I Foscari a Parma sono di Bruson di Giorgio Pestelli

I Foscari a Parma sono di Bruson Nel nuovo Regio festosa apertura con un Verdi «rigenerato» dalla direzione di Soudant I Foscari a Parma sono di Bruson PARMA — La stagione Urica 1985 ha vuto una festosa e felicissima inaugurazione con I due Foscari, di Verdi, diretti da Hubert Soudant e Anna Proclemer, entrambi al loro esordio in materia operistica; freddo artico e mucchi di neve non hanno impedito ai parmigiani di esaurire il loro bel Teatro Regio, che fra l'altro riapriva i battenti dopo un anno di chiusura per lavori di restauro e adattamenti, L'opera, malgrado la frequenza delle moderne riprese, non è certo di quelle che attirino: caso unico in Verdi, manca la trama, l'intreccio. Se Verdi e Piave fossero stati del romantici d'Oltralpe ci avrebbero fatto su una «ballata scenica» in un atto per soli, coro e orchestra; ma il prodotto dell'industria operistica italiana non consentiva simili stravaganze, ed eccoli a stiracchiare per tre atti la situazione di Jacopo Foscari esiliato dal Consiglio dei dieci fra le lacrime della moglie e del padre, vecchio e inutile doge. Si parla talvolta di ambientazione marina, di scirocco veneto, ma la cupezza del lavoro più che ai canali di Venezia fa pensare ai navigli della vecchia Milano; anche l'albore di una tecnica di «temi guida» sembra più un esperimento occasionale che una convinzione sentita. Detto questo, perché lo spettacolo di Parma è andato cosi bene e / due Foscari ne sono usciti come rivitalizzati? Due le ragioni principali. La prima è la straordinaria interpretazione di Renato Bruson nella parte del vecchio Foscari, già ammirata al Regio di Torino qualche settimana fa. Si imbeve di dolore come una spugna, si carica di afflizione e di turbamento fino a rimanerne schiacciato e la sua morte alla fine è del tutto naturale e testualmente convincente, come quella di un Boris Godunov. I suoi due grandi monologhi, nel primo atto (-Eccomi solo alfine-) e nell'ultimo (-Egli ora parte... ed innocente parte!-) sono due momenti stupendi che testimoniano in Bruson un'arte unica e raffinatissima di attore-cantante. «Questo è dunque l'Iniqua mercede; forse la pagina più attesa dell'opera, è stata salutata da un meritato uragano di applausi; la sua figura in scena, curva di anni e affranta, fa spesso pensare a un Re Lear: è un atteggiamento, forse concordato con la Proclemer, che rivela come an> che in quest'opera minore Verdi abbia speso qualcosa del suo sogno, sempre acca- rezzato e mal realizzato, di mettere in musica quella, grande figura shakespeariana. L'altro punto vitale è la direzione di Soudant che mette da parte l'elegia, la mollezza veneta, le barcarole a favore di una continua tensione, di uno scatto puntiglioso, nervoso e trascinante; per esordire in campo lirico ha scelto Verdi e Parma, come cacciare la tigre nella sua tana, e ci ha portato un'aria nuova, ignorando le piattezze della routine. L'innesto è riuscito benissimo, come hanno testimo¬ niato gli applausi e il gesto amichevole di quei simpatici matti della Grotta Mafalda, il covo verdiano sotto il ristorante «Cannon d'oro», che hanno omaggiato il maestro olandese di una simbolica bacchetta. Con questa impostazione armonizzano gli altri fattori: Veriano Luchetti (Jacopo Foscari) è molto bravo in una parte difficile che unisce 1' agilità del tenore rossiniano con la potenza di quello verdiano; nei toni teneri fa onore alla bella frase del clarinetto che lo accompagna ovunque, solo nel registro acuto forza un po' i toni, forse spintovi dalla dinamica orchestrale di Soudant. Un caso a sé è la protagonista femminile, Galla Kalinina: ha una voce potente e ricca di sfumature con cui potrà fare grandi cose; muslcallsslma, è un piacere sentire come «entra» e come si ambienta nei pezzi di assle* me, ma nei «soli» spezza troppo le frasi, mancandole ancora una sicura padronanza della lingua italiana. Anche Anna Proclemer ha messo nel suo lavoro registico l'entusiasmo della neofita: ma ha tenuto la mano leggera, si è concentrata sui singoli personaggi, sulle posizioni e 1 movimenti giusti e significativi, illuminando la fragile azione con vividi particolari; è certo anche merito suo se questi Due Foscari non annoiano mai. Fra 1 personaggi di contorno bisogna ancora ricordare 11 basso Luigi Ronl che torreggia per voce e presenza nella parte di Jacopo Loredano; eccellente la prestazione del coro istruito da Adolfo Tanzl. Non molto incisive le scene di Tita Tegano, indecise fra antico e moderno, tuttavia ispirate a quel senso di oppressione che circola in tutta l'opera. Giorgio Pestelli Straordinaria interpretazione del baritono e agilità di Luchetti. La Proclemer al debutto nella regìa si concentra sui singoli personaggi. L'opera sembra rivitalizzata da Soudant Calia Kalinina, Veriano Luchetti e Renato Bruson sulla scena del rinnovato Regio di Parma

Luoghi citati: Milano, Parma, Torino, Venezia