo «saltate») dai covi e solamente una volpe aveva transitato diritta verso la conttada. Oggi no, oggi ho letto molte cose in meno di un'ora. Intanto lo sparviero non è riuscito a catturare gli scoiattoli, perché dopo aver visto sulla neve i segni appaiati delle zampine unghiate e i resti rosicchiati degli strobili, li ho sentiti sopra un abete. Lo sparviero, invece, ha fatto pranzo con un topo che ha catturato in uno slargo dove erano stati abbattuti degli alberi l'autunno scorso. Ma la volpe ha camminato molto ed era lei che aveva fatto abbaiare la Bulka. Ha girato in lungo e in largo seguendo le tracce del lepre. Ho potuto vedere dove lui era a quatto, dove aveva mangiato i germogli di rosa canina (finora non ha affrontato le foglie di verza che per lui ho messo dietro casa), dove ha raschiato la neve, dove ha orinato; e la volpe sempre dietro ai suoi segni come facevo io. Ma nel folto non sono entrato: ho guardato da fuori dove erano usciti perché lì dentro non era piacevole entrare con questo freddo e con la neve che ti sarebbe caduta tra collo e carni eia. Insomma mi divertivo e mi riscaldavo. Alzai dei corvi affamati, incrociai la ttaccia di una don noia. In una radura più in alto lessi che la volpe aveva abbandonato la caccia al lepre e che era discesa nuovamente verso le case in cerca di prede più facili. Il lepre, più avanti, aveva fatto il «nodo» e i «salti»: era certo poco lontano da dove mi trovavo e pensai di lasciarlo in pace. Invece appe na mi mossi balzò fuori da sotto i piedi, da tre abetini rachitici e infreddoliti, corse via diritto a grandi balzi come volando sulla neve e sul gelo. Mario Risoni Sterri

Persone citate: Hitler, Mario Risoni

Luoghi citati: Canada, Germania, Leningrado, Mosca, Polonia, Russia, Siberia, Ucraina