Il tenente sviene e nega ostinato «Non volevo uccidere il prete»
Il tenente sviene e nega ostinato «Non volevo uccidere il prete» Al processo per l'omicidio di Popieluszko depone Chmielewski Il tenente sviene e nega ostinato «Non volevo uccidere il prete» «Volevamo solo terrorizzarlo, ma tutto sembrava congiurare contro i nostri piani» «Qualcuno molto in alto aveva messo a disposizione fondi illimitati per la missione» NOSTRO SERVIZIO TORUN — «Non riuscivo a capire che cosa succedesse, tutto andava contro i nostri plani... So soltanto che avevo sempre più paura». Sul punto di siwnire, il volto stravolto da spasmi nervosi, l'ex tenente della polizia segreta Waldemar Chmielewski ha ieri tentato di prendere le distanze dai due compagni accusati dell'assassinio di padre Jerzy Popieluszko, il «sacerdote di Solidarnosc». Mentre descriveva le prime fasi del rapimento, e come il capo della «banda», il capitano Grzegorz Piotrowski, trascinò il prete per la tonaca, Chmielewski ha incominciato a barcollare, e ha chiesto una sospensione dell'udienza. Due medici, che come gli agenti speciali antiterrorismo sono sempre nell'aula del tribunale di Torun, hanno visitato il tenente, e l'hanno dichiarato in grado di continuare la deposizione. Chmielewski sostiene di non avere mai visto percuotere il sacerdote: nel momento di violenza più brutale, quando Popieluszko cercò di fuggire dall'auto usata per il sequestro, stava cambiando la targa posteriore, ha affermato, e non ha visto. Nonostante la balbuzie e il fatto, evidente, che non stesse bene (dopo lo svenimento è stato autorizzato a deporre da seduto, con un intervallo ogni ora) la difesa di Chmielewski è stata più stringata e coerente di quella del tenente Leszek Pekala, l'autista del rapimento. Come Pekala, Clnnielewskl ha detto di essere convinto che ci fossero «fondi illimitati» per l'operazione contro il sacerdote messi a disposizione da dirigenti molti alti della polizia segreta. Ma credeva, ha insistito, che scopo del sequestro fosse spaventare Popieluszko. Un precedente tentativo di fare uscire di strada l'auto del prete (il 12 ottobre, sette giorni prima del rapimento, sulla strada per Danzlca) era soltanto intimidatorio: «L'accusa secondo la quale volevamo bruciare 1' auto con gente magari ferita dentro è assurda. L'unico obiettivo era rapire e spaventare il prete». Nel tentativo di scaricare su Piotrowski le imputazioni più gravi, l'assassinio e le violenze, il tenente ha invischiato Pekala sempre più nel complotto. Ma nella deposizione di ieri sono emerse ripetute contraddizioni. Se il piano non era di uccidere Popieluszko, ha domandato un giudice, perché avevano due sacchi di pietre da legargli alle gambe? Chmielewski ha esi- tato: «Volevamo soltanto legarglieli ai piedi per spaventarlo, fargli credere che lo avremmo gettato in acqua. Ma non ucciderlo». Al tenente è stato chiesto perché non avesse abbandonato la missione quando si rese conto che sfuggiva di ìnano. Soltanto per paura di Piotrowski, ha risposto. Ma i complessi (e maldestri) preparativi per le due azioni contro il sacerdote — ti tentatiti di farlo uscire di strada, il 12 ottobre, e il rapimento e l'assassinio, una settimana dopo — sembrano dimostrare che la morte della vittima fosse un'eventualità molto realistica. Piotrowski incaricò i due tenenti dì procurarsi sacchi di sabbia e pietre, una grande coperta, etere, garza. coltelli e manette. Proprio le manette furono un problema: e il resoconto di Chìnielewski, con la descrizione del disperati tentativi di trovarle, ha creato in aula momenti tragicomici. Per la prima volta, Piotrowski ha incominciato ieri a tradire l'emozione: teneva il capo abbandonato sul petto, aveva il volto aggrottato. Dovrebbe deporre la prossima settimuna, e le sue dichiarazioni saranno determinanti se rivelerà i nomi di chi ha tirato le fila della missione. Chmielewski ha confermato un nome: quello di Janusz Drozdz, vicecaposezlone del ministero degli Interni. Roger Boyes C'op)righi «Times Ncnspapcrvi a pvr l'Italia 'In Stampa» I .'ex tenente della polizia segreta Waldcmar Chmielewski
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