Lucca, il fantasma d'una dea sulle Mura in rovina

Lucca, il fantasma d'una dea sulle Mura in rovina TRA FASTI E PROBLEMI NELLE CITTA' DELLE SIGNORIE: L'ISOLA BIANCA DELLA TOSCANA ROSSA Lucca, il fantasma d'una dea sulle Mura in rovina Il dissesto degli antichi spalti e baluardi angoscia i lucchesi e rischia di cancellare per sempre la leggenda di Lucida Mansi - Nulla si fa per salvare la cerchia, mentre si restaura il duomo di San Martino - «Oggi non esiste una vita culturale, la gente si addormenta nel culto del denaro» DAL NOSTRO INVIATO LUCCA — Il dramma delle Mura s'avverte subito e la città vive il dissesto dell'abbandono nell'ossessione di un evento incontenibile. La metastasi della cerchia urbana è l'angoscia segreta del lucchesi che nell'anello rosso . gigantesco della cinta fortificata vivono il ricordo e il fasto antico della storia. Ma tutto è in rovina: i baluardi e gli spalti sono abbandonati, i cornicioni scivolano, le casermette perdono gli intonaci e il basamento è corroso dal liquami. Sotto il parcheggio apeno dal C ..mine per snellire il traffico delle automobili, il tessuto dei mattoni scoppia in queste giornate invernali, per le crepe aperte dalle erbacce. Nella luce radente del pomeriggio, uno scrittore giovane e attonito indica dal bastione di Porta San Pietro i fossi 'Che sono cloache: Vincenzo Pardini avverte che 'tutto precipita» nella «malia sottile e stregata» di Lucca tra la Torre delle ore e piazza San Martino dove s'Incontrava Oscar Wllde. Cadono le architetture e gli ornamenti eleganti »perché tutto è inquinato: E Pardini grida: •Basta con le parole», adesso che il parcheggio dei pullman e la fila veloce delle automobili Interrompono, sulla mole fortificata, i percorsi di Lucida Mansi. E racconta la leggenda di questa dama bellissima, seminuda dinnanzi allo specchio sulla carrozza di luce. «Chi potrà più incontrarla?», domanda l'autore del Falco d'oro perché la carrozza lenta, e scintillante di Lucida, confusa tra le automobili, finirebbe coll'inablssarsi nei canali putridi e il fascino di quel volto che s'era dato al diavolo In cambio della giovinezza si andrebbe a dissolvere nei rivoli guasti della muraglia. Toblno non ha mal visto il cocchio Infuocato della Mansi. Ma assicura l'apparizione del volto, anni or sono, nel laghetto del giardino botanico. • Una dea, afferma, e tutto ciò che la circondava era dorato». Egli ama le mura, ma le preferisce 'dall'esterno e da lontano», nei tramonti estivi, quando rientra da Viareggio e il colore dei mattoni 'diventa di damasco sottile e vellutato sul verde 'd grandi prati ancora intatti». Anche il verde è in pericolo. Muoiono i pioppi che ornavano la cinta lucchese, 1 platani malati non sono sostituiti e Toblno teme che i prati 'Possano essere attaccati, per far posto alle automobili e cancellare per sempre la leggenda di Lucida e dei suoi specchi, per dar sfogo alle esigenze della vita moderna». 81 tormenta per chi, dinanzi alla rovina della difesa cinquecentesca 'finge di non vedere crepe e abbandono». E Pardini è d'accordo sino a odiare l'agonia di questo •bene culturale» che tarda a diventare 'monumento» anche se molti nella città ducale, che un tempo era Stato, si accorgono che «sta venendo meno nella nostra emotività di lucchesi qualcosa che ci apparteneva esteticamente e fisicamente: La ricerca del passato riaccende Lucca, «ma forse è tardi», dice in via.San Donnino Bruno Vangelisti, l'antiquario amato da Visconti che gli affidava l'arredamento prezioso delle scenografie. Vangelisti non vuole «seppellire Lucca né tantomeno tesserne l'elogio». Racconta che la città s'è conservata intatta nell'impianto urbano per l'apatia degli abitanti che sono rimasti dentro le mura. Per chi è andato lontano, al contrarlo, la 'Sorte consapevole dell'esule» s'è scontrata, al rientro, con «il delirio del danaro» che prende Lucca 'matrigna con i figli migliori». Intonano, dietro piazza de' Servi, O Lucca, tra cento e il canto si perde, nella notte, in direzione di San Giovanni. Vangelisti distingue là «cittd delle mura» e quella 'delle ville» e delle dimore principe¬ sche nella campagna. Parla della diversità lucchese, della condizione degli abitanti •veri, falsi, importati, di passaggio, oriundi, trapiantati, mezzosangue, ma sempre nel territorio delle "sei miglia",' per scelta deliberata o coatta» prigionieri di un mito splendido e fastoso, cortigiano e altero nell'internazionalismo dinastico. Oggi non c'è vita culturale, la città, a giudizio dell'antiquario di nome, si addormenta nel culto del denaro, ma questo non ha più 11 tratto dei banchieri della corona inglese e dei cambiavalute lm- perlai!. «Qui tutto è bacchettato in fretta, svenduto in contanti», dice Vangelisti, nella maledizione di Carlo Lodovico, il figlio di Maria Luigia di Parma che cedette la città di Lucca al granduca di Toscana. Carlo Lodovico »ultimo duca debosciato e giocatore» liquidò la città e la sua collezione di quadri stupenda e irripetibile. 'Ho ritrovato a Londra, dice Vangelisti, un Sebastiano del Piombo: sarà stato quindici anni fa, sempre nella mia vita di antiquario ho inseguito quelle tele, ordinate da Maria Luigia, disperse nei musei e nelle collezioni di mezza Europa». S'avverte 11 rimpianto, lo stesso senso di spoliazione che prende, alla Pinacoteca nazionale, Maria Teresa Pilieri che ha la responsabilità della raccolta statale. La Filierl vive «il dramma» di un patrimonio pittorico immenso e scomparso. «Ci rimangono soltanto due opere, ammette nella rassegnazione: un Guido Reni in Pinacoteca e l'Aspertini di villa Guinigi». Due opere di Maria Luigia e un groviglio di problemi per una città d'arte che vive lontano dal circuiti turistici e tarda a trovare il suo passo In questo tramonto di millennio. E la speranza «viene dalle Mura», da un patrimonio che ora sembra cementare nuove alleanze per Lucca. La cinta architettonica è In pericolo, 1 musei sono da rlsistemare mentre il restauro del duomo di San Martino, completato in parte, ancora ingabbia una vasta parte del marmi stupendi. «Un lavoro costoso e lunghissimo, dice la Filieri, incarta il monumento». Molte ancora sono le ri¬ strutturazioni urgenti, con la chiesa di San Giovanni che va riaperta al pubblico, concluse le opere di consolidamento. Lucca stenta a riprendere la sua luce, a ritrovare il fasto dei napoleonidi e del principato del Baciocchi ma, pur nel buio dell'inverno, s'intravede qualche bagliore. Il restauro dell'architettura bellica prende la città. Dice Silvana Sciortino, consigliere comunale, anima critica dell'opposizione, che per la cinta murarla la città non può limitarsi a interventi .improvvisati o sperimentali». Sono necessarie competenze di livello, e un progetto complessivo, dalla staticità al parametro murario, dal ripristino delle piante abbattute o malate, al restauro delle casermette. Per la Sciortino «si deve coordinare il contributo di professionalità diverse, dallo storico dell'arte allo storico dell'urbanistica, all'architetto, al restauratore. E, ancora, dal geologo all'esperto dei manufatti, perché non si ripeta lo scempio del catrame e del cemento sull'acciottolato del Nottolini». Roberta Martinelli, storica dell'urbanistica, ha ripercorso, con Giuliana Puccinelli, in un saggio vasto e documentato, tutta la vicenda costruttiva delle mura. L'attenzione è stata puntata sul cantiere, che si protrasse per oltre un secolo, e sulla storia ed 1 significati di un'impresa d'eccezione per la vita e le finanze della città, le abitudini e la quotidianità del lucchesi. Dice la Martinelli che a Lucca «le mura sono estremamente presenti» e hanno segnato la vicenda storica più di ogni altra emergenza architettonica. «La situazione, rivela, po¬ trebbe essere meno drammatica di quanto appaia, ma subito va escluso il traffico delle automobili e il parcheggio dal San Regolo al baluardo Santa Maria». Sono le mura, a suo giudizio, ad aver determinato, nei lucchesi, «la diversità storica» che qui ancora si avverte e il «ctona dell'assedio» in una città dove «non ci sono conflitti», ma tutto, nella regione rossa, si traduce in .Lucca-isola bianca unica ed inspiegabile» nelle chiusure improvvise e nell'internazionalismo che, al contrario, appare d'improvviso, con aperture vaste sul mondo. La .diversità-, per Maria Pacini Pazzi, impegnata nella casa editrice con pubblicazioni di pregio, va vista «nella città Stato e nella città capitale». »A Lucca, dice la Pacini Fazzl, tra riforma e controriforma non è entrata l'inquisizione e la città è rimasta laica tra le seicento ville della campagna e le novantanove chiese della cinta muraria». Ed è la storia di queste ville che più sembra attrarla, nel passaggi continui delle proprietà, in bilico tra degrado e sfarzo, notti folli di partite a carte, assalti e cure dei nuovi ospiti 'Calzaturieri e zoccolai» anche loro nel mito della nobiltà mercantile, disposti al restauro e al riuso, pur di mostrare 'forza economica e gusto, imprenditorialità e rappresentanza». A qualche centinaio di metri, i vecchi signori, i nobili che oggi, per non perdere i fasti antichi del sangue, si vedono costretti a ridurre a ristorante o albergo l'immagine sfarzosa del nome di antichi banchieri, sempre legati alla seta e alla potenza agraria, di Lucca «una tra cento», Francesco Santini Lucca. Il viale sopra le Mura: pioppi e platani sono inalati