Da Mosca arriva un lampo nel buio di tanti diritti umani ancora violati

Si chiude un anno tormentato da repressione, terrorismo e guerre civili Si chiude un anno tormentato da repressione, terrorismo e guerre civili Da Mosto arrivo un lampo nel buio di lanii diritti umani ancora violali Il ritorno a casa del fisico, segnale positi La soddisfazione con cui l'opinione pubblica occidentale ha salutato la liberazione di Andrei Sacharov e di sua moglie Elena Bonner dal confino di Gorkij ci è parsa il segno di una più viva e vigile attenzione ai problemi della difesa dei diritti umani Quali che siano i fini di real politile che abbiano spinto Oorbaciov a compiere quell'atto, il ritorno a Mosca di Sacharov apre uno squarcio di luce nel cielo, sempre cupo ed oscuro, dell'Urss. E' difficile dimenticare, tuttavia, la spietata repressione con cui sono state soffocate le manifestazioni nazionaliste in Kazachstan, nello stesso giorno in cui Oorbaciov chiamava Sacharov a Mosca. I cento morti di Alma Ata, come del resto la morte nel carcere di Cistopol del dissidente Anatolij Marcenko (avvenuta pochi giorni prima) testimoniano dell'estrema e perdurante durezza del regime sovietico. Ci si può soltanto augurare che la perestrojka ò «riforma radicale» dell'economia e della società, iniziata da Oorbaciov, possa dare, tra i suoi prossimi frutti, anche non immediati, un provvedimento d'amnistia per i prigionieri di coscienza, a qualsiasi gruppo nazionale o religioso appartengano. Quest'anno altri segni moderatamente positivi sono venuti dal mondo comunista: per esempio, l'amnistia concessa nel settembre scorno ai prigionieri politici in Polonia; o la non repressione delle manifestazioni di questi giorni degli studenti cinesi, ì quali reclamano le fondamentali libertà civili. Appare impossibile, tuttavia, che i regimi comunisti diano una risposta esauriente alle istanze di libertà, giacché 1 loro dirigenti non sembrano intenzionati — a Mosca come a Pechino o a Varsavia irrj^^Hjareila^rutturà del potere totale del partitoStato.. Tuttavia, colpi non indifferenti sono stati assestati al monolitismo di queir le società, grazie soprattutto una pressione dal basso, difficilmente comprimibile con la sola violenza. Rimangono chiuse, nel mondo comunista, l'Albania, (nonostante le timide aperture del successore di Hoxha, Ramiz Alla) e l'allucinante Corea del Nord: quest'ultimo Paese di cui non conosciamo niente, appare orwelliana agli occhi di intellettuali o giornalisti sovietici che vi abbiano soggiornato; è il caso di Arkadij Vaksberg che ha scritto sulla «Literaturnaja Gazeta» del 3 dicembre una illuminante corrispondenza da Pyongyang. L'anno che sta per finire ha dato altri segni positivi: odiosi tiranni, sostenuti purtroppo anche da grandi Paesi democratici, sono stati cacciati da irresistibili movimenti di popolo: dalle Filippine è uscito di scena (marzo) Ferdinando Marcos, e al suo posto, in libere elezioni, è stata insediata una donna di grande sensibilità democratica come Corazon Aquino. Da Haiti, un mese prima, era stato costretto a fuggire l'ubuesco Jean-Claude («Baby Doc») Duvalier, tirannello rapace, per eredità paterna, di un Paese definì to «terra del vudu e del terrore»: ma anche della fame, della mortalità infantile e di una delle più feroci e primitive polizie politiche del Terzo Mondo: i famigerati tonton macoutes. Anche se il nuovo leader di Haiti, Henri Namphy. non sembra andare incontro alle aspettative di giustizia e di progresso popolari, è certo che gli orrori dei lunghi decenni di potere della fami' glia Duvalier non si ripeteranno. Nel continente americano s^gni distensiva ; venire, solr^to^da^ mala, dove il, | democratico cristiano Cei-ezo ha posto vo dall'Est - La fine di fine al terrore dei militari di destra che avevano governato quel Paese prima della sua elezione a capo dello 8tato. Prosegue la guerriglia ai confini del Nicaragua e nel Salvador. Nel Perù, l'audace riformismo del nuovo presidente aprista Alan Garcia non è ancora venuto a capo della feroce guerrìglia dei maoisti di «Benderò Luminoso», né ha impedito, mesi fa, l'orribile carneficina. nell'isolacarcere di El Fronton, davanti a Lima: soldati hanno massacrato un centinaio di detenuti, tra cui un gran numero di senderisti, dopo averne domato la rivolta. E' un caso di dura violazione dei diritti umani in un Paese che, pur tra le sue enormi difficoltà, ha scelto una via democratica per lo sviluppo sociale ed economico. Le situazini in cui viene violato il principale diritto dell'uomo, quello alla vita, sono quelle caratterizzate da conflitti o guerriglie in cui prevalgono motivi etnici e religiosi, oltreché politici. Nel mondo sono cosi numerose e diffuse che quasi le di alcuni tiranni, da Duv dimentichiamo. Per esempio, mentre festeggiamo la liberazione di Sacharov, neppure ci accorgiamo del massacro dei palestinesi nei campi libanesi presso Sidone e Beirut, per mano degli sciiti di Amai: nel solo dicembre tra Chatyla, Bury-el-Bamej e Sidone sono morti in più di 3 mila. Ed ancora più scarsa, se non nulla, è l'attenzione che dedichiamo ai sanguinosi conflitti che oppongono sikh e hindu nel Pundjab (India); tamil e cingalesi a Sri-Lanka; pashtun e mohaijlr in Pakistan (150 morti in dicembre); governativi comunisti a ribelli anti-comunisti in Angola e Mozambico; etiopici ad eritrei (Etiopia); ribelli del Sudan Meridionale (animisti e cristiani) ai governativi di Khartum (musulmani). Anche l'atroce guerra che si combatte in Afghanistan, pur non dimenticata, non ha mai sollevato nel mondo l'indignazione e la protesta di massa che suscitò, anni fa. la guerra del Vietnam. Adesso, nonostante le ripetute dichiarazioni di Oorbaciov uvalier a Marcos sulla volontà sovietica dì dare ad essa una soluzione politica, questa è ancora lontana, specie se si considera che Mosca continua a chiamare banditi i combattenti afghani per l'indipendenza nazionale, e continua a condurre contro di loro una guerra senza quartiere. In Sudafrica siamo in presenza di una latente guerra civile: se sacrosanta è la denuncia della politica razzista dell'apartheid, non si possono tacere le atrocità commesse dai gruppi neri radicali, legati all'African National Congress (Anc), come la pratica della «morte da collana» di cui sono stati vittime centinaia di cittadini di colore ritenuti «collaborazionisti» o «traditori» per la moderazione delle loro posizioni politiche (si lega al collo della vittima un copertone d'auto bagnato di benzina e gli si dà fuoco). Non possiamo infine dimenticare le tante vittime del terrorismo, una delle forme più odiose di violazione dei diritti umani fondamentali. Nessun fine, per quanto ipoteticamente nobile, lo giustifica. Così, anche quest'anno, abbiamo assistito ad eccidi e presa di ostaggi di innocenti: ricordiamo la strage presso la sinagoga Neve Shalom a Istanbul (settembre, 22 ebrei uccisi): gli aerei trasformati in campo di battaglia ieri a Karachi (Pakistan), oggi tra Amman e Baghdad: in tutto un'ottantina di morti; gli eccidi, a settembre, per le strade di Parigi. Anche se salutiamo l'anno che muore con la soddisfazione per Sacharov ritornato a Mosca, è sempre grande e vasto il fronte su cui si deve combattere per difendere 1 diritti umani, primo tra tutti quello alla vita, contro la violenza. Tanto grande e, vasto da farci dubitare , della-vittòria degli uomini di ' buona volontà. Piero Sinatti