De, la cosmesi e i voti

De, la cosmesi e i voti Oroscopo dei partiti per il 1985 De, la cosmesi e i voti Il 1984 è Mato nervoso c irrequieto, ma non è accaduto nulla di catastrofico. Le manifestazioni di piazza, l'ostruzionismo parlamentare e i franchi tiratori non sono riusciti a far cadere il governo. Nonostante l'alto tasso di litigiosità il pentapartito ha mostrato una imprevista coesione in tutti i momenti cruciali. I comunisti hanno condotto una opposizione dura, ma possono essere accusati di demagogia, non di irresponsabilità. Le diffuse incertezze e i recuperi all'ultimo istante rendono difficili i pronostici per l'anno che è appena cominciato. La terra trema, o quanto meno sussulta, ma non si capisce bene se c cominciato il terremoto o se invece sono scosse di assestamento. Il sistema, comunque, traballa, e la de che di questo sistema è stata il fulcro e tra i partiti quello che più ne risente. Ila appena superato un anno difficile, si accinge ad affrontarne uno decisivo. Ha comincialo la nona legislatura come peggio non poteva: brasca perdita di sei punti in percentuale a favore degli alleati di governo. E il segretario, scelto per la sua grinta e incaricato di ridimensionare le ambizioni di Craxi, ha dovuto offrirgli la presidenza del Consiglio. Alle elezioni europee altra disavventura. Dinanzi ad alleati sempre più competitivi e ad antagonisti con maggiore aggressività, i democristiani avevano sempre ricordato di essere il più forte partito italiano, autorizzato, grazie al suo peso specifico, ad assumersi maggiori responsabilità e il rivendicare altrettanti diritti. Invece il pei, alle «europee», lo ha preceduto, seppure di strettissima misura. Negli ultimi anni Berlinguer aveva concentrato tutti i suoi sforzi contro il «pericolo Craxi», anche a costo di favorire la de. Eccitato dal sorpasso, c intenzionato a fare del pei il primo partito italiano. Natta ha individuato nei democristiani il bersaglio preferito. La de, secondo un famoso detto di Andrcotti, si era illusa di sfrattare a suo favore i dissensi tra comunisti e socialisti, di scegliere tra due fornai. Invece all'improvviso è venuta a trovarsi con pane contato. Oli argomenti e i mezzi per contrattaccare non le mancano. Se, però, alle elezioni amministrative di maggio verrà definitivamente sorpassata, dovrà affrontare una situazione non facile. Certo, non andrà all'opposizione. Ma una volta perduta la maggioranza relativa, come rivendicare l'ormai famosa «centralità»? Come mantenere il potere di aggregazione? E poi un De Mita svenato e «sorpassato» dovrebbe cominciare a pensare anche a se stesso, e sventare nuove congiure di notabili, mai favorevoli a una segreteria «forte», e sempre bisognosi di qualche capro espiatorio. Questo, sia chiaro, è soltanto uno degli scenari possibili, però in casa de lo hanno sempre dinanzi agli occhi. E come scon giurare una eventualità tanto funesta? Come perno del sistema la de si c specializzata in mediazioni e compromessi; sa condurre come nessuno le trattative di armistizio, ma non c altrettanto brava a elaborare piani di battaglia. Dentro un partito così «centrale» hanno finito per confluire gli interessi più contrastanti, e uomini di prim'ordinc convivono con faccendieri della peggiore specie. Questo sarebbe il momento migliore per separare il grano dal loglio. Questa sarebbe la più opportuna risposta a un pei che incalza sulla «questione morale» magari ricorrendo a esagerazioni e a forzature. Del resto lo stesso De Mita riconosce che il problema va affrontalo, e parla di rinnovamento sostituendo, specie nel Mezzogiorno, qualche personaggio Ira i più compromessi. Magari, se fosse nato in un altro Paese occidentale, De Mita sarebbe il primo a condurre il suo parlilo a ossigenarsi per qualche tempo all'opposizione. Ma in Italia nessuno glielo consente. Natta auspica, qualche volta, la totale emarginazione della de, ma i socialisti e i laici non ci stanno. Questi partili conlcstano alla de la «centralità», ma continuano a ritenerla indispensabile alla stabilità politica nazionale. Da ciò, qualche vantaggio e qualche problema. Nemmeno lo scenario a tinte fosche prevede la catastrofe. Per male che vada, la de al governo ci resta. Ma questo soggiorno obbligato al piano supcriore del Palazzo rende meno impellenti, e di conseguenza meno drastici, gli interventi risanatori. La vicenda Andrcotti è sotto questo aspetto esemplare. Chiacchierato quant'altri mai, il ministro ha superato tutti i processi parlamentari, nonostante gli scrutini segreti. Ingombrante e indispensabile, resta lui la vera immagine del parlilo. Ora che è cominciato l'anno nuovo, i democristiani non hanno consultalo l'oroscopo; come credenti non sono superstiziosi. Ma la curiosità per un incerto avvenire deve essere tanta. Come uomini di antica e collaudata esperienza, sanno bene che rinnovamento non è sinonimo di rafforzamento, che la pulizia e i restauri non sempre premiano sul piano elettorale i partili compositi e corrcntizi. Eppure debbono migliorare la loro immagine e conservare, almeno, gli stessi voti. Il 1985 sarà importante per lutti i partiti; ma per la de sarà cruciale. O ritorna ad essere il perno del sistema, o dovrà rassegnarsi a svolgere un ruolo assai meno «determinante». Dopo tante mediazioni e compromessi, dopo un lungo e tranquillo insediamento al centro del potere, un'alternativa così secca è per i democristiani un evento quanto mai insolito e ingrato. Gianfranco Piazzcsi

Persone citate: Berlinguer, Craxi, De Mita, Gianfranco Piazzcsi, Natta

Luoghi citati: Italia