Tre tavoli planetari di Arrigo Levi

Tre tavoli planetari Tre tavoli planetari DAL NOSTRO INVIATO GINEVRA — Qualsiasi accordo tra grandi potenze, per poter durare, deve necessariamente offrire vantaggi ad ambedue i contraenti. Questo principio, che Henry Kissinger, protagonista degli anni della distensione, non si stanca di ripetere, vale sicuramente anche per l'imprevista, storica intesa di Ginevra tra George Shultz e Andrej Gromyko, che riapre la strada a un negoziato globale sul controllo degli armamenti nucleari. Per cercare di capire quali possibilità reali di successo abbiano i negoziati che stanno per riprendere, bisogna dunque anzitutto chiedersi quali vantaggi possano trarne sia gli Stati Uniti, sia 1' Unione Sovietica; e quindi quali concessioni reciproche si siano fatte per raggiungere un' intesa che non esisteva alla vigilia dell'incontro, e che, come si è poi saputo, e stata in qualche momento in grave pericolo, durante le quattordici ore di colloqui. Le concessioni sovietiche, c i corrispondenti vantaggi americani, sono più evidenti. Mosca ha rinuncialo a chiedere, prima di riprendere a trattare sugli euromissili, il ritiro dei nuovi Pcrshing-2 e Cruisc della Nato; non ha nemmeno chiesto che la Nato si impegnasse a fermare l'installazione di nuovi missili. Ancora più vistose le concessioni in mate¬ ria di «guerre stellari»; i sovietici avevano detto e ripetuto che non potevano esserci reali speranze di arrivare ad un accordo sui nuovi negoziati se prima l'America non avesse rinunciato alla «Iniziativa di difesa strategica» (S.D.I.). Questa rinuncia non c'e stala: dell' S.D.I. si discuterà ad uno dei tre tavoli del negoziato, quello sui sistemi difensivi, così come si discuterà, in quella sede, della costruzione dei giganteschi radar sovietici della Siberia o delle armi antisatclliti. Anche su queste ultime, Washington non ha dovuto accettare alcuna moratoria, come i sovietici insistentemente chic- devano fino a poco tempo fa. Mosca ha dunque fatto su questi punti una straordinaria marcia indietro. Che cosa ha ottenuto in cambio? Due cose soprattutto: l'acccttazione piena, da parte dell'amministrazione Reagan, del principio che i trattati in vigore rimangono sacri, compreso l'accordo A.B.M. che vieta l'installazione (anche se non la ricerca) delle armi antimissilistiche; e 1' accettazione da parte americana di porre sul tavolo del negoziato, fin da ora, l'S.D.I., invece di ricercare (come poteva far pensare l'iniziale formulazione reaganiana) soluzioni unilaterali al problema della difesa e della sicurezza. Reagan ha finito per scegliere con chiarezza, tra i suoi consiglieri, quelli che sostenevano le ragioni della trattativa e che ribadivano l'assoluta necessità di mantenere, rafforzare e anzi sviluppare la struttura dei trattati strategici con i sovietici: trattati che si fondano sul principio della parità militare e politica tra le superpotenze. I «falchi» rcaganiani, come il sottosegretario alla Difesa Perle, che irridevano all' idea stessa delle trattative, si sono dovuti piegare alla scelta presidenziale: Perle stesso è stato incluso nella delegazione Arrigo Levi (Continua a pagina 2 In «otta colonna)

Persone citate: Andrej Gromyko, George Shultz, Henry Kissinger, Perle, Reagan

Luoghi citati: America, Ginevra, Mosca, Siberia, Stati Uniti, Unione Sovietica, Washington