Trent'anni dopo Ike e Kruscev di Arrigo Levi
Trent'anni dopo Ike e Kruscev Trent'anni dopo Ike e Kruscev DAL NOSTRO INVIATO GINEVRA — Trent'anni fa, a Ginevra, si tenne il primo incontro al vertice tra l'Est e I' Ovest del dopoguerra, incontro passalo alla storia come la conferenza dei cieli aperti». La conquista dello spazio era, nel 1955, ancora un sogno di pochi, c di guerre stellari parlavano soltanto i romanzi di fantascienza: il piano che il presidente Eisenhower, accompagnato dal segretario di Stato Foster Dulles, propose in quell'occasione ai sovietici, prevedeva di aprire i cicli di tutte le grandi potenze (che allora erano quattro, comprese Inghilterra e Francia: il termine superpotenze non era ancora in uso), all'ispezione aerea della controparte: i satelliti non erano ancora una realtà. Ike propose che vi fosse anche uno scambio di blue prints, di piante dettagliate di tutte le basi militari: lo scopo di queste iniziative doveva essere di creare un nuovo clima di reciproca fiducia e di aprire la strada alla collaborazione tra 1' Est e l'Ovest Il piano parve però ai sovietici una trappola: la delegazione moscovita, nella quale Nikita Kruscev era già l'uomo di maggiore spicco, respinse seccamente ambedue le proposte di Eisenhower, che ne rimase profondamente deluso. L' America aveva allora una schiacciante superiorità nucleare sull'Unione Sovietica; ma sapeva che Mosca non si sarebbe rassegnata a lungo alla sua inferiorità. Cosi, nel 956 Ike autorizzò il programma dei voli con aerei-spia, i famosi U-2, sul territorio sovietico. Quando uno di questi acrei fu abbattuto da un missile soictico, e il pilota, il tenente Powcrs, venne catturato vivo, Mosca lo sottopose, nell'estate del '61, a un clamoroso processo, che segnò uno dei momenti più caldi della guerra fredda. Il tentativo di creare un clima di fiducia tra le superpotenze non sarebbe potuto finire peggio. Il violento linguaggio usato quell'epoca dagli americani, in generale dagli occidentali, per descrivere il mondo comunista, era lo stesso che ancora usa abitualmente Gromyko per descrivere l'Occidente, e lo stesso anche, per la verità, che Ronald Rcagan ha usato fino un paio d'anni fa, quando definiva l'Urss «l'impero del male». Il mondo non è poi tanto cambiato. Dei protagonisti della conferenza di Ginevra del 1955 è oggi presente, sulle rive del Lemano (oltre a pochissimi tra noi giornalisti: per chi scrive fu quella la prima «copertura» di un grande evento internazionale), soltanto Andrej Gromyko, che era trent'anni fa ) viceministro degli Esteri, al fianco di Molotov: ma il problema di fondo che allora rendeva difficile la «coesistenza pacifica» tra l'Est e l'Ovest (di distensione nessuno ancora parlava) era lo stesso di oggi, e cioè quello della fiducia reciproca, o meglio della reciproca mancanza di fiducia. Per questo vi è stato una specie di generale sospiro di sollievo quando si è saputo che, all'inizio della seduta pomeridiana, Shultz raccontava divertenti aneddoti e Gromyko rideva. Ma nessuno sa, nel regime di silenzio-stampa che è stato adottato, che cosa sia accaduto quando le porte si sono richiuse alle spalle dei pochi giornalisti presenti. Registriamo, senza pronunciarci, che prevale in campo americano un umore di fiducia. Ma sapremo soltanto oggi se l'apparente distensione degli animi sia stata davvero tale da consentire il successo di questo incontro, al quale sono affidate tante speranze. Arrigo Levi
Luoghi citati: America, Francia, Ginevra, Inghilterra, Mosca, Unione Sovietica, Urss
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