I gruppi farmaceutici italiani fanno gola alle multinazionali

I gruppi farmaceutici italiani fanno gola alle multinazionali Nell'ultimo anno la loro quota è passata dal 47 al 60 per cento I gruppi farmaceutici italiani fanno gola alle multinazionali MILANO — L'ultima invasione dal Nord è stata ufficializzata venerdì scorso con la ratifica del passaggio della maggioranza della Pierre! dalla Dirtrust di Matteo De Nora e dalla Bastoni (rispettivamente proprietarie del 52 per cento e del 27,5 per cento del capitale) alla svedese Fermenta. Cosi il panorama dell'industria farmaceutica italiana si arricchirà di un nuovo, originale protagonista: il finanziere di origine egiziana Refaat El Sayed intenzionato a sbarcare in forza sul mercato italiano dopo essere diventato (lui, crede di una delle più ricche famiglie del Cairo, profugo dopo la rivoluzione di Nasscr) il maggior industriale farmaceutico svedese. Sarà questo l'ultimo episodio di un 1984 che ha visto una profonda trasformazione della mappa finanziaria dell'industria farmaceutica italiana: le multinazionali possiedono ormai oltre il 60 per cento del totale delle aziende italiane. Di fronte all'invasione l'in-1 22 mesi) e problemi del pran- dustria nazionale tenta di darsi una strategia che appare ancora incerta, tra pianti sul blocco dei prezzi (/ermi da («ano {cìie sono stati ferini per 1G mesi) delle mutue. «Da più di venti anni — dice l'industriale Alberto Zambon — siamo alle prese con problemi di sconti mutualistici, di rateazioni e di blocco della spesa. E in queste condizioni c'è da meravigliarsi che esista ancora una ricerca italiana». Aggiunge il presidente della Farmindustria Alberto Aleotti (amministratore della Menarmi di Firenze): «Se va avanti cosi, le aziende italiane non verranno più acqui state dagli stranieri ma chiù deranno. E la bilancia commerciale del settore, oggi in equilibrio, registrerà seni pre più profondi disavanzi... Eppure, l'industria italiana non appare poi cosi disastra la, almeno a giudicare dalle cifre: l'Italia è il quinto mercato farmaceutico del mondo Inoltre, per quanto riguarda la ricerca, il nostro Paese è al sesto posto ma sale al quarto per il numero di nuove sto perle e brevetti. «La realtà — dice l'industriale Francesco Della Valle, amministratore della Fidia — è che l'industria italiana è stata costretta a abbandonare le regole del mercato negli anni passati, grazie ai regimi vincolistici. Ora, di fronte a uno sce- nario nuovo, si stenta a ragionare in termini di spazi internazionali». Insomma, si trutta di procedere a scelte di priorità negli investimenti e nella ricerca a cui larga parte dell'ambiente industriale pare impreparato o incerto, di fronte all'atteggiamento della pubblica amministrazione. Dice a questo proposito il presidente della Commissione interministeriale prezzi Antonio Brenna: «Si tratta di scegliere. E' importante creare le condizioni per investire in Italia e poco importa se lo faranno gli italiani o gli stranieri. Non vedo una gran differenza, sotto il profilo degli interessi nazionali, se il proprietario è straniero oppure un italiano che produce su licenza. Il guaio è se gli stra- nieri comprano aziende in Italia attratti dalla rete di vendita e se investono solo in ricerca di marketing trasportando la ricerca altrove. E pare che questo sia già capitato in alcuni casi». Eppure, la lezione dell'anno è proprio che i problemi dell' industria farmaceutica non si risolvono con lamentele sui prezzi o invocazioni di protezionismo (respinte, tra l'altro, con sdegno da Aleotti) ma affrontando problemi di coordinamento e di scelle industriali. Un esempio? L'Italia vanta la scoperta di circa l'otto per cento delle molecole chimiche al mondo, ma la sperimentazione clinica avviene all'estero, per i forti investimenti richiesti. «Va detto — conclude Della Valle — che o l'Italia vuol fare un certo investimento in questo campo oppure può decidere di acquistare i brevetti all'estero. Nel primo caso occorre concentrare gli sforzi per acquisire il 3-4 per cento del mercato mondiale, piazzando tra i 50 e i 100 prodotti. In questo caso avremo la nostra parola in capitolo, soprattutto se affronteremo il mercato con pragmatismo, con idee nostre ma utilizzando anche tecnologia straniera, soprattutto nelle biotecnologie». Ugo Bertone • Errata corrige — Nell'articolo di Renato Cantoni • Lira pesante, titoli leggeri» pubblicato domenica scorsa a pagina 13 è saltato un «non» alla ventinovesima riga. La irase andava cosi letta: «Se è vero che dal 1918 ad oggi il potere d'acquisto della lira si e ridotto di mille volte, è altrettanto vero che in Borsa il valore nominale di quasi tutte le azioni e le relative quotazioni non si sono aggiustati proporzionalmente». Le prime 10 società farmaceutiche in Italia Quote in percentuale Mercato farmaceutico e ospedaliero '83: totale 5.030 miliardi Glaxo Menarlnl Slgmatau Roche Cyanamld Bayer Sandoz Gelgy Roussel-Maestre'ttl Fldla —1 1 1 1 1 1 1 1 1— 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 Fonte: Sole 24 ore

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano